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Strigoi, "Conosci la leggenda di Vlad l'Impalatore, vero? Ho scoperto che non è solo una leggenda: lui è esistito. Come faccio a saperlo? Beh... io l'ho conosciuto. Ho conosciuto Vlad l'Impala

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view post Posted on 10/11/2014, 20:31
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Primo capitolo di una longfic che aggiornerò settimanalmente :) per tutti gli amanti dei vampiri classici, ma soprattutto per gli amanti del SasuSaku. E ovviamente è tanto, TANTO, VM18

Genere: Erotico, Horror, Sentimentale
Tipo di coppia: Het
Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Coppie: Naruto/Hinata, Sasuke/Sakura
Note: AU, Lemon, OOC
Avvertimenti: Contenuti forti
Rating: VM18

Strigoi



CAPITOLO 1:
Le notti di Bucarest



Conosci la leggenda di Vlad l'Impalatore, vero? Quando ero piccola, mio padre mi raccontò la sua storia.
Molto tempo fa, nel XV secolo, sorse un valoroso cavaliere dell'Ordine del Drago, un voievod* della Valacchia del Sud. Insieme ai suoi fedeli compagni combatteva a fil di spada per proteggere dai nemici la sua amata terra. Era un uomo ammirato dalla sua gente per il suo atteggiamento onesto verso i contadini e per la coraggiosa lotta contro i Turchi. Era un guerriero abile e pieno di virtù.
Ma venne il giorno in cui, durante una campagna, uno dei suoi servi lo tradì e lo uccise. Nonostante fosse stato in vita un uomo virtuoso, la sua sete di sangue condannò la sua anima all'inferno. Pur di poter appagare il desiderio di vendetta che lo consumava più delle torture dell'abisso nero, strinse un Patto con il diavolo: se lui gli avesse fatto dono di una vita immortale e consentito di vendicare il suo tradimento, egli avrebbe dato in cambio la sua anima e tutte quelle dei nemici che avrebbe sbaragliato. Tornò così alla vita e diventò lo
strigoi, trasferendosi dalla Valacchia verso la salvezza rappresentata dalla Transilvania. Generò orde di altri esseri simili a lui, condannando anche le loro anime, rendendoli strumenti del suo scopo. Ma quando la sua vendetta fu consumata, i suoi seguaci lo abbandonarono e si dispersero nei più remoti angoli dell'Europa. Vlad rimase eternamente solo, con un'immortale esistenza vuota che ormai non aveva più nulla da offrirgli, e dalla quale non avrebbe più potuto liberarsi e fare ammenda. Ma dopo due secoli di morte eterna scoprì che il Patto aveva uno svincolo: se avesse trovato una donna che fosse stata disposta ad assumersi il peso della maledizione al posto suo, lui sarebbe stato libero e la sua anima purificata.
Non ci ho mai creduto. Ero convinta che fosse solo una favola dell'horror per i bambini.
Ma ho scoperto che non è solo una leggenda: lui è esistito. Come faccio a saperlo? Beh... io l'ho conosciuto. Ho conosciuto Vlad l'Impalatore.


Nel fuggevole secondo in cui rimase in silenzio, poggiata allo stipite della porta d'ingresso a sorseggiare slivovitz, Ino tese di nuovo l'orecchio. In quel momento si estraniò da tutto il vociare, il ridere e le sottili grida che provenivano dal piano di sopra, e restò in attesa, convinta di aver sentito il rumore di zoccoli contro la pietra della strada. Rimase a guardare una carrozza, addobbata meravigliosamente e trainata da due castrati neri, apparsa in fondo al viale e prossima ad attraversarlo. Ino restò col fiato sospeso e il cuore urlante, nella speranza che quella carrozza rallentasse per fermarsi e che ne uscisse il Conte, ma fu colta da una frustrazione angosciosa mentre comprese che il conducente non avrebbe tirato le redini per fermare i cavalli.
Così fu, infatti. La carrozza andò oltre il bordello e a lei non restò altro da fare che tornare a sperare e aspettare, la bevanda le punse le narici, la lingua e la gola come fosse fuoco, ma non era del tutto sgradevole.
"Ino."
Dovette girarsi, vide da sopra le spalle Tenten che si avvicinava. Al contrario, lei non si allontanò dalla porta d'ingresso per andarle incontro a riceverla.
"Se ti vedesse la padrona... dovresti essere in camera col signor Belmonde."
"Ho finito con lui da cinque minuti."
"Avete iniziato meno di mezzora fa."
"Tenten, è di Belmonde che stai parlando. Lui è venuto tre volte, mentre io non ci sono andata neanche vicino. Ho dovuto anche fingere l'orgasmo, che orrore!"
Tenten sospirò, riuscendo, in qualche modo, a percepire lo sconforto dell'amica. Cercò di cambiare argomento con rapidità, per aiutarla a dimenticare la pessima prestazione sessuale avuta con l'ormai abituale cliente.
"Che cosa stai facendo qui?"
Prima di rispondere, Ino rivolse di nuovo lo sguardo all'esterno, verso la fine del viale che terminava nel nero. Neanche i lampioni avevano la capacità di illuminare quella profondità strana e così stranamente attraente.
"Scruti mai il buio, Tenten?" domandò improvvisamente, cogliendo la castana alla sprovvista.
"Come, scusa?"
"Non pensi mai che proprio in esso, nell'oscurità più recondita in cui non puoi vedere, si nasconda la chiave della tua libertà? Pensaci, Tenten, a cosa si potrebbe avere di diverso da tutto questo. Si potrebbe avere... la vita."
Ma Tenten non fu molto convinta di seguire il ragionamento con cui Ino dirigeva il suo discorso. Il suo modo di parlare le causò inquietudine, la voce accesa come dall'ardore e dal desiderio di chi desidera qualcosa con così tanta passione. E non fu questo che la turbò di più poiché, sotto i capelli biondi ricadenti sulla sua spalla destra, vide distintamente due piccoli segni rossi, rotondi, con il centro bianco.
Durò poco, ne ebbe la fuggevole visione soltanto per un attimo, prima di assistere a un altro suo cambiamento. Subito dopo aver mandato giù l'ultimo sorso dal bicchiere, ebbe la sensazione di una vampata di calore scendere lungo tutta la spina dorsale, scorrerle lungo le gambe che promettevano di crollare, per rimanere con un senso di prurito nei piedi. Forse lo slivovitz le era salito improvvisamente alla testa... avrebbe pensato questo, se fosse stata la prima volta che una tale emozione la prendesse.
Invece era qualcos'altro e ormai lei aveva imparato a riconoscerlo. Senza pensarci minimamente, liberò la mano dal bicchiere, lasciando che questo si frantumasse a terra, e raccolse le gonne per scendere in strada. A nulla valsero i richiamo di Tente, restò lì dov'era e scrutò nella profondità di quel nero che era in fondo al viale con impazienza. Non sapeva se fosse venuto proprio da lì o da qualche altra parte, ma era sicura che fosse questione di poco, molto poco. E per questo fece un sorriso quasi estatico.
"Lui è qui."

"Bucarest..." pensò "... come la odio. Soltanto una fogna piena di giocatori d'azzardo e ballerine di facili costumi, pronti a rubare l'oro e la donna ai gonzi."
Avrebbe voluto evitare di mescolarsi con quella feccia, ma non c'era scelta diversa. Una volta al mese, al massimo due, l'unico sostentamento disponibile era in quella città troppo oltre i confini della sua terra.
Sceso dalla carrozza, si diresse verso un vicolo fra due alti edifici di mattoni, un lampione vicino ne illuminava la parte prima di svoltare l'angolo. La notte era così fredda che trasformava il suo respiro caldo in vapore. Mentre si avvicinava al vicolo, senti arrivare una donna sconosciuta, giovane e scialba che rabbrividiva per il freddo e che cercava di assumere, pateticamente, un'aria seducente.
"Gradireste un po’ di compagnia, mio signore?" chiese con la voce e il respiro rauchi per il laudano. Poi tossì: era la tosse senza speranza di una tubercolotica.
Anche senza la presenza della donna, lui seppe di essere molto vicino alla destinazione. Il vicolo, infatti, non era silenzioso, ma cantava e parlava con una confusione di voci dall'uscita dietro l'angolo. Ignorò deliberatamente la tubercolotica - senza dubbio abbandonata dalle sue colleghe proprio per la sua cagionevolezza - e andò per la sua strada. Il suo passaggio nel buio non fece paura a più di un paio di ratti nascosti nell'immondizia... ma non fu per nulla indifferente alla giovane ragazza bionda che lo vide sbucare dall'altra estremità del vicolo e uscire sul viale, a pochi passi dall'ingresso.
Come se avesse finalmente trovato l'uomo della sua vita, Ino gli corse incontro audacemente e lo prese con un abbraccio.
"Conte! Siete davvero voi!"
In risposta al suo entusiasmo, il Conte la avvolse nel suo mantello nero per circondarle la vita con un abbraccio. Ino discostò il viso dal suo petto muscoloso e lo guardò negli occhi, contemplò lo stesso nero profondo in cui stava per perdersi prima nell'osservare il viale. No, questo era molto più bello, molto più attraente e portatore nell'oblio.
"Troppo di rado venite da me." disse addolorata "Ho bisogno della vostra presenza."
Essendo scesa anch'ella in strada, Tenten ebbe modo di vedere l'uomo che Ino sembrava aver così dolorosamente atteso e che ora accoglieva con felicità il suo arrivo. Era molto distinto, giovane e così bello da farle ben comprendere il fervore che l'amica aveva per lui. Gli occhi avevano la particolarità di essere di un nero come non lo aveva mai visto, intenso e profondo come un baratro, mentre i capelli erano come un insieme di piume nere di corvo riverse all'indietro. In quel momento invidiò Ino per essere fra le braccia di un uomo del genere, e per lo sguardo puramente desideroso che ebbe modo di notare sul volto del Conte.
"Non posso fare altrimenti, mia cara Ino. Bucarest è lontana dalla mia casa, molte miglia devo percorrere per giungere fino a qui."
E desiderò ancora di più essere al posto suo mentre vedeva lui chinarsi in avanti e far sì che si premessero a vicenda le labbra. Però - questa, forse, fu solo suggestione - ebbe modo di vedere un improvviso cambiamento negli occhi del Conte, le cui pupille erano diventate rosse, come se all'interno di quel buio si fossero accesi dei focolari per illuminare. Anche stavolta non fu sicura di ciò che vide, poichè presto la visuale degli occhi fu ricoperta dalla ciocca destra.
Solo allora si ricordò di chi fosse quella persona, un cliente che veniva da loro mensilmente, con una strana regolarità. Non per nulla, dato il suo fascino quasi sovrannaturale, era molto desiderato dalle ragazze del bordello. Per non venire meno ai suoi doveri, li raggiunse a pochi passi di distanza per mantenere la loro intimità, e si chinò per dargli accoglienza.
"Conte Uchiha, quanto tempo. Bentornato all'Estasi della Rosa Rossa."
"Lieto di rivederti, Tenten. Dov'è la vostra padrona?"
"La troverete dentro se desiderate incontrarla. Posso portarvi da lei?"
Il Conte alzò la mano guantata in segno che non c'era bisogno di tale favore. Seguì il suo invito a entrare e lasciò che gli togliesse il mantello scuro per appenderlo, al che fece per dirigersi insieme a Ino verso la scalinata che li avrebbe condotti al piano superiore, alle camere. Prima che potessero farlo, fu come se il salotto d'ingresso si stesse ravvivando. Tutte le donne non occupate con un cliente si resero conto della sua venuta e vi fu uno strusciare di gonne e suoni di tacchi vertere nella direzione del giovane Conte.
"Oh, ma è il Conte Uchiha!"
"Signor Conte, quale diletto nell'avervi ancora qui!"
Mani lussuriose cercarono di toccarlo sul petto o sulle braccia, voci languide e colme di promesse lo salutavano e cercavano toglierlo a Ino con la loro magia seduttiva. Tuttavia, la ragazza evitò questo prima ancora che riuscissero nell'intento e, tirandolo verso sè da un braccio, fece in modo di portarlo alle stanze. Il Conte sparì al piano superiore, oltre la vista delle prostitute e con loro grande amarezza.
Lui apparteneva unicamente a lei, nessun'altra donna aveva diritto a godere della sua compagnia. Soltanto con lui poteva provare il vero piacere... un piacere molto più intenso di quello della carne, un'estasi che il Conte aveva deciso di donare solo a lei e di non far conoscere a nessun'altra fortunata fra tutte le ragazze del bordello.
Con impazienza, con un desiderio a stento trattenuto, lo portò verso la prima delle camere disponibili. Chiuse entrambi dall'altra parte della porta e subito ambì a possedere ancora le sue labbra. Le catturò, fece rinascere la stessa passione che avevano moderato pochi minuti fa in mezzo alla strada, e che ora erano liberi di sfogare.
"Sasuke... mio Conte... mio signore..."
Lo guardò negli occhi. Le bastò un attimo per sentirsi smarrita, si rese conto che non gli poteva più negare nulla. La sua volontà era svanita, catturata dal potere di quell'ipnosi oscura, e lei era stata resa una bambola priva di qualsiasi volere nelle mani del suo burattinaio. Ciò che le restava dentro era solo il desiderio di sottomettersi al suo nuovo padrone, di soddisfare qualunque sua voglia per il compiacimento che ciò avrebbe comportato.
"Sono stanco, Ino." disse questi "Sono affamato."
E Ino lo fece senza pensarci, tirò giù il collo del vestito per scoprire meglio il tenero collo e discostò la lunga ciocca di capelli. Piegò il collo sul lato sinistro, mettendo libero e in evidenza il lato opposto con sopra i due piccoli segni rossi e rotondi. Tutto ciò che aspettava era quello, non era in attesa di altro sin dal primo momento in cui lo aveva rivisto in strada.
Ma lui, Sasuke, non si limitò a questo. Le andò incontro, quasi addosso, la afferrò alle spalle per metterle la schiena contro il muro, nei suoi occhi si erano accesi di nuovo quei due focolari e stavolta ardevano più di prima. Armeggiò su lacci e fibbie, facendo sì che tutto il vestito, gonne e sottogonne scivolassero via e cadessero con sofficità fino alle caviglie, lasciando unicamente le calze di bianco pizzo. Quasi nello stesso momento premette le labbra contro la pelle della clavicola, scendendo lentamente verso il basso, oltre le spalle, i seni, la soffice curva del suo stomaco, l'addome e poi più giù... e, in tutto questo, Ino era sottomessa dalla vampata di calore e dal formicolio che partiva dalla biforcazione delle gambe e si diffondeva fino alla testa. Guardò in basso il suo cavaliere inginocchiato e affondò le dita nei folti capelli neri.
Poi lui tornò a salire attraverso la coscia, tornando fino al punto del collo che Ino aveva esposto e tentennando lì sopra. Mentre fu in attesa di ricevere ciò che bramava realmente, Ino percepì il caldo respiro che le accarezzava la pelle e un sussurro erotico giungerle all'orecchio.
"Ho fame, Ino. Troppa fame. E ti dico addio."
Udì la frase del Conte, ma era troppo priva della sua volontà per coglierne il significato. Sentì soltanto il dolore acuto e momentaneo per la pressione dei denti, proprio sui due piccoli buchi, e poi un'ondata di calore estatico. Provò il brivido e l'eccitante sensazione di diventare un unico essere con lui, la sua essenza che si gonfiava come un'onda e fluiva verso di lui. Lo circondò con braccia e gambe, stringendolo a sè così stretto che non un millimetro di spazio rimase tra i loro corpi. Fu cosciente solo di quel languido piacere mentre la debolezza la prendeva sempre più, il ritmo furioso del suo cuore che rallentava, rallentava...
Alla fine terminò. L'oceano dei suoi pensieri divenne tranquillo e placido, Sasuke si tirò indietro lentamente mentre osservava il suo corpo che si afflosciava pesantemente a terra. E lì rimase, perpetuamente immobile, non più capace di alzarsi per tornare a vivere. Questa facoltà lui non gliel'aveva concessa, non quella di tornare a camminare nella forma di una creatura come lui.
Si pulì le labbra dal rosso luccicante che vi era rimasto sopra, al che aprì la finestra e percepì il freddo notturno di Bucarest sulla pelle, questa cambiata innaturalmente da grigia e spenta a un rosato acceso. E abbandonò la stanza, lasciando lì quel corpo di cui aveva fatto sostentamento per troppe volte, così tante che quella era stata la decisiva.

Aspettò di essere giunto a molti isolati lontano dall'Estasi della Rosa Rossa, solo allora riprese forma in prossimità di un vicolo che si perdeva nel buio. Vi si addentrò senza esitare, pur non essendo ancora abbastanza distante da non sentire il grido che giunse dal bordello. Il grido terrorizzato di una donna che aveva avuto la malasorte di trovare il corpo morto di Ino nella sua stanza, nonostante questa fosse stata chiusa a chiave. Seppe che da quel momento in poi non avrebbe più messo piede lì, il suo sostentamento in quella casa di piacere sembrava essere finito per sempre.
Nonostante questo, la notte si rivelò essere più proficua di quanto si fosse aspettato. Percepì chiaramente una presenza all'interno del vicolo, totalmente diversa da quella di un comune essere umano, neanche troppo distante da lui. Solo riconoscendola, ridacchiò discretamente. Dopodiché ebbe modo di vedere il chiarore porpora scuro, fremente e palpitante, che si muoveva nel buio e avvolgeva al suo interno la distinta sagoma di un uomo. Da lì provenne la sua voce.
"Ho viaggiato tanto da Mosca per poterti trovare. Ma non pensavo di trovarti qui, così lontano dalle mura della tua reggia che ti proteggono."
Si fece più avanti, rivelando il volto magro alla pallida luce che a stento riusciva a penetrare all'interno del vicolo. Come se si fosse aspettato questo, il leggero sorriso di Sasuke si tramutò in uno di ironia e soddisfatto trionfo.
"Che lieta sorpresa! E così hai saputo mantenerti per tutto questo tempo."
Poi, alla vista della sua mano che fuoriusciva da sotto il mantello e contorceva le dita bramose, il sorriso si tramutò in una smorfia. Gettò la testa all'indietro, ridendo così di cuore e così forte che la risata echeggiò fra le pareti degli edifici. Infine, tirò a fatica un sospiro e si asciugò le lacrime agli occhi.
"Perdonami." disse ghignando "Perdonami, davvero. Dopo così tanti anni, uno diventa... stanco. È molto facile che i processi mentali di voi mocciosi diventino così noiosi, Hidan. Non starai davvero cercando un confronto diretto con me?"
"Lo cerco, sì." rispose Hidan con la voce bassa per l'odio "Sono diventato molto più potente negli ultimi tempi. Sono più giovane e più forte di te."
Subito dopo queste parole, colpì l'aria con un gesto imperioso del braccio. Un gesto inutile a prima vista, ma nell'istante che seguì Sasuke fu colpito da una ventata che lo sollevò in aria e lo mandò a sbattere all'indietro contro il muro di mattoni con uno scricchiolio assordante. Atterrò scivolando a terra, apparentemente steso e privo di conoscenza per via dell'impatto che aveva lasciato una lunga e frastagliata frattura sulla parete.
Hidan rise piano, osservando il nemico atterrato da quel colpo che avrebbe ucciso un uomo all'istante. Ciononostante, non fu affatto sorpreso di vederlo rialzarsi sulle sue gambe e piegare il collo con il sinistro schiocco delle vertebre, come per rimetterle a posto.
"Sì, sei indubbiamente più giovane. Ed è vero che sei anche diventato più forte. Però..."
Ripeté lo stesso gesto di Hidan, con la differenza che lui creò una ventata notevolmente più forte di quella che lo aveva investito, così tanto che Hidan si ritrovò sollevato in aria al di sopra degli alti tetti dei palazzi. Gridò di sorpresa terrorizzata per tutto il tempo che fu in volo, ancor di più quando fu in fase di caduta a quell'altezza dal quale, ne era certo, non sarebbe sopravvissuto.
Tuttavia gli fu risparmiata quella fine così misera e banale. A mezzo secondo prima dell'impatto si ritrovò bloccato in aria, col naso distante cinque centimetri dal selciato. Dopo aver aspettato qualche secondo per calmarsi dallo spavento, poi riuscì a piegare la testa in modo da avere la visuale di Sasuke. Mentre lo vide avvicinarsi a passo moderato capì che, finché la mano restava protesa in avanti, non era più capace di liberarsi da quella posizione incomoda. Poteva ambire ai piccoli movimenti della testa o delle mani, ma il corpo era interamente bloccato a mezz'aria.
Sasuke gli giunse a un passo di distanza.
"... sei abbastanza stupido da non aver ancora imparato che sono l'età e l'esperienza a fare la differenza."
Sollevò due dita unite, gesto al quale Hidan si sollevò come la croce di Cristo sul Golgota, bloccato nella medesima posizione del crocifisso e sempre coi piedi lontani da terra. Da sotto, Sasuke fu il centurione che lo osservava con scherno e disprezzo dal basso. Ridendo.
"Il potere che possiedi, per quanto tu ne abbia acquisito altro ancora, sono stato io a dartelo. Ti dispiace se me lo riprendo?"
Alla rabbia e all'odio di Hidan sopravvenne un'altra emozione. Sapeva di essere ormai finito. Sentiva che sarebbe stato pronto a tutto, anche a supplicare, pur di non perdere la vita. Aveva iniziato a tremare e si sentì improvvisamente precipitare, cadere in un profondo baratro di dannazione e morte. Così, per la prima volta in tutta la sua esistenza, seppe di avere paura. Deliziato dal terrore che pervadeva la sua vittima, Sasuke allargò di più il sorriso e la sua espressione divenne macabra e sadica.
E quella notte sentì un altro urlo levarsi in alto fino al cielo, al di là degli alti edifici di Bucarest.

*voievod= in rumeno, "principe"


Edited by Uzumaki-Devil-Dario - 13/11/2014, 10:58
 
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*^* Wow...sei davvero bravo! Sai che è la prima volta che leggo una fanfic SasuSaku fatta da un ragazzo?*-*
Mi piace molto il tuo stile, non riuscivo a smettere un attimo di leggere neanche per mangiare la mia cena giuro.òwò
Mi è dispiaciuto per Ino (ç_ç) ma è morta come noi tutte vorremmo: essere morsa da un vampiro come Sasuke (è già il paradiso??*^*) sexy, troppo sexy. Adoro i vampiri! E Sasuke è il vampiro per eccellenza in Naruto.ùWù
E immaginarmelo tutto sadico con il sorrisetto sexy è troppo per una povera fangirl come me. ù//ù
Sono molto curiosa di vedere come continua.^^
 
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view post Posted on 10/11/2014, 21:18
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Eh eh eh... aspetta solo l'entrata in scena di Naruto
 
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Quello che attendo di più *^*
 
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Salve! Anzichè una sola volta a settimana, ho deciso che aggiornerò questa fanfic due volte a settimana, precisamente il lunedì e il giovedì. Tanto la storia è già completa e non c'è motivo di tirarla per le lunghe :D

CAPITOLO 2:
Senza invito



Crollò in ginocchio, non percependo null'altro che il suolo sotto di sè, le incalcolabili piaghe sul corpo e la collera più profonda di qualunque altra che un essere umano avesse mai potuto provare.
"Alzati, Principe!" gli gridò qualcuno di cui vide solo i piedi davanti a lui "Non abbiamo tutta la notte!"
Ma lui non lo fece, non ne aveva più la forza. Rannicchiato a terra sulla pancia, vedeva le gocce rosse che colavano copiose dalla fronte, dalla faccia devastata, dalle spalle e dalle braccia scarnificate, quella pozza rossa così oscura sarebbe diventato il suo ultimo bagno. Un bagno nel sangue. Ne aveva perso così tanto da non avere più sensibilità su maggior parte del corpo, per questo non sentì quasi per niente l'urto del piede che cozzava sotto il suo mento. La sua posizione cambiò, giacque sul fianco dopo aver urtato a terra. Non seppe spiegarsi come riuscisse a non perdere i sensi, mentre i suoi persecutori lo deridevano. Lo deridevano per la sua incapacità di reagire, lo deridevano per il fango che era stato gettato sopra la sua nobiltà, lo deridevano per il modo in cui, da Principe della Valacchia, ora sembrava uno straccione di strada qualsiasi.
"Che cosa c'è, principino? Non riesci ad alzarti? Aspetta, adesso arriva un aiuto tutto per te."
Il modo in cui il persecutore prometteva di aiutarlo consisteva nell'afferrarlo dalla veste, ma solo per far sì che la stoffa ruvida che gli avevano fatto indossare a forza strusciasse sulle piaghe sanguinolente.
Ma lui non volle dargli questa soddisfazione. Afferrò una manciata di terra e la lanciò debolmente contro le caviglie del torturatore, come ammonimento a quest'ultimo di non avvicinarsi. Flagellato con verghe e fruste, coronato con fusti di spine, insultato e continuamente vittima di sputi... tutto questo solo per conferirgli l'umiliazione più profonda, quella di essere tradito e ucciso allo stesso modo di Cristo che lui con tanta devozione pregava sempre. Per questo motivo non volle concedergli oltre il privilegio di schernirlo ancora di più, la morte che lo attendeva lo avrebbe fatto già abbastanza. Scrutò dentro se stesso alla ricerca di ogni forza residua che riuscisse a trovare, le radunò tutte insieme per riuscire a rimettersi in piedi da solo, facendo valere ancora il suo orgoglio. Per quanto grondante di sangue, pur essendo vestita di stracci di sacco, la sua figura si erse sulle sue gambe e negli occhi mostrò tutta la sua autorità. Vacillò pericolosamente, ma non cadde.
"Però!" commentò qualcuno "Le storie sulla tua forza d'animo non erano esagerate."
Ma lì, ormai, nulla di lui aveva più alcun valore. Bastò un pugno in faccia per sgretolare l'autorità che aveva faticosamente cercato di costruirsi, farla cadere nuovamente a terra insieme a lui. L'unico lamento che fu capace di emettere fu un rantolo sofferente, la sola cosa che gli era rimasta da fare era subire. Qualcun altro che non vide gli afferrò le braccia per trascinarselo appresso, lo condusse accanto alla grande croce di legno poggiata a terra. Lì, fu privato del vestito di sacco e posto con la schiena lungo l'asse verticale della croce, il braccio destro messo e legato su una metà di quello orizzontale.
Dopodichè, sentì la punta del chiodo di ferro premere contro il palmo immobilizzato. Il martello fu alzato in aria... e al termine della sua discesa, il chiodo penetrò nella carne del Principe, facendo sgorgare ulteriore sangue. La cosa si ripetè di nuovo, ancora e ancora. A ogni colpo inferto, la punta scavava attraverso l'osso e la carne, cercando di uscire dalla mano. E lui altro non poteva fare che digrignare i denti per sopportare anche questo dolore. L'unico sollievo fu che bastarono pochi colpi affinchè la punta uscisse e andasse a conficcarsi nel legno.
E poi toccò all'altro braccio. Si scoprì che il buco nel legno, fatto appositamente per il chiodo, era qualche pollice distante da dove la mano del Principe poteva dilungarsi. Il falegname doveva aver preso male la misura. Tuttavia, per risolvere il fastidio, gli fu ugualmente legata la corda al polso e, tramite essa, il braccio cominciò a essere tirato. Dopo qualche momento di resistenza, fu un secco strappo a separare l'osso dell'arto dalla spalla. Solo così la mano potè essere tirata abbastanza da raggiungere il foro, al che toccò anche a essa subire il supplizio del chiodo. Infine, per terminare, i piedi furono poggiati sopra un poggio, l'uno sopra l'altro, così che bastasse un solo chiodo per entrambi.
Questo doveva aver patito il Cristo, pensò il Principe mentre il ferro penetrava anche i piedi, per redimere l'umanità dal peccato. E a che scopo? A cosa era mai servito tutto quel dolore, tutta quella sofferenza, quando tale peccato viveva forte ancora oggi come quasi millecinquecento anni addietro?
Mentre pensava a tutto questo, neanche si era reso conto che la croce era stata sollevata. E adesso lui era lì, sofferente e con la vita che sembrava cercasse di abbandonare il suo corpo e i tre chiodi che la tenevano ancora bloccata lì. L'ultima sofferenza che gli era rimasta era quella di attendere il soffocamento che sarebbe presto arrivato.
"Morirai come l'uomo che hai sempre adorato e pregato. Non sei felice per questo, Principe?"
La voce giunse dal buio, laddove fu sicuro di scorgere una figura camminare. Sempre più vicina, sempre più nitida alla luce dei fuochi... e sempre più riconoscibile. Fu così che il volto dalla barba ispida e dagli occhi sottili di Gregor emerse dall'oscurità, mostrandosi all'uomo che un tempo aveva servito e che ora aveva tradito.
Impossibilitato a credere di trovarsi davanti il suo fedele servitore, diventato il suo Giuda Iscariota, il Principe emise un leggero verso di sgomento in mezzo ai continui affanni. Potè notare bene il sacchetto di cuoio legato alla cinghia, contenente i denari con cui aveva venduto la sua morte a Basarab.
Fu così che tutto divenne nuovamente chiaro nella sua testa. Nè Dio, nè il Cristo e nè la Vergine sarebbero scesi dai cieli per porgergli il loro aiuto, lo avrebbero lasciato vittima delle sue agonie, fallimentare delle sue continue lotte per proteggere la sua terra. Così decise che se doveva morire, non sarebbe accaduto per il soffocamento e per la compressione del costato. I suoi ultimi respiri sarebbero serviti per lanciare la sua maledizione su quella terra. Mentre moriva sulla croce, Gesù Cristo pregava per il perdono di coloro che lo avevano condannato. Lui, invece...
"AAAAHH!"
Il suo grido fece sobbalzare Gregor e i torturatori di Basarab, stupiti che avesse ancora tanta forza nei polmoni. Il diaframma si alzava e abbassava a un ritmo frenetico, stava raccogliendo tutta l'aria contenuta nel petto. La furia prese forma sul volto, lapidando il traditore Gregor.
"Cane!" gridò "Traditore ipocrita! Bastardo impenitente! Anche tu accetti trenta denari per vedermi morire sulla croce? Ma come Egli è risorto dalla morte, lo farò anch'io! Emergerò dai più profondi abissi dell'inferno! Tornerò a tormentarti, a braccarti e a farti rimpiangere i tuoi denari, come fece Giuda e, come lui, ti renderò pazzo fino a che tu stesso non ti farai il cappio al collo! Tu morirai, e anche Basarab morirà, ma io vivrò per sempre!"
E dopo di questo, davanti agli occhi di tutti che osservavano un vero demone dell'inferno, venne l'ultimo grido. Quello della fine.


Ad attenderlo al risveglio ci fu il legno del coperchio e il traballare del calesse dovuto al sentiero dissestato. Suigetsu aveva sicuramente fatto il suo abituale compito di mandare uno tzigano* per riportarlo da Bistritz fino al maniero. Sollevando il coperchio, fu in grado di vedere uno spiraglio del cielo al crepuscolo. Aprì del tutto il suo contenitore - lo tzigano non se ne rese conto, nè sentì il rumore del coperchio aprirsi. Suigetsu doveva aver limitato la sua capacità di intendere e volere fintanto che andasse solo a ritirare la cassa - e si mise a sedere. L'aria era pulita, dolce, libera dal cattivo odore della città. Era partito che l'inverno era prossimo al finire, adesso tornava con l'inizio della primavera; l'erba era già verde, gli alberi da frutta erano liberi dalla neve e iniziavano a fiorire. Solo sui picchi a spirale dei Carpazi la neve insisteva per rimanere, le cime dei monti illuminati dal chiarore rosato e arancione del sole al tramonto.
E quando il buio calò, il paesaggio mutò insieme al cielo. I frutteti cominciavano a essere sostituiti dai boschi di pini, la terra diventava sempre più deforme, incolta e abbandonata. Proprio dietro a quel paesaggio, dietro le cime dei pini, emersero le sommità del castello, le cui alte mura di pietra furono visibili solo dopo aver attraversato un tratto di bosco. Suigetsu, Karin e Jugo lo attendevano ai piedi dei gradini, l'uno di fianco all'altro nella fila dei servitori che accolgono il ritorno del loro padrone. Quando questi abbandonò la cassa e scese dal calesse, loro tre si chinarono con riverenza, Sasuke vide l'espressione vuota e priva di volontà dello tzigano.
"Bentornato a casa, Principe" lo salutarono, per poi rialzarsi. Jugo domandò "Com'è stato il soggiorno a Bucarest?"
"Proficuo." rispose Sasuke, accennando un sorriso al pensiero di come si era svolta quella notte, oltre alle prostitute della Rosa Rossa "Ho incontrato un nostro vecchio amico, Hidan."
Non fu necessario porgere alcuna domanda per sapere come si era concluso il loro incontro, potevano benissimo immaginarlo da soli. Suigetsu sorrise, pensando alla paura che il loro vecchio compagno doveva aver patito nell'essersi ritrovato di fronte al Principe. Rimpianse di non essere stato lì a godersi lo spettacolo.
"Scaricate la cassa." ordinò Sasuke "Riportatela nelle cantine."
"Prima di farlo, è arrivato questo telegramma per voi."
Jugo fece scivolare una mano nel camiciotto e prese la busta di una lettera, consegnandola a Sasuke e poi accingendosi, insieme a Suigetsu, a eseguire l'ordine ricevuto. Sasuke strappò la busta ed estrasse il foglio contenuto. Lesse, gli occhi che scorrevano su ogni riga della lettera. Solo dopo aver terminato completò il visibile ghigno che era inizialmente nato circa a metà del testo. La rilesse di nuovo, con compiacimento per il suo contenuto. Karin gli si avvicinò, si appoggiò al braccio del Principe e con le dita accarezzò con lussuria i capelli neri.
"Buone nuove, mio signore?"
"Ottime, Karin, ottime."
Sasuke sembrò rendersi conto solo in quel momento dell'approccio di Karin. Ripiegò la lettera e la rimise nella busta.
"Mi fa piacere vedere che hai recuperato le forze, Karin."
"Abbiamo avuto modo di riempire le prigioni. Potrò servirti per altri due mesi ancora, Principe." infilò una mano in un'apertura della camicia fra due bottoni, toccando il torace "Anche adesso, se lo desiderate. Il viaggio di ritorno sarà stato spossante."
"No, stasera non sarà necessario. Piuttosto, Karin, vieni con me. Devi scrivere una lettera su mia dettatura."
Il Principe la oltrepassò, accingendosi ad entrare nel castello, la rossa lo seguì con una piccola delusione per il suo rifiuto.
"Con piacere. Se posso, a chi desiderate scrivere?"
"Ti ricordi del nostro amico, Stefan Lance? Pensa, ha in programma di sposarsi a Londra nella prossima settimana. Come mai a me non è giunto alcun invito da parte sua?"
Karin capì il senso e l'obiettivo della domanda anche solo a sentirla, condivise il sorriso ironico del Principe. Questi si era fermato sui gradini, pensando con divertimento ai suoi progetti futuri.
"Oh... certo, è stata una disdicevole dimenticanza non invitare voi."
"Vero... ma io non serbo rancore. Andrò ugualmente alla cerimonia."
"Gli annuncerete il vostro arrivo?"
"Oh no, nient'affatto. La lettera è per un'altra persona. Partirò presto per l'Inghilterra, contatterò qualcuno che mi aiuterà a disporre di un luogo lì per qualche giorno. E tu, Karin... tu verrai con me, come mio prezioso sostentamento."
Karin non nascose l'entusiasmo che provò all'idea di uscire finalmente dalla Transilvania dopo tanto tempo, visitare una delle più imponenti metropoli europee. Oltretutto, da sola con il Principe...
Sasuke seppe di averla dilettata; un compito che comporta un certo piacere si risolve bene e presto. Quanto a Jugo e Suigetsu, loro non erano mai interessati a compiere viaggi così lunghi, preferivano molto di più la loro accogliente terra natia, tranquilla e lontana dalla confusione delle grandi città. Sasuke raggiunse il portone in legno e tirò in avanti i pesanti battenti, accedendo al vasto salone d'ingresso, Karin lo seguì per accingersi a scrivere quanto lui le avrebbe presto dettato, ansiosa, soprattutto, di prepararsi per intraprendere il viaggio che già sognava.

Non potè fare a meno di osservare il manichino che indossava l'abito nuziale. Il bustino era aderentissimo, la gonna gonfia, la sottana resa più voluminosa dalle sottogonne in tulle e con leggerissime volants... per non parlare del lungo strascico velato. Era perfetto, l'ideale per donne non molto alte, contando anche che la sua chioma così stranamente rosea valorizzava maggiormente il complesso bianco. Sakura pregò soltanto di indossare quello al matrimonio, lo sguardo le era caduto su esso sin dal primo momento che lo aveva visto esposto in vetrina. Si sentì picchiettare sulla spalla, vide Temari.
"Si direbbe che tu abbia già fatto la tua scelta, vero?"
"È semplicemente meraviglioso. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso, ma accidenti... trentacinquemila sterline!"
"E tu ti preoccupi dei soldi? Non pensare a questo, stai per sposarti."
Così, esortata dall'amica, decise che non si sarebbe più preoccupata del costo. Era il matrimonio che lei, Sakura Haruno, aveva sognato in tutta la sua giovinezza, desiderava vivere l'evento al massimo splendore. E poi, i soldi non potevano di certo essere un problema, non certo per la sua famiglia. Dichiarò al sarto la sua scelta e lasciò che egli prendesse le misure per commissionarne uno identico, dopodichè Temari la portò fuori, ansiosa di fare qualcos'altro. Sembrava molto più eccitata lei di quanto non lo fosse Sakura.
"Temari, dove mi stai portando?"
"Voglio farti vedere una cosa."
Senza lasciarle libera la mano un solo attimo, Temari la guidò imperterrita e impaziente per qualche strada della città, fino a quando non giunsero entrambe all'ingresso di una libreria. Sakura fu guidata dentro senza altri indugi, la mano le fu lasciata solo dopo che l'amica ebbe iniziato a viaggiare fra i corridoi di scaffali, raccomandandole di aspettarla lì. La rosa volle avvicinarsi a un mobile ricolmo di libri, soffermandosi a leggerne uno la cui copertina anticipava una storia ambientata nei fastosi regni del medioevo. Quante volte da bambina la fantasia l'aveva portata fra castelli e cavalieri! Quante volte era stata una principessa che attendeva di essere promessa a un valoroso principe! Adesso questo sogno non era più così distante dalla realtà...
"Sakura!"
Si sentì richiamare da Temari, che la raggiunse, e riposò il libro sullo scaffale da cui l'aveva preso. Temari l'aveva ben notato, conosceva la preferenza dell'amica per il genere letterario.
"Immagini ancora il tuo ambizioso Stefan Lance come Sir Lancillotto che fa di te la sua amata Ginevra?"
"Non dire così, Temari."
"Quando invece potrebbe prenderti e costringerti a commettere indicibili atti di disperata passione nel talamo nuziale."
Sakura divenne rossa di colpo al solo pensiero di quanto detto dall'amica esuberante.
"Oh, ti prego! Come puoi vedere nel matrimonio solo i piaceri della carne? È molto più di questo!"
"Non puoi rimanere chiusa per sempre, piccolo fiore vergine. Prima o poi dovrai far assaporare al tuo uomo le tue bellezze, e dovrai sapere come si fa."
Allo scopo Temari le mostrò la copertina di un libro particolare, il titolo recitava Le notti arabe di Richard F. Burton. Aprì una pagina a caso, rimanendo sconvolta dal contenuto: un uomo e una donna del Medio Oriente intenti ad assumere una posizione grottesca per l'accoppiamento. Si portò una mano alla bocca aperta dallo stupore.
"Oddio... questo... questo è osceno!"
Girò la pagina, l'immagine era ancora peggio di quella precedente. Eppure, dopo un pò di guardare, non potè fare a meno di provare un pizzico di divertimento e di ridacchiare.
"Ma... in una coppia si possono davvero fare cose del genere?"
"Oh, sì! Io sono intenzionata a farlo, proprio stanotte con Shikamaru. Sono certa che questo lo allontanerà dal suo tavolo da poker. E dai suoi sigari."
"Frottole." ribattè Sakura con divertimento "Non oseresti mai."
"Oserei eccome, anzi oserò. Sono certa che agli uomini piace, piacerebbe anche al tuo Stefan. Si può sapere a cosa aspettate prima di condividere il letto per una notte?"
"Beh... Stefan non è come tutti gli altri uomini, lui ha a cuore i miei bisogni. Ha anche acconsentito a rispettare il mio corpo fino alla prima notte di nozze, perchè dovrei rovinare tutto con un uomo così?"
In realtà, Sakura e Temari non erano così diverse come poteva sembrare a chi le guardasse insieme. Ambedue erano ragazze molto dolci e pure, ma la bionda aveva una capacità più spiccata di dire sempre tutto ciò che le passava per la testa, motivo per cui molto spesso aveva un modo di parlare alquanto diretto e molto ardito. Per questo non c'era da stupirsi che gli uomini desiderassero molto la sua compagnia, anche se lei preferiva sempre il suo Shikamaru; svogliato com'era, per Temari era una sfida diminuire tale sua svogliatezza, e lei amava le sfide. Sakura era solamente più virtuosa e vedeva il lato buono in ogni cosa, ma ciò non voleva dire che talvolta non condividesse le opinioni dell'amica. E quello che aveva visto in Stefan, il suo promesso, era quanto di più si era potuta immaginare; proprio come lei lo aveva incantato con la sua virtuosità, lui era riuscito a rapirla con un'onestà e una sincerità che lei non aveva potuto giudicare false. Tutti gli uomini in cui aveva cercato il suo cavaliere non avevano desiderato altro che impossessarsi della sua virtù virginale, ma Stefan era completamente diverso, era l'uomo che le aveva fatto visita nei suoi sogni di fanciulla e di ragazza.
"Stefan!"
E lo vide, proprio al di là della vetrina della libreria. Senza indugi, guidata dalla contentezza, uscì dal negozio e lo raggiunse, questi sorpreso di trovarla lì e l'accolse fra le braccia. Alto, non più giovane di ventotto anni, baffi castano scuro accennati e capelli pettinati con cura all'indietro. Vedendolo in realtà per la prima volta, pensò Temari, era alquanto carino, capì perchè a Sakura piacesse tanto.
"Sakura." disse questi "Che piacevole sorpresa, mia cara."
"Graditissima anche per me."
Baciò il suo uomo con estasi, Temari lasciò che si godessero di quel momento per un pò, poi fece capire la sua presenza lì tossicchiando. Sakura si ricordò solo ora di lei.
"Oh, Temari, finalmente puoi conoscere Stefan Lance. Stefan, lei è la mia amica Temari Sabaku, mi sta aiutando con gioia con i preparativi delle nozze."
La bionda accennò un inchino di saluto, allungando poi la mano che Stefan baciò sul dorso per ricambiare la cortesia.
"Incantato di conoscervi, signorina. Sia Sakura che Shikamaru mi parlano molto spesso della vostra spiccata... personalità."
"Conoscete mio marito?"
"Una persona molto singolare, proprio come lo siete voi. E due persone singolari fanno una coppia ancora più unica, ecco ciò che rende indissolubile il loro legame. Proprio come voi e vostro marito... e come per me e la mia qui presente futura sposa."
Le due ragazze emisero un "Oh" ridente di sorpresa e lusingato, solo allora Temari capì quanto fosse vera la descrizione che Sakura aveva fatto di quell'uomo. Le parole che aveva udito da lui erano così profonde che non fu sicura di come rispondergli, ragion per cui provò a cambiare argomento per evitare un imbarazzante silenzio.
"Cosa... cosa vi porta davanti a questa libreria?"
"Cercavo un libro di contabilità, ne necessito per un mio lavoro. Mi preme terminarlo entro la giornata, così da essere libero di portare fuori a cena la mia consorte."
"Davvero? Oh, Stefan! E dove mi porterai?"
"Il piacere sta anche nella sorpresa. Per ora, vorrei solo procurarmi quel libro."
"Vi guiderò io." si offrì Temari "Conosco i corridoi di questo grande negozio come quelli della mia casa."
Entrarono dentro tutti e tre. Temari ebbe modo di scoprire la sua piacevole compagnia e condividere ancora di più la gioia di Sakura per la sua imminente unione col giovane e affascinante Stefan Lance.

*tzigano= in rumeno, “zingaro”.
 
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view post Posted on 17/11/2014, 11:30
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CAPITOLO 3:
La rosa senza spine



"... vi dichiaro marito e moglie."
E il bacio, infine, determinò il culmine e la fine della cerimonia. La chiesa echeggiò fino alla volta degli applausi di ospiti e invitati, i quali festeggiarono con gioia l'avvenuta unione di Sakura e Stefan. La ragazza, novella sposa, fu convinta che non potesse esistere momento più felice nella vita. Percorse insieme a Stefan l'atrio della cattedrale, sorridendo felice ai familiari e agli amici, si lasciò cadere alle spalle lo strascico velato che qualche altra giovane invitata cercò di ottenere per sè. Sui gradini della chiesa, i due sposi furono raggiunti da tutti, Sakura fu abbracciata dalla commossa amica Temari, e poi da entrambi i genitori felici per la figlia.
"Papà! Mamma!"
"Guardati... bambina mia, come sei bella."
La madre non trattenne una lacrima di gioia, mentre il padre abbracciò entrambe le donne della sua famiglia.
I festeggiamenti veri e propri ebbero inizio e furono consumati in una grandiosa sala da ballo, con un banchetto allestito. I più talentati musicisti di Londra accompagnavano le danze, echeggianti voci canore si appoggiavano alla musica e acrobati di vari generi di talento intrattenevano le tante persone che occupavano il salone. Che si fosse intenti a danzare con un partner, a gustare una prelibatezza o a osservare con divertimento gli spettacolari acrobati tanto abili... suonando violini stando in perfetto equilibrio sopra grandi palle da circo, esibendosi in movimenti leggeri e agili che non sembravano temere la forza di gravità, danzando con passi e gesti così fluenti da sembrare che fossero accompagnati da un vento immaginario all'interno della sala...
Sakura era circondata da amiche con cui parlava con contentezza, le parlavano esprimendo la propria felicità o discutendo animatamente di quanti probabili begli uomini avrebbero voluto per condividere il letto matrimoniale, o vantandosi di avere già qualcuno di bello, forte, ricco e attraente con cui poterlo fare.
Allo stesso modo Stefan era intento a parlare con conoscenti e colleghi di lavoro, molti di loro non potevano fare a meno di dare un'occhiata alla sposa ed esporre il proprio, per nulla modesto, parere. Chi aveva potuto, era già riuscito a strapparle un ballo al passo di valzer.
"Congratulazioni, amico mio, è davvero splendida."
"Grazie. Potresti scambiare quattro chiacchiere con lei, sono certo che avrete da discutere."
Invitò l'amico a seguirlo per fargli conoscere più direttamente Sakura... e a un certo punto, ebbe l'impressione che tutto si fosse fermato. Ogni cosa continuava a scorrere nella sua normalità, certo... eppure aveva il chiaro sentore che fosse cambiato qualcosa dentro la grande sala, e tale percezione sembrava averla solo lui. Aveva la sgradevole sensazione di uno sguardo puntato addosso, questo qualcosa che era cambiato sembrava lo stesse osservando. Si guardò intorno, pur vedendo tutto perfettamente normale nell'ambiente che lo circondava. Le persone, l'alto vociare, la musica... nulla che non fosse in ordine. Tranne quello che infine riuscì a vedere in mezzo alla folla, a una certa distanza; quel volto, pallido com'era e con quei capelli e quegli occhi così neri, quasi ottenebranti, era impossibile non riconoscerlo. Erano proprio quegli occhi a guardarlo... ma un momento dopo, subito dopo il passaggio di qualcuno davanti a lui, quel volto era sparito.
Sospirò sollevato, avendo creduto di sprofondare per quei brevi istanti in cui l'aveva visto, per poi constatare di aver avuto nulla più che un'allucinazione. Rispose ai richiami dell'amico che doveva aver notato il suo momentaneo smarrimento, dopodichè mantenne la promessa di presentargli la novella sposa. Parlarono tutti insieme per un pò con interesse e vivacità, fino a quando Stefan non si congedò per avvicinarsi ai bicchieri di Porto. Degustò e apprezzò di buon grado il vino, ebbe giusto il tempo di mandarlo giù prima di sussultare per la voce che, nonostante i suoni della sala, giunse sottile alle sue spalle.
"Dunque è così che tieni memoria dei vecchi amici, Stefan?"
Aveva, ormai, già avuto conferma dalla voce, ma ebbe la piena conferma quando si fu girato. Ed era effettivamente lì, dietro di lui, a osservarlo con un sorriso che, dietro la falsa aria amichevole, nascondeva una felicità sadica. Si rese conto dell'ansia e del nervosismo che lo avevano preso, cercò di darsi un contegno e si guardò rapidamente intorno per assicurarsi che nessuno notasse il suo repentino cambiamento di stato d'animo, Sasuke ne trasse un sottile divertimento. Alla fine riuscì a pronunciare una frase intera.
"Che cosa ci fai tu qui?"
"Stefan... Stefan, il fatto di non aver ricevuto il tuo invito non mi ha offeso o sconvolto in particolar modo. Ma ti dirò, mi ferisce constatare la tua sorpresa nel vedermi qui a festeggiare con te il tuo matrimonio. La mia presenza ti mette così tanto in agitazione? Non gradisci la visita di un amico che non vedi da quasi dieci anni?"
"C'è stato solo un accordo tra noi, non... amicizia." marcò l'ultima parola, pronunciandola come se avesse voluto sputarla "Io ti ho dato i servigi che mi hai chiesto, tu hai promesso di non venire più a cercarmi. Hai giurato di lasciarmi vivere in pace."
"E l'ho fatto, caro Stefan, l'ho fatto. Ho tenuto fede alla mia promessa, come tu hai fatto con la tua. Quindi siamo tutti uomini di parola, direi."
Portò la mano sotto il mento, assunse l'espressione di chi è assorto a cercare di ricordarsi qualcosa. Poi tornò a guardare Stefan, ridando forma al sorriso che aveva iniziato a maturare lentamente in un ghigno.
"Oh, aspetta. Forse tu non lo sei proprio del tutto. Hai appena giurato di amare la tua novella sposa finchè morte non vi separi, giusto? Ti rendi conto di avere appena fatto spergiuro davanti al Signore?"
L'espressione di Stefan mutò, come se Sasuke avesse colto nel segno, anche se lui cercò di negarlo.
"Di cosa stai parlando? Mi accusi di falsità nei confronti di mia moglie?"
"Non disturbarti a metterti sulla difensiva. In tutti questi anni non mi sei mai sfuggito, Stefan, non ho mai cessato di tenerti costantemente d'occhio."
"Tu! Tu mi hai spiato per dieci anni?"
"Questo non era previsto nel nostro accordo, se non sbaglio. Tu non ti sei mai reso conto della mia spia e hai vissuto in serenità, come io ti ho promesso. Quando te ne andasti dalla Transilvania, pensai che fosse un peccato perdere servigi tanto preziosi come quelli che mi davi tu, perciò decisi di continuare a seguirti nel caso in cui avresti potuto essermi ancora utile. Ma che io sia dannato... non immaginavo che avresti potuto esserlo fino a questo punto!"
Spostò lo sguardo, Stefan ebbe modo di notare quanto esso osservasse qualcosa con uno strano appetito, un estremo desiderio... e seguendo la direzione di quegli occhi, scoprì che l'oggetto della loro attenzione e della loro fame era la ragazza rosea e allegra che sorrideva al più bel giorno della sua vita. Tornò a guardare Sasuke, notando un'altra stranezza oltre agli occhi, la stranezza di denti color avorio, troppo lunghi e aguzzi, in quel leggero sorriso di ghiaccio. Ma fu questione di un secondo talmente rapido che credette di essersi sbagliato; Sasuke tornò a guardarlo, Stefan ricordò la sua ultima affermazione e ne fu perplesso.
"Sakura...?"
"Possiamo parlarci chiaramente, ci conosciamo abbastanza bene, Stefan. Come ti ho detto, ti ho osservato e conosco tutta la vita da miserabile che hai trascorso fino ad oggi. Non trovi che sia curiosa la fortuna che hai avuto nel conquistare il cuore di una fanciulla di ricca famiglia?"
Stefan non disse nulla, lasciò che il suo interlocutore continuasse nelle sue fondate insinuazioni. Interromperlo, ormai, era inutile quanto era inutile negare tutto.
"Potrei dire che è stato provvidenziale. Infatti, se a quella povera ragazza dovesse accadere qualcosa di spiacevole, le ricchezze di famiglia non potranno che andare al suo povero, sfortunato vedovo. Credo sia qui che entra in gioco lo spettacolino del matrimonio."
"... che cosa vuoi da me, Sasuke?"
"Per il momento? Soltanto conoscerla più da vicino."
Senza dire altro e senza attendere il consenso di Stefan su tale intenzione, Sasuke si allontanò da lui e si avvicinò con passo controllato alla spensierata Sakura. Era intenta ad ammirare i passi di una danzatrice il cui corpo pareva muoversi da solo, come se conoscesse perfettamente i movimenti che dovevano accompagnare la musica; non da meno era il compagno che la seguiva e danzava con lei, indossavano delle maschere sul viso, rispettivamente nera e bianca, colori prevalenti anche sulle vesti da ballo.
"Il ballo della luce e delle tenebre... può esistere una danza più affascinante di questa?"
Sentendo provenire tali parole da dietro di lei, Sakura spostò l'attenzione dal ballo e si girò, osservando chi era l'uomo che aveva fatto una tale osservazione. Questi continuava.
"Rasentano l'oscurità e la luce che esistono nell'animo dell'essere umano. Coesistono, si cercano e si trovano in profondo contrasto, ma non si toccano mai realmente. Chi prevarrà completamente, un giorno, nel cuore di tutte le persone? Che cosa è veramente forte? Il male, che ha il potere di costringere, o il bene, che invece non può farlo per sua stessa natura?"
Sakura aveva osservato ancora per qualche momento i due danzatori, ma la sua attenzione era stata completamente rapita dalle parole del nuovo arrivato, subito dopo la prima frase. Anch'egli distolse lo sguardo dagli esecutori del ballo e accennò un sorriso cortese dopo che ebbe rivolto l'attenzione alla giovane sposa, la quale sembrava affascinata da lui e dal suo particolare accento rumeno con cui padroneggiava la lingua inglese.
"Perdonatemi, milady, ho parlato senza prima presentarmi." indietreggiò di un passò e fece un leggero inchino "Sono il Conte Sasuke Uchiha, caro e vecchio amico del vostro sposo Stefan. E... vostro servo."
Sentendo le sue presentazioni, Sakura si sentì lusingata di essere alla presenza di un così nobiluomo. Molti erano gli invitati che festeggiavano con lei e Stefan quella sera, ma quasi nessuno di loro possedeva un così particolare titolo nobiliare. La figura di un Conte lì, davanti a lei, le era molto gradita, un portamento, una compostezza e una cortesia che aveva visto in molte persone... ma che in lui avevano qualcosa di particolare che lo rendevano un personaggio enigmatico, intrigante, affascinante da conoscere e da scoprire. Anche la sua giovinezza, nonostante il titolo regale, era una cosa curiosa. Gli sorrise.
"Un Conte, nientedimeno..." fece anche lei un leggero inchino, piegandosi di poco sulle gambe "Sakurina Haruno. Ma vi prego, chiamatemi Sakura come foste anche per me un amico caro quanto lo siete per Stefan."
Tese la mano, Sasuke la prese con grazia e la guidò sotto la bocca per baciarla. Il tocco della sua pelle, però, era talmente simile al ghiaccio che Sakura dovette lottare per non rabbrividire... mentre le sue labbra erano stranamente e dolcemente calde. Poi, osservava i suoi occhi, quegli occhi che sembravano attirarla in un vortice nero, la sua mente provava un'improvvisa confusione a cui si abbandonava piacevolmente e inconsapevolmente. Durò solo per qualche momento, fino a quando non le lasciò la mano.
"Naturalmente, Stefan mi aveva parlato, nella sua lettera, di quanto fosse incantevole la sua sposa: occhi come smeraldi, capelli come i fiori di ciliegio delle lontane terre asiatiche. Siete un gioiello di donna, una sublime rosa senza spine che facciano sanguinare."
Chiaramente, Sakura aveva ricevuto molto spesso elogi simili da altrettanti ammiratori, ma non erano mai abbastanza perchè potesse abituarsi. Con un sorriso di imbarazzo, cercò di portare la discussione su un altro argomento.
"Voi siete certamente straniero. Da dove venite?"
"La mia casa è molto lontana dall'Inghilterra. Vivo nel mio castello in Transilvania, distante dai disordini delle grandi città e in pace nella bellezza dei boschi."
"Siete giunto fin qui da così lontano? Vi prego, parlatemi della vostra terra. Sogno così tanto spesso di visitare luoghi al di fuori della Gran Bretagna."
Sasuke lo fece. Descrisse i luoghi in cui raccontava di aver sempre vissuto con la sua famiglia, dicendole come le luci dell'alba e del tramonto baciassero con spettacolo le cime dei monti Carpazi, come i boschi di pini fossero grandi e suggestivi di giorno, e una cacofonia di fauna la notte. E mentre lui parlava, Sakura ascoltava con il fascino di una bambina che ascolta la favola del genitore, viaggiando con il pensiero e con i sogni nelle terre che il Conte le descriveva.
Andò avanti così per un pò, finchè non vi fu un cambio di musica. Sasuke le porse la mano.
"Sarei molto, molto onorato di poter condividere un ballo insieme a voi, cara Sakura."
Sakura accettò di buon grado, afferrò la mano - stavolta non volle togliersi i guanti bianchi da sposa, così da non riprovare lo stesso ribrezzo a contatto con la sua pelle fredda - e si lasciò guidare fino alla parte della sala dedicata al ballo. Quando furono coi volti l'uno davanti all'altro, la ragazza ebbe quasi la sensazione di scivolare, anzichè camminare, sul pavimento fino al centro del grande spazio, sostenuta e trascinata dal suo misterioso cavaliere. Ballarono, ballarono... e lei si trovava benissimo fra le sue braccia, come non si era mai sentita con nessuno degli altri uomini con cui aveva ballato quella sera.
Le fece fare una giravolta, poi la reclamò di nuovo a sè e continuarono per un pò senza separarsi. Fintanto che restavano così, lei poteva sentire la presa che la mano del Conte aveva sulla sua schiena, una presa quasi possessiva e desiderosa, e non la lasciava andare se non per cimentarla in un casqué. Osservava quegli occhi che la studiavano, la catturavano, quasi sembravano volerla. Voleva evitare quello sguardo che la imbarazzava così tanto ma, allo stesso tempo, non voleva privarsi di quel fascino. La sua fortuna fu che la musica di quel ballo finì in quel momento, tuttavia lo sguardo del Conte non poneva fine alla sua strana magia attrattiva. Per quanto la affascinasse, alla fine prevalse il desiderio di liberarsene, ritenendo che avrebbe potuto farle perdere facilmente la facoltà di pensare. Raccolse le gonne e, senza preoccuparsi della scortesia di lasciare da solo il suo cavaliere senza dire una parola, uscì velocemente dalla sala da ballo, raggiungendo la fine della scalinata che portava al giardino esterno. Quasi del tutto buio.
Doveva essere stata una buona mossa, l'aria notturna la aiutò a recuperare la lucidità che sembrava perdere in compagnia del Conte. Tuttavia, sentendo i passi scendere lungo i gradini alle sue spalle, intuì che questi doveva averla seguita e raggiunta. Per non mostrare ulteriore scortesia, si girò per accogliere la sua compagnia - desiderata o indesiderata che fosse, su questa decisione era ancora in contrasto con se stessa - e solo in quel momento, nel buio quasi completo al di fuori della sala, si rese conto che la sua pelle assumeva una strana fosforescenza. Immaginò che, se ogni luce fosse stata spenta, lui avrebbe potuto continuare a brillare come una lucciola. Ma non disse nulla riguardo a quest'altra sua stranezza. Il Conte le si avvicinò con garbo.
"Ho fatto qualcosa che vi ha turbata? Se è così, vi prego di perdonarmi."
"No... no." si affrettò a rispondere "Perdonate voi me. Avevo solo bisogno di riprendere un pò d'aria, tutto qui."
"Siete affaticata? Sedetevi per qualche minuto."
La invitò ad adagiarsi su una delle panchine di pietra del giardino, si sedette accanto a lei. Sakura simulò dei profondi respiri e si portò una mano alla testa, cercando di far sembrare più realistico il giramento di testa che si era inventato.
"Ho solo avuto un capogiro, passerà presto."
"Naturale." rispose, con grande comprensione "Sono molte emozioni per una donna, in un solo giorno. Potrei portarvi qualcosa da bere, se può farvi sentire meglio."
"Siete gentile, grazie. Credo che sia sufficiente un pò d'acqua."
E Sasuke si avviò verso la sala per esaudire la sua richiesta, lasciando Sakura da sola a pensare e a farsi domande sulle particolari stranezze del Conte. I suoi occhi imprigionanti, una voce così cantilenante e caldamente amichevole, la tenue opalescenza della sua pelle pallida al buio... una persona così non era di certo una persona qualunque; forse un angelo che Dio aveva mandato per benedire lei e il suo matrimonio? Non potè fare a meno di pensare che dovesse essere così...
[quanto era lontana dalla verità!]
... e a questo pensiero, afferrò istintivamente il piccolo crocifisso d'argento che teneva appeso al collo. Pregò, ringraziando tutte le gerarchie paradisiache per il dono che le era stato mandato.
Cessò quando sentì qualcosa come un grugnito accanto a lei, scoprì che il Conte aveva già fatto ritorno. Portava il bicchiere d'acqua da lei chiesto e, nell'altra mano, un bicchiere di Porto. Non si rese conto dell'espressione infastidita, quasi irata, che aveva sul volto, che si rilassò subito dopo che lei ebbe riposto il crocifisso sotto il vestito.
"Avete fatto in fretta."
"Ecco, prendete."
Sasuke si sedette di nuovo al suo fianco e le porse l'acqua, entrambi fecero tintinnare i bicchieri tra loro, prima di sorseggiare. Seguì un silenzio che Sakura non fu in grado di sopportare, così, a discapito della situazione e del rispetto della privacy verso uno sconosciuto, prese la parola con la domanda più insolita che potesse venirle in quel momento.
"Voi... siete sposato, Conte?"
Sasuke non distolse lo sguardo dal vino contenuto nel bicchiere, tuttavia la domanda gli era ben arrivata. Per quanto mantenesse impassibile la sua espressione, in essa nacque una visibile malinconia. La voce quasi spezzata da un pianto trattenuto ne fu la prova.
"Io... sono stato sposato. Ma ella morì prematuramente. Una terribile malattia me la portò via... non è accaduto più di un anno fa, ma... sembrano passati così tanti secoli..."
"Oh... mi dispiace moltissimo." disse lei, sinceramente pentita di aver osato tanto "Non volevo addolorarvi, credetemi."
Ma lui alzò una mano per farle intendere di non preoccuparsi, sorrise con comprensione e rassicurazione. E, nonostante tutto, andò avanti nel racconto del suo amore perduto.
"Il suo nome era Ana. Amò me e amò la terra in cui vivevo. Accettò di prendermi come marito, nonostante la mia proposta fosse stata impaziente e prematura... l'amavo davvero perdutamente."
"E... e com'era?"
A quella domanda, Sasuke alzò lo sguardo e lo posò su di lei. Solo allora rispose.
"Bellissima."
E Sakura tacque, incerta se recepire quell'aggettivo come una semplice risposta alla sua domanda oppure come un complimento diretto a lei. In quel momento d'incertezza ebbe la presa così fragile sul bicchiere, che questo le sfuggì involontariamente e si frantumò sulla ghiaia. Si chinò per raccogliere i pezzi ma, distrattamente, si graffiò con uno di questi non appena l'ebbe toccato. Ritrasse la mano d'impulso, sia guanto che pelle si erano scalfiti e la punta del dito cominciò a sanguinare.
"Ah! Accidenti, che maldestra!"
"Mi permetta."
Aveva fatto per leccare via il sangue, tuttavia il Conte le aveva preso con delicatezza la mano e, con un fazzoletto tirato fuori dal taschino, si offrì di pulirglielo. Per quanto fosse freddo, quel tipo di contatto fra mani, mentre le avvolgeva il dito nel fazzoletto, le parve troppo confidenziale, forse troppo intimo... la ritrasse gentilmente, allontanandosi con la scusa che avrebbe pulito il graffio con l’acqua. Per fare questo si avvicinò alla fontana del giardino, momento di cui Sasuke approfittò per portarsi sotto gli occhi il fazzoletto macchiato. Bastò poggiarvi sopra la punta della lingua... e lo stesso colore del sangue si impadronì del buio che aveva negli occhi fino a un istante prima, ma di un rosso più acceso.
Inconfondibile: quello era il sangue di una vergine!
"Conte, state bene?"
Dovette contenersi e mantenere l'espressione più rilassata possibile, intuì di non aver destato alcun sospetto in lei, poichè lo guardava normalmente e senza interrogativi. Nascose il fazzoletto e formò un sorriso rassicurante.
"Dunque, cara Sakura... Haruno, giusto? Non siete intenzionata a prendere il nome di Stefan, adesso che gli siete moglie?"
"È un favore che Stefan mi ha concesso. Gli chiesi di mantenere il mio cognome, poichè desidero avere ancora qualcosa che mi tenga legata alla mia famiglia. Come sicuramente saprete, è un uomo molto dolce e comprensivo, ha capito questo mio bisogno e l'ha mantenuto."
"Siete una donna molto fortunata ad averlo come marito. Permettetemi di dare un ulteriore contributo alla vostra fortuna e alla vostra gioia. Milady, avete detto che desiderate viaggiare oltre i confini dell'Inghilterra?"
"Oh, sì. Davvero, lo desidero."
"In tal caso, sarei onorato di invitarvi a trascorrere il vostro primo periodo di matrimonio nella mia residenza in Transilvania."
Al sentire tale proposta, Sakura dimenticò ogni forma di contegno e il suo volto divenne gioioso come quello della bambina più allegra e felice del mondo. Dal primo momento che il Conte le aveva descritto i boschi di pini e le montagne innevate, aveva desiderato subito poterle visitare un giorno e godere anch'ella della loro suggestività. Ma non essendosi aspettata che quel giorno arrivasse così presto, la proposta l'aveva presa del tutto alla sprovvista.
"Dite davvero? Venire in soggiorno nel vostro castello?"
"E per tutto il tempo che lo desidererete. Potrete ammirare tramonti e albe bellissimi, assaporare il profumo della foresta... tutto quello che vorrete fare."
"Ne sarei entusiasta. La ringrazio, Conte."
"Io ringrazio lei per aver accettato. Vogliamo dare insieme la notizia a Stefan?"
Le porse una mano d'accompagnatore e lei l'accettò, si avviarono insieme nuovamente dentro la sala da ballo. Dopo aver raggiunto Stefan fra le persone che ammiravano i ballerini acrobati, e dopo aver esposto anche a lui l'invito del Conte, lui seppe celare magistralmente il disappunto e la sorpresa negativa e a mascherarli con cordiale approvazione, rendendo Sakura più contenta. Questa, poi, fu richiamata dalle sue amiche e si congedò con cordialità dalla compagnia di Sasuke. Stefan approfittò di quel momento per prenderlo da parte.
"Che cosa hai in mente di fare, Sasuke? Perchè mi fai questo?"
Ma lui non gli rispose come aveva fatto prima. Si avvicinò, invece, al suo orecchio e sussurrò parole così basse e tetre da fargli congelare il sangue nelle vene.
"È una rosa vergine, Stefan. E sarà bene per te che resti tale."
Il giovane Lance trasalì, sentendo che la sua stessa anima era stata ghiacciata. Ormai era diventato completamente difficile cercare di godersi il resto della serata.
 
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view post Posted on 20/11/2014, 11:55
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CAPITOLO 4:
Signore e signori, sono lieto di presentarvi...



Il giorno era finalmente arrivato, il giorno in cui quella piaga per l'umanità sarebbe stata definitivamente cancellata dalla faccia della Terra. Trentasei vittime, fra le quali vi erano venti donne, e cinquantatrè cadaveri mutilati nelle tombe da lui profanate... questo era ciò che lo avevano reso famoso in maniera macabra negli ultimi cinque anni. Ormai in tutte le città d'Europa si temeva di uscire per strada di sera, di addentrarsi nei vicoli bui nel timore di perdere la vita, o di preoccuparsi che anche i propri cari defunti non subissero lo stesso agghiacciante trattamento che riservava ai cadaveri, di cui nessuno voleva mai parlare apertamente. Che si fosse ancora in vita o già morti, lui veniva sempre per divenire la causa del tormento, a lasciare i segni del suo passaggio e del suo operato che, si diceva, aveva appreso da Lucifero stesso. Un pazzo sicuramente, che cos'altro poteva essere un individuo che agiva in questo modo?
Ma oggi, in quel giorno offuscato da nubi di passaggio, quel pazzo era stato finalmente catturato una volta per tutte, e con gioia la popolazione veneziana avrebbe assistito al momento in cui il cappio gli avrebbe spezzato il collo.
La folla alzò il tripudio in mezzo alle strade e anche dalle gondole nei canali di Venezia, quando si vide il prigioniero essere condotto sulla forca, costruita appositamente sopra la sporgenza di un enorme canale che avrebbe trascinato il suo corpo nelle acque dell'Adriatico. Lui non aveva avuto rispetto per i defunti, perchè loro dovevano averlo col suo cadavere?
Ancora non gli era stato tolto il cappuccio di sacco che gli copriva il volto, questo sarebbe stato mostrato solo un momento prima di legargli la corda attorno alla gola. Il volto sui manifesti da ricercato aveva sempre avuto una fascia che ricopriva tutta la metà inferiore della faccia e un ampio cappello che scopriva a malapena gli occhi, quella era la faccia che tutti avevano ormai imparato a odiare... e presto l'avrebbero odiata ancora di più, quando sarebbe stata esposta alla luce.
"Assassino!"
Quando passò con il corteo dei gendarmi, lo raggiunse un grido dalla folla, seguito subito dopo dal lancio di una pietra che colse il bersaglio sulla fronte. Il condannato cadde in ginocchio, stordito pesantemente dal colpo ricevuto, venendo poi forzato da una guardia di prigione a rialzarsi, anche se minacciò di ricadere e perdere conoscenza. Fu portato con la forza fino al patibolo sospeso sopra il canale, anche a costo di trascinarlo sulla strada da svenuto, senza privarlo delle manette di solido ferro. Soltanto dopo che il cappio fu messo e stretto attorno al suo collo, la maschera di sacco gli fu tolta e tutti conobbero la faccia che aveva incarnato la paura delle più grandi città europee per così tanto tempo.
Eppure nessuno avrebbe pensato ad attribuirgli quella che vedettero: come poteva essere che una persona così folle e orribile fosse di un viso così radioso alla luce, persino gli occhi e i capelli biondi come grani sembravano rasentare un cielo soleggiato. Anche quello doveva essere a causa dell'angelo che un tempo indossava il nome "Portatore di Luce", non poteva essere diversamente. Un pomodoro volò fin sopra il palco e colpì il condannato in faccia, seguito dal lancio di altri oggetti che potessero umiliarlo il più possibile; dovevano trattenersi dal volerlo sommergere di altre pietre e ucciderlo lapidandolo.
"Hai ucciso mia sorella!"
"Brucia all'inferno insieme al tuo Diavolo, mostro!"
Ma lui, a tutto questo, era completamente immune. Non un solo cenno di rabbia verso chi lo tormentava così e neanche un tentativo di schivarne qualcuno, apparendo come qualcuno che ormai si era rassegnato alla sua sorte.
In realtà, nessuno poteva avere consapevolezza del progetto che aveva disegnato già da giorni nella sua testa; l'unico motivo per cui aveva ritardato così tanto ad attuarlo era che, se eseguito al momento giusto, si sarebbe potuto godere lo spettacolo. E quel momento ormai era così vicino da non vederne l'ora. Il pensiero di quello che sarebbe successo stava per indurlo a un sorriso divertito che però trattenne, in quanto sarebbe stato anche traditore. Davanti a lui passò il magistrato che aveva contribuito alla sua condanna, alzò la voce in modo tale che tutta la gente avesse potuto sentire.
"Osservate, gente, l'orrido prezzo per chi sceglie di cedere la propria anima al demonio!"
Sorse un grido di concordia, che cessò dopo un pò.
"Adepto di satana." riprese il magistrato "Sei accusato di pratica delle arti sataniche, di trentasei omicidi avvenuti per decapitazione e della profanazione di cinquantatrè cadaveri nelle rispettive bare. Vista l'efferatezza e l'impossibilità di riparare i tuoi crimini, la pena per te stabilita è la morte per impiccagione. Sarai appeso al collo finchè non morte non sopraggiunga e il tuo corpo sarà per sempre abbandonato nelle acque del mare."
La minaccia non lo turbò minimamente, per quanto essa fosse imminente. Vide l'esecutore della condanna che metteva mano sulla leva che, una volta tirata, avrebbe azionato la botola che il condannato aveva sotto i piedi. Tenere a freno il ghigno traditore si rivelò ancora più arduo, gli sfuggì una leggera smorfia impercettibile... nella sua mente gridava "Tira quella maledetta leva!"
E questo fu fatto. Furono un gesto secco e un attimo fugace, l'azionamento della leva aprì il vuoto in cui il condannato cadde. Tuttavia, nel preciso istante che precedeva quello in cui la corda si sarebbe tesa, si levò un verso generale di sorpresa e incredulità in mezzo alla folla, poichè il cappio non aveva più un collo da spezzare. Allo stesso modo, il mare non avrebbe più avuto un cadavere da portare via con sè, perchè questo era sparito improvvisamente dagli sguardi di tutti, così velocemente che erano passati almeno due secondi prima che se ne rendessero conto tutti. L'agitazione cominciò subito a serpeggiare in tutta la folla, nessuno era in grado di dire se fosse morto o scomparso, tutti i gendarmi presenti iniziarono a mobilitarsi cercando di individuare il ricercato in mezzo alla marea di gente.
"Dov'è? Dov'è finito?"
Ogni ricerca si rivelò infruttuosa, per quanto fosse impossibile il modo in cui era sparito e che si fosse potuto nascondere da qualche parte. Si era anche pensato che si fosse gettato in acqua, ma già da qualche minuto non si vedeva riemergere nessuno.
Poi, ogni cosa si fermò. Nell'aria, più in alto dei tetti di Venezia, si levò una voce che risuonò come un eco molto vicino e dalla voce alta, giungendo alle orecchie di tutti gli sgomenti ascoltatori, ormai terrorizzati al pensiero che quell'assassino fosse ancora fra loro.
"Fratelli miei! Prima che arrivasse la sua ora sulla terra dei mortali, Egli si recò a pregare nel Getsemani, implorando l'aiuto del Padre. Ma apparve il diavolo, che volle tentare il Signore affinchè abbandonasse la sua missione. Gli aizzò contro il suo serpente, ma Egli si rialzò e schiacciò la sua testa. Ma ora io vi svelo una verità: quella serpe non è mai morta. Vive ancora, striscia e si nasconde in mezzo ai figli del Padre, mordendoli e usandoli per procreare.
Voi chiamate me "Adepto di satana" o "Figlio di Lucifero" o addirittura "Anticristo"; avete visto in me il serpente tentatore e avete cercato anche voi di schiacciargli la testa. Ma vi dirò, io non sono nulla più che un uomo, vostro pari e vostro fratello, nato dalla carne e non dai fuochi dell'inferno. Il serpente vi ha tentato, fratelli miei, uno dei suoi figli vi ha ingannati tutti e intendo smascherarlo."
E calò il silenzio, la voce cessò di parlare nello stesso modo in cui aveva iniziato. Le parole udite non avevano fatto altro che destare sgomento, confusione e ancora più paura nei cuori di tutte quelle persone. La caccia al prigioniero riprese subito, con fervore, ma non passò troppo tempo prima che si rivelasse inutile. Si alzò un grido sopra le teste di tutti, il grido di una donna che aveva assistito all'orrendo spettacolo del magistrato trafitto al cuore da un paletto di legno, la cui punta grondava sangue; tutti videro il ricercato che era apparso alle spalle del malcapitato, nello stesso misterioso modo in cui era sparito dal patibolo, e reggeva in mano lo strumento che aveva usato per compiere il suo ennesimo assassinio. Lo sfilò con un gesto secco, il magistrato che si girò verso di lui e gli mostrò un'espressione priva di qualunque umanità, la bocca che si spalancava e protendeva due canini spaventosamente lunghi e aguzzi, nascosti alla vista delle persone. L'omicidio terminò con un netto taglio di macete che fece rotolare la testa sul patibolo, separata dal corpo afflosciatosi a terra. Subito dopo questo, si segnò con la croce sussurrando una preghiera.
"Requiescat in pace. In nomine Patris, Filiis et Spiritus Sancta. Amen."
Nessuno aveva avuto il coraggio di intervenire, troppo sconvolti da ciò che era accaduto così improvvisamente, neanche quando videro l'assassino raccogliere il capo mozzato ed esporlo a tutti reggendolo dai capelli.
"Questo, fratelli, è uno dei figli del serpente! Si nasconde nell'ombra, si mostra solo quando il sole è occultato e colpisce quando la fame lo attanaglia."
Qualcuno gridò dal pubblico.
"Mostro assassino!"
"Io sarei un mostro? No, io non sono come questi esseri, un adepto del Diavolo e un servitore dell'inferno. Vi dirò io chi sono."
Ma non fu lasciato trascorrere un secondo di più. Le guardie d'esecuzione salirono sul patibolo, avventandoglisi addosso, cosa che lui non volle permettere così facilmente. Sparì nuovamente alla vista di tutti, suscitando ulteriore sgomento ma riapparendo due secondi dopo sul tetto di uno dei palazzi circostanti. Aveva ancora la testa della sua vittima.
"Signore e signori, sono lieto di presentarvi... VAN HELSING!"
E dopo aver lanciato questo grido, lanciò la testa del Vampiro magistrato, che cadde con precisione in uno dei bracieri che attorniavano il patibolo e il fuoco la consumò fino alle ceneri. Prima che il cosiddetto Van Helsing riuscisse a scappare, gli furono puntati contro tutti i moschetti e sparati colpi a volontà. Tuttavia, la distanza era notevole e bersagliarlo con precisione era difficile, il fuggitivo approfittò di questo vantaggio per iniziare a correre sui tetti del quartiere.
"Prendetelo! Uccidetelo, se necessario!"
Ormai non era più importante se moriva per il cappio al collo o per le fucilate... in un modo o nell'altro, doveva morire. Lo rincorsero subito da terra, mentre lui continuava a scappare sopra di loro, ma cercare di colpirlo mentre correvano era ancora più difficile di quanto non lo fosse da fermi. Alla fine, quando fra un tetto e l'altro c'era uno spazio troppo notevole per coprirlo con un balzo, pensarono di averlo già messo in trappola, ma invece lo videro con disappunto buttarsi dall'altra parte edificio. In un primo momento pensarono che fosse diventato pazzo, ma poi ripresero subito l'inseguimento e aggirarono il palazzo. Il lato opposto si affacciava su un ampio canale, i cerchi concentrici ancora presenti sull'acqua fecero chiaramente capire loro che si era buttato lì dentro.
"Percorrete il canale in entrambe le direzioni, presidiate anche l'altra sponda! Forza!"
Diramato l'ordine, si apprestarono a seguirlo immediatamente, pronti a sorprendere il ricercato nel momento in cui sarebbe uscito dall'acqua. Ma non sapevano che da lì non sarebbe mai riemerso, poichè era già nascosto al loro sguardo, dietro una pesante porta sprangata e li teneva d'occhio attraverso una leggera fessura fra due assi del legno. Lui era caduto, sì, ma si era aggrappato a uno sporto del tetto prima ancora di arrivare al suolo, per poi essere esortato a entrare in una finestra aperta da un ragazzo ancor più giovane di lui, col quale condivideva il nascondiglio in quel momento. Ciò che era affondato nel canale non era altro che un grosso fagotto contenente materiale abbastanza pesante da andare a fondo senza riemergere e svelare il trucco, depistando così i gendarmi. Una volta che fu certo di essere sicuro, il fuggitivo si rivolse a chi lo aveva accolto nel nascondiglio.
"Come facevi a sapere che ero qui?"
"L'Ordine mi ha pur sempre incaricato di mantenerti in vita. E devo riuscirci il più a lungo possibile, Naruto. Perchè devi cacciarti in situazioni così complicate?"
"Il Vampiro che cercavo era un magistrato del tribunale. Farmi condurre al patibolo era l'unico modo per avvicinarmi a lui senza destare sospetti."
"È un sollievo, mi avrebbe rattristato sapere che Van Helsing si è fatto arrestare così come niente. Ti ho portato dei vestiti."
A Naruto fu indicato un fagotto che prese ed aprì, conteneva indumenti che gli avrebbero permesso di nascondersi più facilmente a sguardi indiscreti. Si disfò di ciò che indossava e si coprì con gli abiti nuovi, il cappello e il lungo cappotto nero gli avrebbero facilitato la mimetizzazione notturna.
"Piuttosto, Konohamaru, hai terminato il tuo lavoro con quel Vampiro a Marsiglia?"
"Sì, gli ho tagliato di netto la testa e poi ho sepolto il corpo per evitare che venisse scoperto."
"E il cuore? L'hai trafitto col paletto?"
Per qualche momento che seguì, Konohamaru assunse un'aria confusa per via delle parole del compagno. Accorgendosi di questo, Naruto si esasperò e si rivolse a lui come un maestro che cerca di insegnare duramente un precetto all'allievo.
"Il cuore! Se non lo trafiggi col paletto di legno, i poteri rigenerativi faranno risvegliare il Vampiro! Konohamaru, non puoi permetterti di fare ancora errori come questo!"
"Dovrò tornare di nuovo a Marsiglia a completare l'incarico? Dannazione!"
"Sarà meglio. Io farò ritorno a Roma, incontrerò il cardinale Hiruzen."
"Non sarà molto contento quando saprà che ti sei di nuovo messo in mostra. In questo, almeno, io e tutti gli altri Cavalieri siamo migliori di te."
"Bada bene che non sarà sempre così, Konohamaru. Sei solo un novizio, presto ti accorgerai di quanto sia difficile mantenere la segretezza delle proprie azioni. Appena puoi, ti consiglio di tornare negli archivi segreti del Vaticano e di dare un'occhiata a qualche antico manoscritto, come il Goetia o La chiave minore di Salomone; studiali ed eviterai di fare altri sbagli come quello che hai fatto."
Se c'era una cosa che Konohamaru invidiava di Naruto, alias Van Helsing, era la sua conoscenza molto più approfondita di quella che aveva lui. Nonostante la poca differenza di età che c'era fra i due, Naruto era sempre molti passi più avanti a lui, era già diventato un maestro nella percezione e nella manipolazione delle aure; precetti e concetti molto avanzati che invece lui non era ancora in grado di apprendere appieno. Più che dal cardinale Hiruzen o dagli altri Cavalieri del Santo Ordine, era da lui che imparava i segreti della caccia al Vampiro e ogni lavoro in giro per il continente era un'occasione per mettere in pratica insegnamenti sempre più nuovi. Ma talvolta gli sfuggiva qualcosa e lasciava la missione a metà senza accorgersene, ed era in quei momenti che Naruto gli rifilava una paternale sugli errori commessi.
Fra i due non vi fu null'altro da dire, Naruto decise di aspettare che la notte calasse su Venezia per poterlo favorire durante la fuga, sicuro che nel frattempo nessuno sarebbe riuscito a trovarli in quella casa angusta e lugubre.

La luna a picco indicava chiaramente la mezzanotte passata, il cavallo era in corsa da molte ore e lo aveva portato a diverse leghe lontano da Venezia. Il freddo della notte trasformava in condensa il suo fiato e quello del cavallo, che certamente respirava più affannosamente di lui. Il sentiero era facile da perdere in mezzo al buio bosco di pianura, tuttavia non si fermò ugualmente e non concesse riposo nè a se stesso e nè all'animale che lo trasportava. Soffiò un vento altrettanto gelido fra le fronde degli alberi ma Naruto seppe riconoscere all'istante che qualcos'altro si nascondeva fra gli alti rami. Tirò le redini per incitare il cavallo a fermarsi, persino lui era nervoso per il sentore di una presenza inquietante, qualcosa che non era un comune animale dei boschi. Sceso dalla sella, restò a osservare la zona circostante, stringendo nella mano il revolver carico e focalizzando l'attenzione sugli alberi. Li scrutò a uno a uno, sicuro che chi lo voleva braccare si nascondeva proprio lì sopra... finchè non intravide il chiarore viola scuro che si distingueva perfettamente nel buio. Si girò di lato, evitando di concentrare troppa attenzione su quel punto e far capire al Vampiro di averlo scovato. E quando gli diede le spalle, fu una chiara lettera d'invito per il cacciatore che lo esortava ad attaccare, invito che fu accettato ben volentieri. Il Vampiro abbandonò il suo nascondiglio e assalì la preda a fauci spalancate, giusto un istante prima che Naruto si girasse e gli puntasse contro la canna del revolver... rimanendo sorpreso quando non vide l'assalitore davanti a sè. Si guardò intorno e restò sulla guardia, finendo ugualmente con l'essere travolto dal volo del Vampiro, il quale lo afferrò per sollevarlo a qualche piede da terra e poi lasciarlo cadere duramente al suolo. Naruto si alzò in piedi con un dolore alla schiena, mentre il Vampiro sottoforma di ombra volante atterrò e assunse un aspetto scarno e orribilmente pallido, con lunghi capelli neri, occhi innaturalmente gialli e un sorriso più macabro della morte stessa.
"Bastardo... alla fine sono io quello caduto in trappola."
"Dunque è vero che Barker ha fallito contro di te a Venezia. Lieto di fare la tua conoscenza, Van Helsing."
Non era mai stata abitudine di Naruto perdersi in convenevoli coi Vampiri, perciò non perse altro tempo e puntò contro di lui l'arma. Il Vampiro si spostò subito con rapidità, scivolando sul terreno come un'ombra che non toccava terra, sempre sul lato sinistro, mentre la pistola scaricava i suoi colpi senza riuscire a colpire il bersaglio. Quando il caricatore fu vuoto, la creatura colse l'attimo e si lanciò all'attacco per mordergli il collo coi canini affilati. Ma stavolta fu lui a cadere nel tranello, poichè trovò ad attenderlo un altro colpo a fuoco che non aveva previsto. Cercò di ricorrere alla sua sviluppata velocità di Vampiro per evitarlo, tuttavia il proiettile raggiunse il braccio celato sotto il mantello e creò un buco sanguinolento nell'arto. Il mostro cadde a terra, ringhiando e soffrendo per la ferita che emanava piccoli aloni di fumo, come se la pallottola stesse sciogliendo il punto colpito come il peggiore degli acidi.
"Un revolver a sette colpi?" gridò "Proiettili intrisi di acqua benedetta?"
Vedendo il suo nemico a terra e ferito, Naruto gli si avvicinò ed estrasse un grande crocifisso di metallo che gli espose in faccia, il Vampiro ringhiò e alzò una mano davanti agli occhi rossi d'ira, come per proteggersi dal potere di quel pezzo di metallo.
"Tu sei Orochimaru, ti riconosco." disse "Sei sfuggito molte volte ai Cavalieri del Santo Ordine, in passato. Completare due incarichi di prima priorità in un solo giorno non è una cosa che capita spesso."
Tenendo fermo il crocifisso in quella posizione, ripose il revolver scarico sotto il cappotto e dal cinturone prese il paletto con cui terminare il lavoro. Tuttavia, prima che potesse farlo, il Vampiro detto Orochimaru fece ricorso a un ultimo tentativo di salvezza. Davanti agli occhi di Van Helsing, fu come se dalla sua schiena stesse sorgendo di nuovo quell'emanazione di colore viola scuro. Stava dilagandosi sempre di più, cresceva costantemente di altezza e di grandezza, quasi prevaricandolo come un'enorme onda minacciosa, sembrava irradiare una fame mostruosa che consumava tutto ciò che era in vita nei paraggi. Fu in quel momento che Orochimaru approfittò per allontanarsi da lui e inghiottirlo interamente nella sua aura di Vampiro, annullando completamente e per sempre la sua presenza. Rise, orgoglioso della sua vittoria e di aver appena ucciso Van Helsing, il cacciatore più terribile conosciuto fra i Vampiri del continente europeo.
Poi, però, mutò repentinamente espressione, capendo che c'era qualcosa che non andava. In mezzo all'enorme marea viola, cominciò a distinguere una colorazione diversa, più scura, andante sul blu notte. Questa si espandeva come un morbo all'interno della sua stessa aura, come se vi stesse prendendo il sopravvento e, tramite essa, stesse spostandosi per arrivare fino a lui. Prima che ciò accadesse, si allontanò in volo e richiamò a sè la sua aura viola, scoprendo con sorpresa e orrore che quella blu apparteneva alla stessa persona che credeva di aver annientato. Era ancora lì dove lo aveva inglobato, il suo corpo irradiava quell'aura blu che si espandeva a vista d'occhio, fiera del suo potere e della sua brillantezza in grado di competere con la gloria del sole al tramonto. Era addirittura molto più grande e potente della sua.
"No!" gridò rabbioso "Voi umani non potete possedere il controllo dell'aura! Non puoi aver frequentato la Scholomance!"
"Per chi mi hai preso? Non ho bisogno di studiare alla Scuola del Diavolo per imparare a dare la caccia a voi Vampiri."
Allora com'era possibile che ci riuscisse? Non venne nessuna risposta da parte sua, seguì un ottenebrante silenzio fra i due, l'aura blu di Naruto che sovrastava quella viola di Orochimaru. Questi, alla fine, rise per un misterioso divertimento, nonostante la situazione che gli era nettamente sfavorevole. Senza dare peso a questo, Naruto tirò fuori un altro revolver carico e lo puntò contro di lui.
"Nulla di personale. È solo il mio mestiere."
"Uh uh uh... Van Helsing, rispecchi proprio la temuta descrizione che i miei simili fanno di te. No, anzi... sei molto di più."
Alzò un braccio con un gesto repentino, sollevando un improvviso e invisibile spostamento d'aria che colpì di sorpresa Naruto. Mentre fu sbalzato all'indietro per esserne stato travolto, sparò qualche proiettile benedetto, ma il Vampiro era già sparito dal ramo sul quale si era rifugiato dalla sua aura. Tuttavia, mentre si rialzò dopo essere caduto a terra, sentì la sua voce risuonare fra le cime degli alberi.
"Non è finita qui, Van Helsing. La prossima volta che ci vedremo, il nostro incontro avrà un esito diverso."
E in seguito, tutto tacque. Si sentì solamente il vento che soffiava con forza nel bosco e i versi di qualche animale notturno, ma la voce di Orochimaru si era quietata. Naruto provò a guardare in giro ma non riuscì più a vedere la sua aura, cosa che gli fece capire che si era volatilizzato. Un Vampiro maestro della fuga, non aveva mai amato trattare con nemici che se la davano così facilmente a gambe. Capendo che ormai non c'era più modo di recuperarlo, decise di ripartire subito verso Roma e si diresse verso il cavallo, rimasto terrorizzato dal breve scontro che i due nemici avevano avuto. Fortunatamente, aveva preso la precauzione di legare le redini a un tronco per far sì che non scappasse, altrimenti non avrebbe trovato facilmente un mezzo di spostamento verso la capitale del Regno d'Italia. Mentre rimontò in sella, decise anche di omettere al cardinale di essersi fatto sfuggire un Vampiro ricercato: non avrebbe giovato alla sua reputazione all'interno del Santo Ordine.
 
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view post Posted on 24/11/2014, 09:02
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CAPITOLO 5:
Il Cavaliere del Santo Ordine



Il cuore della Città del Vaticano, la Piazza San Pietro e l'omonima basilica papale... ogni cosa era frutto della mano di Bramante, Raffaello e Sangallo il Giovane; la Santa Sede del cattolicesimo e fulcro della resistenza contro il male che avvelenava l'Europa. La prima volta che Naruto ebbe visto tutto questo negli anni della sua fanciullezza, non aveva potuto fare a meno di sentirsi così minuscolo e piacevolmente suggestionato al confronto di quella tanta grandezza, dell'immensità dello spazio e della magnificenza di tutta quell'arte... seppur bambino, il suo cuore ne era stato subito catturato e da allora fu cresciuto lì, dopo essere stato raccolto dalla strada dal cardinale Hiruzen - al tempo solamente frate -, l'unico che era stato disposto a credere al terrore con cui raccontava della sua famiglia uccisa da mostri della notte che si abbeveravano di sangue, una visione che aveva segnato per sempre la sua mente infantile. Allevato dalla Chiesa, cresciuto fra celebrazioni di giubilei, canonizzazioni di nuovi Santi e nuove elezioni papali, solo a dodici anni aveva cominciato ad apprendere dell'esistenza dei Cavalieri del Santo Ordine e a discernere i segreti della lotta contro i Vampiri. Animato da queste nuove conoscenze, Naruto si distinse per la sua eccezionale capacità nella caccia all'oscurità, solo due anni più tardi aveva ucciso il suo primo Vampiro... anzi, ben quattro Vampiri nella sua prima caccia. Gli altri Cavalieri, e soprattutto Hiruzen, non avevano tardato a capire che era mosso dalla volontà di uccidere tutti i Vampiri esistenti per vendicare il massacro della sua famiglia, pur non avendo mai scoperto chi fosse veramente il colpevole del loro sangue. In tredici anni, la sua reputazione era salita all'interno del Santo Ordine come il massimo esperto in vampirismo e anche in tutta Europa come l'assassino denominato Van Helsing. Ma tutti quegli anni di caccia sembravano aver trasformato quell'innocente bambino che era stato accolto vent'anni prima nella Santa Sede e nell'Ordine; egli era diventato un cacciatore di ombre della notte, freddo e calcolatore. Neanche lui sapeva se aveva già ucciso i Vampiri macchiatisi col sangue della sua famiglia o se erano ancora in libertà, da qualche parte nel continente... ma non sembrava interessato ad avere o meno questa certezza, desiderava solo cancellare per sempre dal mondo la piaga del Vampiro, per quanto fosse un obiettivo logicamente impossibile per un uomo soltanto.
Il rumore degli stivali contro il pavimento marmoreo echeggiava fino alla cima della cupola, mentre percorreva a grandi passi la grande navata centrale arricchita con decorazioni del Bernini. Si fermò, notando il cardinale nella navata destra soffermatosi davanti alla statua della Pietà. Lo riconobbe subito, anche se gli stava di spalle.
"Padre Hiruzen."
L'anziano Hiruzen Sarutobi, camerlengo di massima fede e uomo dall'aria paterna e saggia nel suo abito corale, si voltò verso il giovane cacciatore di Vampiri, mostrando più segni di invecchiamento di quando lo aveva visto l'ultima volta.
"Bentornato a casa, figliolo."
Gli si avvicinò a braccia aperte, invitandolo in un abbraccio di padre, che per Naruto era stato tale più di qualunque altro cardinale all'interno della Santa Sede. Per quanto fosse di pochi scrupoli nel suo lavoro, il giovane era pur sempre una persona amabile come un figlio per il camerlengo.
"Sono contento di essere tornato." disse Naruto "Ho dovuto dare la caccia a molti Vampiri, nei sette mesi in cui sono stato lontano."
"Sì, mi è giunto alle orecchie quello che combini in giro per l'Europa. La tua fama non è migliorata molto, purtroppo."
"Continuo a dare tutto me stesso, ogni giorno della mia vita, per salvare le persone dai figli del male. Eppure, per loro, il male sono sempre io."
Con un gesto del braccio lo invitò a passeggiare insieme a lui lungo la navata centrale.
"Mi dispiace molto che tu debba sopportare questo peso, figliolo. Ma non smettere mai di avere fede e forza, sono certo che Dio osserva e tiene conto degli sforzi che fai in Suo nome."
"Se davvero Lui mi considerasse" ribattè irritato "non mi costringerebbe a sopportare tutto questo... in Suo nome!"
"Anche il Figlio sopportò ingiurie di ogni genere prima di lasciare che lo innalzassero sulla croce, pur di salvare l'umanità dal male di satana."
"Ma anche Gesù temette di non riuscire a sopportare il peso di tutto il peccato del mondo, per questo si recò a pregare nel Getsemani."
"E tu, Naruto? Preghi mai per avere un pò di conforto?"
"Io non prego mai, se non per la pace delle anime dei Vampiri che uccido."
"Se non il Signore, chi altri può darti serenità da affanni come i tuoi?"
A questa domanda Naruto non diede risposta, volendo tenerla segretamente per sè. Si fidava del cardinale Hiruzen come un padre, vero, ma neanche a lui se la sentiva di confessare quella verità e rischiare che trapelasse fra i Cavalieri dell'Ordine.
Continuando a camminare, arrivarono fino allo spazio sottostante la grande cupola corrispondente al Baldacchino di San Pietro, scesero la doppia scalinata di fronte all'altare papale che conduceva ai piani inferiori: le Grotte Vaticane, livello sottostante il primo piano di calpestio della basilica e locazione di sepoltura per molti pontefici... ma non l'ultimo sottolivello di tutta la struttura. Dopo aver percorso corridoi con tombe di marmo recanti i nomi dei papi, Hiruzen raggiunse una parete di fondo e lì pigiò la mano su un punto ben preciso, spingendo un pannello ben celato nel muro che innescò un meccanismo; questo agì in uno degli spazi limitrofi riservati ai sepolcri papali, ma qui era del tutto vuoto e lì il pavimento si aprì in due, rivelando una stretta scala a chiocciola che scendeva verso il basso. Il camerlengo Hiruzen e Naruto vi si addentrarono, giungendo ancor più sotto, entrando in un ramifico di stanze e corridoi di pietre e mattoni antichi. Un visitatore che avesse visto quel posto la prima volta, lo avrebbe identificato come una specie di necropoli segreta... cosa che, effettivamente, era. Nascosti nel pendio del Colle Vaticano, vi erano quelli che erano i resti di una necropoli romana interrata dai costruttori della primitiva basilica costantiniana, su ordine dello stesso imperatore, ma questo era un segreto custodito con massima riservatezza all'interno della Chiesa: neanche la metà dei suoi capi e dei suoi membri ne era a conoscenza, soltanto il pontefice attuale e il Capo Cavaliere nonchè guida del Santo Ordine, il cardinale camerlengo Hiruzen Sarutobi. Scoperta l'esistenza di quel luogo segreto nel secolo precedente, il papa Clemente XIII trovò finalmente il definitivo luogo di ritrovo per i suoi Cavalieri del Santo Ordine, i suoi guerrieri al servizio di Dio che combattevano già da più di cento anni contro la piaga europea del Vampiro. La conoscenza segreta di quel luogo fu tramandata solo fra i papi e i Capi Cavalieri, così da mantenere altrettanto più facilmente segreta l'esistenza del Santo Ordine.
Una necropoli nient'affatto deserta, luogo in cui i novizi Cavalieri studiavano l'arte della caccia e i più veterani ricevevano gli incarichi che li mandavano in diversi angoli del continente, nonchè fucina delle armi da usare contro i figli del maligno: spade con le lame di argento consacrato, pistole con proiettili intrisi di acqua santa, croci di san Benedetto e di san Giorgio e diversi amuleti benigni. Accorgendosi del passaggio di Hiruzen e di Naruto, i monaci e i frati minori intenti a forgiare le armi, accennarono ognuno un rispettoso inchino del capo.
"Paradossale, davvero." commentò Naruto "Gli uomini della Chiesa che, anzichè con la fede, combattono gli esseri del male con le tecniche costruttive e con la violenza."
"Il Santo Ordine è un baluardo contro il male." rispose Hiruzen "Un baluardo ha bisogno delle sue armi per non cadere. Gesù schiacciò la testa al serpente che gli fu aizzato contro nel Getsemani, non lo accolse a sè. La vera prova di fede per questi Cavalieri sta nell'essere sempre forti d'animo nella caccia e nella lotta. Tutti vengono sottoposti a questa prova, anche tu non sei da meno."
Un monaco si avvicinò al camerlengo, reggeva dei rotoli di fogli di pergamena che depose nelle mani di Hiruzen. Questi li mise su un tavolo di lavorazione, mostrando a Naruto un'ampia cartina dell'Europa orientale.
"Ora, Naruto, ciò che sto per rivelarti non è conosciuto da nessun altro cacciatore dell'Ordine; preferisco farlo sapere unicamente a te."
"Perchè?"
"Tutti i nostri adepti sono audaci cuori di leone, ognuno di loro desidererebbe avere questo incarico... ma affidarlo a chiunque di loro vorrebbe dire mandarli allo sbaraglio, verso una fine ignota. Tu sei il Cavaliere più potente di tutti, potrei giurare al cospetto del Signore che sei la persona più adatta di tutte a svolgere questa missione. Mi dispiace davvero molto darti un lavoro così arduo non appena torni a casa dopo tanto tempo, ma..."
"Mi dica pure tutto, Padre."
Sulle prime, Hiruzen fu esitante, nonostante il consenso di Naruto, tuttavia decise di parlargli dopo aver visto la risolutezza che il ragazzo aveva in viso.
"Bene, allora. Per questa missione dovrai dirigerti verso Oriente, nelle terre più remote della Romania." indicò sulla cartina la regione rumena della Transilvania "Il prossimo Vampiro che dovrai uccidere si trova lì. Pare che domini tutta la regione come se fosse un suo grande feudo."
"Un Vampiro che si attiene a signore feudale? Dev'essere una creatura molto antica, uno dei primi nati."
"Non è solo un antico Vampiro." Hiruzen esitò ancora per un pò "Egli è lo strigoi, il primo della sua progenie e colui che l'ha generata."
A queste parole, Naruto guardò basito il cardinale, con un tuffo al cuore. Ben si vedeva l'incredulità che aveva in faccia, paragonabile solo a quella provata dopo aver scoperto dell'esistenza dei Vampiri. La mente faticava ad assimilare l'informazione ottenuta.
"Lo... strigoi? Il camminatore di Morte Vivente? Soltanto un semplice mito, che io sappia."
"Era quello che pensavo anch'io, almeno fino a poco più di una settimana fa. Ma questa informazione è stata adeguatamente confermata, si tratta proprio di lui."
Hiruzen prese un'altra pergamena e la srotolò, mostrando un ritratto risalente a secoli prima. Era la rappresentazione di una persona nobile, giovane e sicuramente potente. L'espressione era particolarmente scevra di emozioni, ma gli occhi neri erano così freddi e vendicativi! I capelli lunghi e altrettanto neri arrivavano fino alle spalle, i sottili baffi neri erano ben allineati sopra il labbro superiore. In basso, sulla destra del ritratto, vi era il particolare stemma di un drago alato, la cui coda biforcuta si attorcigliava attorno a una doppia croce.
"Il Principe Vlad Tsepesh di Valacchia" spiegò Hiruzen "più conosciuto come Vlad III o Vlad l'Impalatore. Nato nel 1431 e morto nel 1476, conosciuto per il modo in cui torturava i suoi nemici Turchi e chiunque infrangeva le sue leggi. Sembra che sia stato lui a creare i primi Vampiri per renderli suoi servitori, finchè questi non lo tradirono e lo abbandonarono, diffondendosi ovunque. Lui non è come le sue creature, il suo potere occulto supera i limiti e le ambizioni di ogni Vampiro. Se un qualsiasi cacciatore provasse a combatterlo, finirebbe ucciso prima di sparare il primo proiettile benedetto."
"Ed è qui che c'entro io."
"Combattendo Vampiro dopo Vampiro in tutti questi anni, hai ottenuto un potere dell'aura incomparabile, sicuramente il più adatto a contrastare Vlad. Ora, io ti domando: capisci cosa significhi uccidere lo strigoi?"
Lo capiva. Se questo non era più da considerarsi un mito, sapeva che lo strigoi era il genitore di tutti i Vampiri, chiunque fosse stato creato da lui o infettato col morso del Vampiro era legato alla sua esistenza. La sua morte avrebbe comportato l'inevitabile fine di tutti i Vampiri esistenti, lentamente e inesorabilmente, dai primi che aveva creato fino agli ultimi infettati. Se fosse accaduto, ciò avrebbe finalmente posto fine alla piaga del morso del Vampiro, il mondo intero sarebbe finalmente stato libero da questo male... proprio come lui aveva cercato di fare per anni.
Si girò per osservare i giovani apprendisti che studiavano con fervore sui libri di caccia, animati da qualsiasi motivo lo spingesse a diventare cacciatori dell'occulto. Sterminare per sempre tutti i Vampiri significava evitare a tutti loro battaglie che li avrebbero continuamente messi a rischio della loro vita, non doverli più costringere a violare tombe e cimiteri per riesumare e mutilare cadaveri, dare loro una diversa opportunità di vita. Guardò di nuovo il ritratto di Vlad, cercando di imprimere nella mente il volto del suo prossimo nemico mortale. Tuttavia, pur sapendo che si trattava di un essere oscuro molto potente e che si trovava in Transilvania, le informazioni raccolte da Padre Hiruzen non erano abbastanza. Bisognava conoscere di più.

Quando cominciò a temere che il cavallo sarebbe morto di fatica, cominciò finalmente a intravedere il bosco che lo separava dalla sua meta. Giunto davanti all'entrata fra gli alberi, Naruto fece fermare il cavallo da viaggio e scese dalla sella, lasciando che l'aria dei boschi ai piedi dei Carpazi polacchi lo riempissero di benessere e di ricordi. Il vento portava con sè l'odore degli alberi di faggio, abeti e platani, riesumando in lui quella sensazione che aveva provato soltanto dopo essere tornato in Vaticano: la sensazione di tornare a casa. Non tanto per il luogo ma per chi lo attendeva lì, la persona che era stato costretto ad abbandonare per molto tempo per il suo dovere di cacciatore.
Afferrò le briglie del cavallo e fece proseguire entrambi a piedi, ritenendo che ci sarebbero stati troppi impedimenti per continuare in sella. Tuttavia, l'animale nitrì con evidente nervosismo e oppose resistenza a farsi portare nella foresta, preoccupato e innervosito da qualcosa che sentiva provenire proprio da lì dentro. Naruto non ebbe di che meravigliarsi, il cavallo doveva essersi accorto che all'interno di quei boschi viveva qualcosa di anormale, qualcosa che lo spaventava. Non avrebbe certo potuto calmarlo e spiegargli che, qualunque cosa gli provocasse tanta preoccupazione, non era nulla che avesse bisogno di temere, perciò lo privò di briglie e sella e lo lasciò in libertà. Si addentrò fra gli alberi da solo, consapevole di ogni passo che compiva, di ogni albero o cespuglio che vedeva e di ogni frusciare negli arbusti o sui rami che sentiva, i piedi che calpestavano il terreno umido per una pioggia recente. Camminava come se conoscesse con precisione e sicurezza ogni angolo di quel bosco, nonostante fosse passato molto tempo dall'ultima volta che vi si era addentrato, per poi sbucare dall'altra parte illuminata più direttamente dal sole e completamente libera da alberi; fu proprio lì che lo portarono i suoi passi sicuri, al margine della foresta che si affacciava su un ampio poggio di erba verde e viva, dal terreno ondulato. Al di là del poggio si poteva vedere l'orizzonte di un paesaggio di montagna, i versanti colmi di altre distese arboree suggestive. Naruto non volle concedersi di fermarsi ad ammirarlo, procedette invece in direzione parallela al limitare del bosco e continuò fino a superare un angolo di foresta che si protendeva di più rispetto al margine, ponendosi fra Van Helsing e ciò che c'era dall'altra parte.
Ma questo non importava, riusciva già a scorgerlo fra i rami e del fumo risaliva in cielo, oltre gli alberi. Superati questi, vide finalmente il casolare fatto con nient'altro che pietre e malta, tranne che per il tetto di legno e la porta e poche finestre. Non c'era cosa che fosse cambiata dalla sua ultima venuta lì, persino le galline e i polli erano lasciate ancora libere di chiocciare in giro; e il cane - un grande lupo dal pelo grigio argenteo che se ne stava pigramente accucciato sull'erba - abbandonò la sua posizione di noia canina e sollevò la testa nel primo momento in cui vide Naruto emergere dagli alberi, fino ad alzarsi in piedi e ad abbaiare come per salutare da lontano. Poi prese ad avvicinarsi zampettando sull'erba, la coda che si agitava con particolare felicità. Naruto si abbassò in ginocchio per ricevere il lupo d'argento e lasciare che lo accogliesse come se fosse felice di aver rivisto il suo vecchio padrone. Il baccano che aveva fatto per festeggiare il suo ritorno era indubbiamente arrivato anche all'interno della casa, poichè la porta di legno scuro si aprì con qualche difficoltà.
"Che cos'è tutto questo chiasso, Gabriel?"
Ne uscì una donna che si muoveva con una certa goffaggine, indubbiamente per via del fatto che era una persona alquanto in carne, vestita da contadinotta, un ampio fazzoletto sulla testa lasciava intravedere pochi capelli rossi sulla fronte. Quando vide cosa aveva causato l'esuberanza di Gabriel, le apparve la sorpresa meravigliata sul volto. Decisamente, lui era l'ultima persona che si aspettava di vedere dopo tutto quel tempo, tanto che lo stupore divenne gioia incredula e fece per avvicinarsi a lui.
"Signor Van Helsing! Sia lodato il Signore!"
Lo prese in un abbraccio da vecchia amica, Naruto rispose cordialmente alla sua calda accoglienza.
"È un piacere rivederla, siostra* Kornelia."
"Vi sapevamo alla forca. Siete fuggito?"
Mentre fu invitato a entrare, Naruto raccontò alla donna i suoi avvenimenti degli ultimi giorni, mangiando una calda e deliziosa zuppa di ortaggi che lo avrebbe aiutato a riprendersi dalla stanchezza del viaggio; dal centro dell'Italia fino ai confini della Polonia era un viaggio lungo anche per lui. Accarezzando distrattamente la testa di Gabriel, il pensiero passò alla seconda persona che abitava quella modesta dimora.
"Siostra... lei come sta?"
La donna Kornelia capì subito l'obiettivo dalla domanda ma, sentendola, il suo viso cordiale e allegro fu coperto da un velo di tristezza tragica. Notando questo, Naruto cominciò ad allarmarsi.
"Ah, quella poverina... temo che sia bloccata a letto, ormai è così da molto tempo. Il dottore è venuto a visitarla l'altro ieri: è malata per un cancro terminale allo stomaco. Non riesce a mangiare nulla, è sempre più debole e accusa forti dolori. Ed è anche molto affranta, invoca ogni giorno il vostro nome; non ho neanche avuto il cuore di informarla della vostra condanna alla corda."
"Allora è qui?"
"Sì, certamente. Vorreste vederla?"
Naruto acconsentì e, pur lasciando la zuppa a metà, si alzò dal tavolo per farsi guidare da Kornelia. Questa condusse entrambi davanti a una tenda logora che era l'ingresso di una stanza, Naruto la scostò e accedette all'interno, entrando in una camera dal tetto basso, l'odore di vecchio arieggiava nell'ambiente. In fondo alla stanza vi era un rudimentale letto di legno e su di esso, coperta da una coperta di lana tessuta a mano, vi era la donna morente menzionata da Kornelia; non era ben visibile se dormisse o meno. La contadinotta acconsentì alla richiesta di Van Helsing di lasciarlo solo là dentro, così lui si potè avvicinare di più al letto e osservarne l'ospite più da vicino.
Ebbe un doloroso tuffo al cuore nel primo momento in cui vide la povera vecchia moribonda, riconoscendo ben poco in lei della persona che conosceva, con i capelli bianchi e crespi lasciati liberi, la pelle ormai cadente e priva della sua elasticità, segnata ovunque da rughe profonde, gli occhi incavati... sì, gli occhi, aperti a malapena e lasciavano intravedere uno spiraglio di bianco, come fossero del tutto privi di iride e pupilla. Tuttavia quegli occhi erano svegli e, per quanto resi inespressivi dal dolore, parvero riconoscere Naruto non appena lo intravidero. Una voce rauca e sconnessa dalla vecchiaia uscì da quelle labbra screpolate.
"Van Helsing... sei tu?"
"Sì, sono io. Sono tornato."
Ricevuta tale risposta, sorrise con tale gioia e felicità che sentì il suo stesso cuore risanarsi. Alzò una mano, guidata dall'eccitazione, facendo per raggiungere il volto di Naruto che si era chinato accanto al letto; questi prese per sè quella mano raggrinzita e la tenne fra le sue. Il suo lavoro lo aveva reso un uomo efficiente e spietato, tanto da indurre a credere che ogni forma di affetto in lui fosse svanita: ebbene, chiunque lo credeva era in errore, certamente non lo aveva mai visto versare una lacrima per quella povera donna in agonia. Si protese in avanti, così da premere le sue labbra contro quelle di lei. Vi si soffermò per due brevi secondi, poi si allontanò e rimase a vedere, come in attesa di qualcosa. La donna chiuse completamente gli occhi, espirando profondamente aria come se si fosse addormentata senza più alcun dolore, in totale serenità. Infine, dopo un'altra piccola attesa, accadde ciò che Naruto stava aspettando e assistette al prodigio. Accadde tutto contemporaneamente: dal punto dell'attaccatura dei capelli apparve un intenso colore nero notturno, che si dilagò e soppiantò velocemente tutto il bianco, mentre la pelle acquisì più elasticità e giovinezza, facendo sparire le rughe; e quel volto, vecchio e colmo di dolore solo qualche momento prima, fu presto avvolto da una carnagione nivea, abbagliato da una bellezza innaturale che sapeva di angelico. Proprio come se lo scorrere del tempo avesse sortito un effetto contrario e rapido, la vecchia morente era tornata a essere una fanciulla graziosa e nel pieno della sua giovinezza; più che bellissima, una vera visione. La vide aprire gli occhi - ora dotati di un particolare e dolce colore lillà che prima la vecchiaia aveva sbiadito fino a farli diventare quasi del tutto bianchi - e alzare la schiena mettendosi a sedere. Guardò le sue mani, le dita esili e lisce come non le vedeva da molto tempo; con esse si toccò il volto, la pelle era altrettanto delicata e non più incavata attorno agli occhi e sulle guance. E poi il dolore all'addome, il costante senso di nausea e la debolezza... tutto svanito, il suo corpo completamente guarito e libero. Volse lo sguardo accanto a sè, cogliendo quello di Naruto, e sorrise estasiata.
"Van Helsing... Naruto!"
Si gettò su di lui per abbracciarlo, colma di felicità per la sua miracolosa guarigione e per il ritorno del suo salvatore e amante. Allo stesso modo, Naruto fu felice di condividere la sua gioia e avvolgerla nello stretto abbraccio.
"Sei meravigliosa, Hinata. Sempre."
Si separarono solo per ricongiungersi in modo diverso, appropriandosi a vicenda con le labbra, uniti del loro profondo bacio di amanti e intenti a scambiarsi quelle sensazioni di cui si erano dovuti privare a lungo. Separatisi, non ebbero nulla da dirsi, almeno niente che non potessero già dirsi semplicemente con gli occhi. Poi lei volse lo sguardo oltre Naruto, fuori dalla stanza, dove lei desiderò andare e si alzò dal letto con ritrovata esuberanza, giungendo fino in cucina e trovandovi Kornelia.
"Siostra Kornelia!" La donna, sentendosi chiamare, si voltò e vide la giovane Hinata sulla soglia, visione che indusse anche lei a sorridere gioiosamente e a congiungere le mani per ringraziare il cielo. Era contenta per il ringiovanimento della fanciulla ma non sorpresa, incredula, spaventata o altro, come se la considerasse una cosa normale; pur sempre prodigiosa, ma normale.
"Mia cara figliola, che gioia rivederti in salute!"
Si abbracciarono come fossero madre e figlia, condividendo la bellezza dell'evento anche con il lupo Gabriel. Subito dopo, notando i raggi del sole che facevano filtrare giochi di luce prismatici attraverso la finestra, Hinata fu tentata di uscire fuori e così fece; avvolta dal caloroso abbraccio del sole, sentendosi completamente libera, corse coi piedi nudi sull'erba luccicante di rugiada e si soffermò sull'estremità del poggio, ammirando un panorama naturale che credeva di aver dimenticato. Respirò a fondo l'aria pulita e fresca e portatrice dell'odore di sempreverde e dell'umidità dei boschi: perfino le montagne che erano la sua casa si allietavano con lei per la sua avvenuta guarigione. Chiuse gli occhi, immaginando di essere una cosa sola insieme a tutto quello che aveva intorno, sentendosi poi toccata sulla spalla da una mano forte e che la toccava con delicatezza. Girandosi, si strinse di nuovo a Naruto, che l'accolse a sua volta. Da mesi, ormai, non le era bastato più il solo ricordo di lui... desiderava anche il suo ritorno.
"Non volevo abbandonarti così a lungo." disse Naruto, sinceramente dispiaciuto "Mi dispiace davvero."
"Sono sempre stata qui ad aspettarti."
Ricordò che Padre Hiruzen gli aveva detto che il conforto più grande veniva dato dal Signore. Forse era davvero così, ma lui non ne aveva bisogno. Il macabro lavoro di Cavaliere del Santo Ordine gli opprimeva spesso l'animo e, per quanto tentasse di mantenerlo saldo, più di una volta si sentiva oppresso da quello che toccava ogni volta fargli. Tuttavia, anche questo poteva essere placato dalla serenità, una serenità profonda e grande che solo Hinata era in grado di dargli, senza che avesse bisogno di altri aiuti dalle gerarchie paradisiache. Afferrò Hinata mettendo un braccio attorno alle sue spalle e l'altro sotto le ginocchia, per poi abbassarsi e deporla sull'erba. Si chinò anche lui, le sfiorò le labbra con il più leggero dei baci. Una mano di lei premette sulla sua schiena affinchè si abbassasse di più, fino ad avere l'orecchio a portata di un dolce sussurro.
"Ti aspetterò sempre. Ti amerò per sempre."
E sentendole dire questo, lui sorrise di cuore.

*Siostra= in polacco, "sorella"
 
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view post Posted on 28/11/2014, 09:36
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CAPITOLO 6:
La santa strigoi



La vista dei monti era ancor più bella se osservata stando seduti sul ramo di un albero, proprio come era per Naruto e Hinata. Il giovane non si era mai preso la briga di raccontare di avere come amante una creatura tanto particolare, ancor meno a qualcuno del Santo Ordine o al cardinale Hiruzen. Non temeva le loro reazioni, pensava solamente che ciò non avesse a che fare con loro e con quello che facevano, anche se lei era una strigoi; non apparteneva a quella categoria di Vampiri che cercano la loro sopravvivenza a spese delle altre persone, quei mostri che loro dovevano uccidere perchè costituivano una minaccia per la gente ignara. Questo non era il caso di Hinata, una Vampira di diversa natura e unica nella sua specie.
Già il destino era stato crudele in vita con lei, non era necessario che subisse anche le crudeltà degli uomini nella sua morte vivente. Malata sin dalla nascita, con una costituzione debole, il corpo esile e quasi scheletrico, a malapena capace di camminare a passi strascicati, da bambina aveva ricevuto tutto l'amore di sua madre, di suo padre e di siostra Kornelia... ma era un amore che sapeva di pietà, pietà per una povera creatura storpia che sarebbe cresciuta con un aspetto bruttino, mai desiderata da alcun uomo, senza provare mai la bellezza di un amore vero. Il suo fisico troppo debole segnò la sua fine prematura, giunta all'età di ventidue anni. Il dolore della perdita fu insostenibile per la donna che l'aveva messa al mondo, già vedova e ora privata dell'unica figlia che aveva messo al mondo... ma pur di riavere ciò che aveva perduto, fu disposta a scendere a patti con il Diavolo stesso, spinta solo dalla disperazione di una donna che non aveva più nessuno. Il patto fu un'anima per un'anima: a costo della sua, implorò il demonio affinchè sua figlia tornasse a vivere, dotata della bellezza e del fascino che le erano stati negati. Fu così che Hinata tornò alla vita sotto forma di strigoi, una Vampira di diversa natura da quella che aveva infettato l'Europa. La madre, come da patti, dovette concedersi al Diavolo, lasciando a siostra Kornelia il suo ultimo desiderio di aver sempre cura di Hinata. La giovane strigoi soffrì a lungo per la morte della madre, condannatasi a soffrire le pene dell'inferno per riportarla fra i vivi. Tuttavia, tale sacrificio le permise anche di comprendere che l'affetto di sua madre non aveva mai avuto a che fare con la compassione, che lei era sempre stata un suo grande tesoro, storpia o no.
Inoltre, col tempo, riuscì a scoprire le facoltà e i limiti della sua nuova natura di strigoi. Soprattutto, scoprì il segreto più importante: il fondamentale sostentamento di cui aveva bisogno per mantenere quella non-vita, non era l'abbeverarsi di sangue umano come per tutti i Vampiri conosciuti. Il segreto era l'amore. Quell'amore che non le era mai stato concesso da nessun uomo, un amore che non fosse evocato dalla passione sessuale che il suo nuovo aspetto, leggiadro e bellissimo, avrebbe potuto risvegliare in chiunque; ciò di cui aveva bisogno era un amore fine a se stesso. E a concederle tutto questo, a donarle ciò che in vita non aveva mai posseduto, fu il giovane e affascinante Van Helsing. A quest'ultimo erano giunte discrete voci sulla possibile esistenza di un Vampiro ai piedi dei Carpazi polacchi, ma ciò che trovò lì lo segnò per sempre. Quando ebbe incontrato Hinata e scoperto la sua natura così misteriosa e particolare, ne fu subito affascinato; non solo per il suo aspetto, che rasentava più l'angelico che il vampiresco, ma per il suo animo incredibilmente dolce come non aveva mai visto in nessun'altra fanciulla. Era una Vampira ma aveva il cuore più puro del mondo. Era stata resuscitata dal demonio, eppure sembrava baciata dagli angeli: una santa strigoi. Aveva capito subito che quella dolcissima creatura lo aveva segnato profondamente... no, lo aveva fatto inconsapevolmente innamorare di lei.
L'incontro non era stato meno particolare per Hinata, che era rimasta piacevolmente colpita da quel fascino misterioso che circondava il giovane. Per la prima volta si sentì veramente apprezzata, amata con sincerità e desiderata indipendentemente dal suo aspetto. Non trascorse molto tempo prima che scoprissero di provare reciprocamente quel profondo sentimento. Tuttavia, il Santo Ordine richiedeva urgentemente la presenza di Naruto al Vaticano, richiamo che lui non aveva potuto ignorare per evitare di allarmare i Cavalieri e indurli a venire a cercarlo lì, dove avrebbe dovuto dare non poche spiegazioni.
Sia lui che Hinata furono subito consapevoli che non sarebbe stato possibile vivere per sempre del loro amore finchè lui continuava a essere coinvolto in quell'eterna guerra fra Vampiri e Cavalieri, e non poteva non prenderne parte. Dovette abbandonarla, lasciandole la promessa che sarebbe tornato a restituirle l'amore. Quello che le aveva lasciato nei giorni trascorsi insieme, benchè fosse durato poco era stato intenso abbastanza da permettere a Hinata di conservare la sua non-vita per più di un anno. Trascorso il tempo, il corpo della fanciulla aveva cominciato a invecchiare, avvicinandosi sempre più alla pietosa condizione di trovarsi bloccata a letto e con la malattia terminale allo stomaco, nonostante le premurose cure di siostra Kornelia.
Adesso lui era tornato, mantenendo la promessa fatta e donando a Hinata un nuovo soffio vitale d'amore. Potevano nuovamente godere dell'essersi ritrovati, bisognosi di nient'altro che stare insieme.
"È tutto proprio come rimembro." disse Naruto "No, direi che è ancora più bello."
"Si dice che non esista posto più bello della propria casa. " Hinata poggiò dolcemente il capo al braccio di lui "Ma per me, qualsiasi posto in cui io possa averti accanto è meraviglioso."
Sentendole dire questo, Naruto si sentì felice e malinconico al tempo stesso: felice perchè era lui che riceveva unicamente per sè quell'amore incondizionato, che non cambiava nè diminuiva, qualunque cosa accadesse o per quanto tempo passasse; malinconico perchè non si sentiva meritevole di un tale beneficio, perchè aveva deciso di allontanarsi da lei, anteponendo i suoi doveri e lasciandola a marcire in quel luogo sperduto e lontano da tutto. Hinata lo guardò, aveva un'espressione perplessa, sembrava cercasse di capire qualcosa da lui; solo allora Naruto si ricordò della sua facoltà di scrutare nei cuori altrui e adesso lei lo stava facendo con il suo.
"Hinata, io..."
Ma non ebbe modo di dire nulla, la frase morì nel bacio che Hinata gli diede. Dapprima fu sorpreso, poi si lasciò andare a quel reciproco massaggio fra labbra, alla danza d'amore fra le lingue. Furono momenti di beato smarrimento.
Separatasi da lui, Hinata si abbandonò sul suo petto, una mano le accarezzava i capelli.
"Perchè ti tormenti così? Non ne hai motivo."
"Perdonami, Hinata... ma a volte non sono sicuro di meritare tutto quello che mi dai."
"Non credi che spetti a me decidere questo?"
"Come puoi scegliere me, allora? Io che sono dieci, cento, mille volte assassino solo per un mio vecchio rancore che non si placherà mai. Odio a morte tutti i Vampiri, attraverso monti e valli per colpire, sterminare, profanare. Per quanto ci pensi, non mi è chiaro per quale motivo qualcuno possa avere a cuore un uomo come me."
Hinata pose l'orecchio sul petto, proprio sul muscolo cardiaco. I battiti di Naruto le giungevano sonori, colmi di emozioni, come una sinfonia ritmata che la cullava. Era un suono così dolce che le rasserenava l'animo, facendola sorridere.
"Perchè quel qualcuno sa ascoltare." rispose "Posso sentire il tuo cuore. Dice: "Io odio. Io amo". Odi la notte e i suoi mostruosi figli, odi il sangue che loro bevono perchè in esso vi è anche il sangue della tua famiglia distrutta... e più di tutto, odi quel vuoto che si è aperto dentro di te quando avevi sei anni, un vuoto che neanche la caccia al Vampiro riesce a colmare.
Ma adesso, in questo momento, tu ami quel vuoto. Lo ami perchè sei riuscito a colmarlo e ami soprattutto ciò con cui lo hai riempito, qualcosa che io soltanto posso darti: tu ami me, posso sentirlo."
Non c'era una sola parola sbagliata, ogni cosa detta da Hinata era una grande verità. Era vero che anni e anni di dolore lo avevano amareggiato, indurito, reso una persona fredda come il ghiaccio, con un animo ferito e con quel vuoto completamente nero; così come era vero che la purezza di quella leggiadra fanciulla era talmente grande che lo aveva raggiunto, era entrata dentro di lui e aveva rischiarato il pezzo oscurato della sua anima con una nuova luce. E questo Hinata lo sapeva.
"Questa è la prima volta che io mi sento amata, apprezzata, indispensabile. Sono parte di una cosa tanto bella come il tuo cuore rigenerato, il tuo amore risvegliato. Desidero veramente avere tutto questo per me e non voglio rinunciarvi. Ti amo dal profondo di me stessa."
Era sovrannaturale come riuscisse a guardare così a fondo dentro di lui. Lei, la sua assoluta purezza e dolcezza, la luce della serenità che gli infondeva... finalmente, tutto questo avrebbe potuto essere suo per sempre. Ora che la sua crociata contro i Vampiri era prossima alla fine, mancava poco alla sua possibilità di rimanere al fianco di Hinata.
"Hinata, ho bisogno del tuo aiuto."
Dapprima lei fu perplessa per l'improvvisa affermazione. Poi, acconsentendo, tornarono entrambi dentro la casa, dove siostra Kornelia preparò a entrambi una gradevole tisana di erbe. In seguito, su richiesta di Naruto, uscì dalla stanza per consentir loro di parlare da soli. Hinata aveva notato la sua serietà, intuì che doveva trattarsi di qualcosa di importante. Prima che chiedesse cosa fosse, fu lui a prendere la parola.
"Che cosa mi puoi dire riguardo a Vlad III, detto l'Impalatore?"
Subito dopo la sua domanda, notò un cambiamento nell'espressione di Hinata, intuendo che lei conosceva la risposta che aveva chiesto. Non si aspettava che fosse diversamente, conosceva la sua immensa sapienza su ogni cosa riguardante il sovrannaturale, anche su segreti non riportati neanche sul più antico manoscritto. Hinata era convinta che questo fosse la sua più utile dote di strigoi, poichè la conoscenza era il tesoro più prezioso ed era anche un grande potere.
"È del Principe della Valacchia che stai parlando." disse "Lo strigoi dei Vampiri di sangue."
"Sì."
"La sua origine e il suo patto risalgono a più di quattrocento anni fa. Esistono molte storie sulla sua grande virtuosità verso la gente che lo amava e che lo rispettava, ma anche sulla sua terribile crudeltà verso chi era colpevole di tradimento o di inganno. Non a caso era noto come l'Impalatore, poichè castigava trafiggendo le sue vittime con lunghi e grossi pali. Si dice anche che amasse banchettare stando seduto davanti alla foresta di impalati, talvolta anche bevendo il loro sangue. Nonostante questa sua reputazione, la sua gente lo ammirava e lo rispettava perchè li proteggeva e combatteva senza sosta contro le armate dei Turchi.
Fu proprio durante una di queste campagne che subì il tradimento di Gregor Clegane, il servo in cui aveva riposto la sua fiducia più che in chiunque altro. Quando scoprì l'artefice della sua morte, perse la sua natura umana ancor prima che scendesse nell'Inferno."
"In che senso?"
"Non fu capace di accettarlo, il tradimento era quanto di più oltraggioso potesse esistere, per lui; ed essendone stato lui stesso vittima, nel momento prima di esalare l'ultimo respiro, divenne una bestia. Era diventato un demone, sia nell'anima che nel corpo, con una nuova natura occulta che lo accompagnò nella sua discesa agli inferi. Fu con questa sua nuova bestialità che si presentò davanti a Lucifero, offrendogli la sua anima e quelle delle sue vittime, in cambio di una seconda esistenza. Così ottenne una vita che avrebbe potuto mantenere per l'eternità abbeverandosi di sangue, il nutrimento vitale di cui la bestia abbisognava. Lo strigoi era apparso sulla Terra e con il suo morso creò i suoi nuovi seguaci, per mezzo dei quali adempì alla sua vendetta contro Gregor. Ma anche i suoi Vampiri lo abbandonarono, diffondendo la loro piaga nel continente e lasciando che Vlad marcisse da solo nel suo castello."
Hinata fece una pausa, Naruto rimase assorto a pensare la storia narratagli. Anche lui aveva sempre potuto vantare una buona sapienza sui segreti dei Vampiri - pur non come Hinata -, ma questa era la prima volta che veniva a conoscenza delle origini di una specie così oscura e mostruosa. Persino il primo di loro, lo strigoi, era nato come un essere umano.
"So che si trova ancora lì" disse.
"Sì, da secoli. Oggi ha quattrocentoquarantanove anni."
"Mi è stato detto che è una creatura di una categoria molto elevata rispetto a un comune Vampiro. Come si fa a distruggere un essere simile?"
Ma quello che chiese fece alzare di scatto Hinata dalla sedia, spinta da un impeto di preoccupazione e paura che aveva dipinte in volto. Dapprima Naruto fu confuso da tale atteggiamento, poi la ragazza ne spiegò il motivo con la voce rotta dai suoi timori.
"Vuoi... vuoi dargli la caccia? Vuoi davvero andare lì... e combatterlo?"
"Devo farlo. È mio dovere."
"No! Non puoi! Si tratta dello strigoi, l'essere più demoniaco e potente di questa Terra!"
Era terrorizzata, Naruto lo vedeva, ma non dal potere dello strigoi quanto dalla possibilità che lui non sarebbe tornato vivo dalla sua missione. Lo era a tal punto che voleva indurlo ad abbandonare i suoi doveri, ferma e decisa a non lasciarlo andare nel covo del male. Naruto le era grato per la sua grande premura, ma non aveva nè il potere nè la volontà di tirarsi indietro. Si alzò dalla sedia per raggiungere Hinata, le prese le spalle in un tentativo di confortarla dalle sue paure. Ma prima che dicesse qualcosa, fu lei a continuare a insistere, con voce più bassa ma prossima alle lacrime.
"Come puoi pensare di andartene? Io sono qui. La tua felicità è qui. Tutto il nostro amore e i nostri ricordi sono qui."
"Ti prego, Hinata, calmati."
"Hai ottenuto più di quanto chiunque potesse bramare." lei lo guardò negli occhi, supplicando con i suoi che erano lucidi "Sei diventato il più potente cacciatore di Vampiri del mondo. Ma voler affrontare una tale impresa... è da martiri."
"È molto più che martirio. Hinata, guardami."
Aveva volto lo sguardo verso il basso, incapace di mostrargli le lacrime che avevano preteso di uscire. Quando tornò a guardarlo, Naruto prese dolcemente il suo viso fra le mani, fece scorrere i pollici sotto gli occhi per asciugarle tutta quella tristezza.
"Proprio per questo." disse "Proprio per tutto quello che ho qui, io andrò a uccidere lo strigoi. Non sarà la mia fine, ma la sua. E con essa verrà anche quella di tutti gli altri Vampiri e di questa eterna crociata. Attraverso la fine di tutto questo noi potremo avere un nuovo inizio, con null'altro che noi stessi. Solo allora, solo in quel momento sarò finalmente libero di tornare qui, eseguire lo svincolo del tuo patto e romperlo. Tornerai umana, nel pieno di tutta la tua bellezza, neanche l'eternità potrà frapporsi fra noi. Ma ti prego..."
Stavolta fu lui a supplicare. Aveva preso atto della paura e degli ammonimenti di Hinata, capiva che stava andando incontro alla battaglia ma anche incontro a una vittoria improbabile, se non impossibile. Ciononostante, mai come ora aveva avuto un così valido motivo per rischiare tutto se stesso.
"... ti prego, aiutami."
Hinata fu capace di vedere quanto fosse disperato il suo bisogno, quanto abbisognasse di un aiuto che solo lei poteva dargli. Capì, inoltre, che non insisteva perchè sottovalutava il pericolo, ma perchè bramava quello che lo aspettava al di là di questo. Potè vedere nel cuore di Van Helsing i suoi desideri di felicità, pace, serenità... potè vedere il desiderio che aveva di lei. Ma una tale ricompensa richiedeva uno sforzo altrettanto grande, il compimento della sua ultima fatica.
Anche lei voleva tutto questo, impaziente del momento in cui avrebbe potuto concedere a Naruto anche il suo corpo, oltre che la sua anima, eseguendo così lo svincolo. Nonostante fossero fatti con il Diavolo, tutti i suoi accordi avevano una scappatoia, una sorta di clausola che avrebbe sciolto il patto; come una chiave per ogni lucchetto. Ma era sempre difficile scoprire quale fosse lo svincolo di un patto, poichè poteva trattarsi di qualunque cosa, qualunque azione particolare; Hinata era riuscita a scoprire che, nel suo caso, la sua castità doveva essere ceduta a chi le forniva il nutrimento d'amore, ma per molto tempo aveva visto negli uomini solo fini passionali. Ora Naruto l'aveva trovata, ma non era libero di eseguire lo svincolo, non ancora.
Hinata tornò a sedersi, pensando per qualche momento a qualcosa.
"Con quale metodo hai rafforzato il potere della tua aura?" chiese infine.
Naruto fu dapprima perplesso per la domanda, poi diede la risposta.
"Ho trascorso i primi anni di addestramento con i Cavalieri per impararne l'esistenza e la manipolazione. In seguito ho cercato di discernere gli insegnamenti trascritti sul trattato di magia Il Sepher Yetzirah."
"Il Sepher Yetzirah? Dunque hai imparato a rendere la tua aura sempre più potente prendendo possesso di quelle dei Vampiri che hai ucciso. Quest'arte è così antica, non immaginavo sapessi controllarla."
Fu allora che Naruto fu sicuro di vedere un cambiamento nell'espressione e nell'animo di Hinata, come se fosse diventata certa di qualcosa e speranzosa. Lo era a tal punto che era tornata in piedi.
"Per molto tempo hai lasciato che le tue abilità progredissero in tal modo, facendo crescere il tuo potere. Sei diventato molto forte, ma non lo sei ancora abbastanza per distruggere Vlad."
"Non ancora? Quanto potere dovrò ancora acquisire? Per quanto tempo dovrò ancora aspettare?"
"Ora come adesso... troppo."
L'ultima parola bastò per rispondere a entrambe le domande di Van Helsing, ma non fece altro che amareggiarlo di più. La sua bramata libertà era sembrata così vicina, quasi a portata di mano, mentre ora si allontanava da lui e allungava il suo percorso. Tuttavia fu Hinata a incoraggiarlo e a ridargli speranza.
"Non disperare. È vero che ti occorre ancora molto potere per eguagliare quello di Vlad; un cacciatore coi tuoi stessi metodi impiegherebbe mesi e mesi di caccia ininterrotta, forse anni. Però esiste un modo per superare più rapidamente questo baratro."
"Davvero? Hinata, dimmi di cosa si tratta e la farò, qualunque cosa essa sia."
"Aspetta, non essere precipitoso. Anche se questo metodo sarà più rapido, non vuol dire che sia meno difficile. Ciò che ti serve è la forza dell'aura di Vampiri molto particolari, ma non quelli contaminati da un comune morso: devi dare la caccia a un nosferatu.
I nosferatu sono feroci, sono potentissimi. Sono l'arma più terribile delle tenebre, secondi solo allo strigoi."
Naruto girò leggermente la testa, segno di quanto fosse completamente rapito dalla sua spiegazione. L'argomento lo interessava così tanto che voleva conoscere di più.
"Questi nosferatu hanno a che fare con lo strigoi Vlad?"
"Sono stati creati da lui stesso, così che potessero servirlo nel cercare la sua agognata vendetta. Ma venivano trattati con disprezzo, come schiavi, e per questo abbandonarono Vlad subito dopo aver assolto il loro compito. Così si sparpagliarono nel continente e crearono dei loro subalterni, in modo che stavolta potessero avere loro il potere di comandare. Morso dopo morso, la piaga del Vampiro sanguinario si è diffusa.
Le facoltà di un nosferatu sono a un livello superiore rispetto a un normale Vampiro, ognuno di loro possiede un potere speciale che lo contraddistingue dagli altri. Oggigiorno non fanno che vivere nell'oscurità, addestrando tutti i nuovi Vampiri nelle arti dell'occulto."
"La Scholomance." concluse Naruto, ricevendo un assenso di conferma "La Scuola del Diavolo."
"Nonostante il nome, non si tratta di un luogo specifico come una scuola vera. Ovunque si svolgano insegnamenti fra nosferatu e Vampiri, la Scholomance è lì."
"E questi nosferatu sono legati ai Vampiri cui fanno da maestri?"
"Sì, per loro sono importanti."
"Quindi, se un Vampiro discepolo dovesse essere in pericolo..."
"... il nosferatu maestro apparirebbe per proteggerlo."
"Allora perchè? Perchè, con tutti i Vampiri che ho ucciso e a cui ho risucchiato l'aura, non è mai apparso un nosferatu?"
"Forse durante le tue prime cacce ti è sfuggito, non saprei dirti... ma tu sei Van Helsing, uno dei più abili Cavalieri del Santo Ordine. Adesso anche i nosferatu ti temono. Per quanto sono potenti, non uscirebbero fuori a fronteggiarti neanche per proteggere i loro discepoli.
Uccidi un nosferatu, Naruto, e assorbi tutta la sua aura. Così facendo, avrai abbastanza potere da fronteggiare l'Impalatore."
Naruto restò in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto e la mente che elaborava tutte le informazioni ottenute, informazioni che non avrebbe mai trovato in nessun manoscritto nascosto nel Vaticano e che nessuno, all'infuori di Hinata, avrebbe potuto fornirgli. Scovare un Vampiro e attirare il nosferatu sarebbe stato un piano semplice, ma la sua stessa reputazione lo mandava a monte già dall'inizio. Non c'era altra scelta che costringere un Vampiro a condurlo direttamente alla preda.
Guardò Hinata, concedendo al suo cuore un altro apprezzamento silenzioso sulla sua bellezza e sulla sua bontà d'animo. Si avvicinò a lei, si inginocchiò in modo da avere gli occhi alla stessa altezza e fece scorrere dolcemente la mano sul viso. Le parole pronunciarono la solenne promessa che già cercava di dirle con lo sguardo.
"Tornerò. Ucciderò lo strigoi e tornerò, lo giurerei davanti a tutte le gerarchie celesti."
E suggellò tale promessa con un casto bacio.

Sakura osservava tutto il paesaggio circostante, la testa che sporgeva dal finestrino della carrozza. In quel modo doveva tenere fermo con una mano il modesto cappello piumato per evitare che volasse via, ma tanto erano l'entusiasmo e il piacere con cui osservava il paesaggio vicino: verdi pendii boscosi le scorrevano davanti, cosparsi di qualche occasionale fattoria o villaggio di contadini. L'aria era pulita, dolcemente satura di odore della natura e dei boschi, l'erba e gli alberi erano verdeggianti e in fiore. E poi la bellezza dei monti, quanto era affascinata dalla vista di quei lontani picchi a spirale, i Carpazi transilvani.
"È bellissimo. Ogni cosa è come ha promesso il Conte."
"Sakurina, non ti esaltare troppo o ti stancherai prima di arrivare a destinazione."
La voce di Stefan le giunse distaccata, fredda, nulla che si potesse sentire da un marito affettuoso. Sakura tornò a malincuore dentro la carrozza, preferendo non contestare Stefan e non provare a distrarlo dal mare di pensieri che lo assillavano da fuori quel finestrino.
Un tale atteggiamento non era mai stato tipico di Stefan, ormai erano molti giorni che era nervoso e parlava poco, anche con lei. Sakura aveva ben notato che si comportava così sin dalla sera della loro cerimonia, lo era a tal punto che non avevano neanche consumato la prima notte di nozze e neanche quelle successive... e di questo non riusciva a comprenderne i motivi. Faceva di tutto per stare vicino a suo marito, offrirsi per ascoltare i suoi cupi pensieri e dargli qualche parola di conforto.
Era il loro matrimonio, il loro essersi sposati, che lo rendeva così chiuso in se stesso? O era il viaggio che avevano intrapreso attraverso l'Europa per giungere in Transilvania? In effetti, pensando a quest'ultima possibilità, Sakura si rese conto che l'idea del viaggio l'aveva estasiata parecchio, tanto da dimenticare di chiedersi se l'approvazione che Stefan aveva dato al Conte fosse stata sincera.
"Stefan... quali motivi ci sono per questo tuo turbamento?"
Stefan si voltò nel modo di qualcuno che si è appena risvegliato e si rende conto solo ora di non essere più solo, nonostante avesse rivolto la parola a Sakura solo qualche momento prima. Parve aver compreso la sua domanda solo dopo più di un momento.
"Io... sono solo stanco. Navi, carrozze, treni... il viaggio mi ha solo reso esausto, tutto qui."
Chiunque altro avrebbe creduto alla sua affermazione evidentemente falsa, considerando anche che il tramonto era prossimo e la notte era al suo seguito. Ma non Sakura, che aveva capito che quelle parole non corrispondevano alla verità, non a quella che cercava. Cionondimeno, non ebbe più la forza di disturbarlo e portare avanti una discussione, e tornò a guardare silenziosamente fuori dal finestrino. Il paesaggio sembrava mutato di colpo, completamente diverso da quello sgargiante e primaverile che poco prima la affascinava: adesso la vegetazione era rachitica, la terra era più incolta e sabbiosa. Degli alberi spogli, quasi morti, con i rami secchi che si protendevano verso il cielo, aprivano un passaggio attraverso un pezzo di foresta dove anche la luce del crepuscolo faticava a farsi strada fra le alte fronde dei pini. Doveva ammettere che tutto aveva assunto un'aura inquietante.
Poi la sua attenzione fu rivolta altrove, notando qualcosa di molto alto e scuro che si innalzava oltre gli alberi, qualcosa che riconobbe essere gli imponenti bastioni di pietra di un castello. Ma fu solo dopo aver attraversato la foresta che ebbe di che restare sorpresa, sconcertata di fronte alle dimensioni e alla grandiosità della residenza del Conte. Tutto il grigiore che aveva provato per via dell'ultimo tratto di paesaggio attraversato, svanì, lasciando posto a una gioia immensa dovuta alla consapevolezza che avrebbero trascorso le prossime giornate in un tale maniero.
La carrozza si fermò in fondo alla scalinata di pietra, contemporaneamente al portone di legno pesante che si aprì; sull'entrata apparve Sasuke Uchiha, dal portamento di fiero Conte, ancora con l'insolito pallore della sua pelle che veniva sottolineato dal mantello scuro. Subito dopo di lui, lo seguirono quelli che dovevano essere tre dei suoi domestici.
"Stefan." disse Sasuke, accogliendolo a braccia aperte "Che bello rivederti."
Stefan ricambiò l'abbraccio di benvenuto. Poi le attenzioni del Conte si spostarono immediatamente su Sakura.
"Mia cara milady, è un grande piacere rivedere anche voi. Benvenuta al maniero Uchiha, la dimora della mia famiglia."
Seppur silenziosamente riluttante, Sakura dovette lasciare che le prendesse di nuovo la mano con il suo tocco freddo, attenuato dal leggero calore delle labbra posatesi sul dorso. Ciononostante, accettò la sua cordialità.
"La ringrazio, Conte. La vostra terra e il vostro castello sono davvero bellissimi, proprio come mi avete fedelmente descritto."
"Non dubitavo assolutamente che potessero affascinarvi. Sono lieto che la mia casa abbia potuto soddisfare i vostri desideri di viaggiare e le vostre aspettative."
Detto questo, si scostò e indicò i tre servitori con un gesto del braccio.
"Loro sono tre dei miei migliori domestici: Suigestu, Karin e Jugo." ognuno di loro accennò un inchino quando il suo nome fu pronunciato "Si prenderanno loro cura di voi, vi potrete rivolgere a loro per qualunque necessità. Con questo, mi auguro davvero che vi godiate il vostro soggiorno qui."
Senza attendere ordini dal Conte, i tre iniziarono ad assolvere subito i loro compiti: Jugo prese i bagagli di Stefan e Sakura, Suigetsu condusse via la carrozza e Karin, insieme a Sasuke, si offrì di condurre gli ospiti alle loro stanze.
Prima che terminasse di salire la scalinata, Sakura sentì giungere alle sue orecchie qualcosa che le raggelò il sangue. Notò che lei era stata l'unica a essere stata raggiunta da ciò che aveva udito, vedendo gli altri completamente ignari. Si voltò con discrezione verso l'infinita foresta di scuri sempreverdi, da cui era arrivato quel suono. Era l'ululato lontano e fin troppo riconoscibile di un lupo.
 
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view post Posted on 1/12/2014, 21:37
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CAPITOLO 7:
Castel Uchiha



Quando era arrivata finalmente in Transilvania, la lussureggiante bellezza di tutto il paesaggio aveva affascinato Sakura: ma nel mattino del loro arrivo aveva avuto modo di osservare ancor meglio la grande proprietà del Conte, una magnificenza che le toglieva il fiato. Dopo essersi alzata dall'ampio talamo che era stato offerto a lei e a Stefan, quella mattina non si era trattenuta dall'aprire le persiane e ammirare il versante di montagna ricoperto da ciliegi e alberi di prugne, oltre a un pascolo di contadini che era riuscita a scorgere più in là. Aveva avuto in mente di chiedere al Conte di accompagnarla a visitare quel magnifico pezzo di natura, tuttavia venne a sapere dal domestico Jugo che il padrone di casa si era dovuto assentare di prima mattina e affari urgenti lo avrebbero trattenuto per tutta la giornata; il tavolino da colazione era anche stato preparato solo per lei e Stefan, senza includere un terzo posto per il Conte, ma almeno era stato messo in un angolo di balcone dove giungeva una piacevole brezza, e adornato con un servizio da tavolo in oro che doveva valere una fortuna. Stefan aveva finito di fare colazione prima di lei, poi si era congedato dalla sua compagnia senza dire una parola, ritirandosi nel suo costante silenzio solitario in cui non voleva includere anche sua moglie. Sakura non potè fare altro che accettare senza dire nulla, incapace di protestare contro la sua volontà o infastidirlo per chiedergliene ripetutamente i motivi. Tutto ciò che rimaneva da fare era cercare di trascorrere la giornata per conto suo, decise di farlo esplorando quanto più possibile di quel maniero così vasto e colmo di antiche glorie. I tendaggi, la tappezzeria delle poltrone e dei divani erano dei tessuti più belli e costosi, intrisi di un valore secolare ma tenuti in condizioni eccellenti. Ciò che notò dopo un pò fu la strana assenza di specchi in ogni stanza; non uno appeso a una parte o appoggiato a un tavolino, nemmeno nella toeletta. Era da escludere che le usanze di quel paese fossero così diverse da quelle inglesi da non adottare l'uso degli specchi, perciò la attribuì a un'eccentricità particolare del Conte.
Continuando ad aggirarsi, per qualche momento ebbe l'impressione di essersi smarrita, finchè Jugo stesso non si offrì di guidarla attraverso alcuni dei passaggi e delle stanze del castello. In questo modo Sakura imparò un pò a memoria la locazione delle sue stanze, del salone da pranzo e della biblioteca. Li vi trovò, con suo grande piacere, un gran numero di libri inglesi, volumi rilegati di riviste e giornali. Scorrendo fra gli scaffali, vide che tutti quei libri erano d'argomento assai vario: politica, geografia, geologia, botanica, diritto, storia e anche letteratura.
"Mi sembra di capire che gradiate molto questa parte del castello" osservò Jugo.
"Davvero meraviglioso... oh, vorrei trascorrere qui dentro la mia vita!"
"Molto bene, il Conte sarà oltremodo lieto di mettervi la biblioteca a disposizione ogni qualvolta lo desideriate. Anche adesso, se lo volete."
Sakura si girò verso di lui, confusa dall'immediatezza di quel privilegio.
"Adesso? Ma... non dovremmo prima chiedere al Conte?"
"Sono certo che non ce ne sarà bisogno, gradirà molto la sorpresa nel vedere che la sua biblioteca vi rende così estasiata. Egli concede sempre ai suoi ospiti di sentirsi come a casa loro, permettendogli di stare a proprio agio. Perciò, signorina Haruno, facciate pure come se questa fosse la vostra casa."
Si inchinò in segno di congedo e, arretrando senza voltarsi, uscì dall'ampia stanza chiudendo le porte, lasciando così Sakura immersa in quel mare di sapere. La ragazza decise di seguire il consiglio dell'affabile domestico e iniziò a guardare fra gli scaffali, cercando un titolo che potesse interessarle. Non mancavano tomi narrativi nel contesto medio-orientale, antico, classico, moderno, poemi epici e - qui le si aprì il cuore - medievale. Vi era ogni opera di quel contesto che lei amava, dalle tresche amorose di Tristano e Isotta e di Lancillotto e Ginevra, alle valorose battaglie delle crociate e alle origini del regno di Avalon.
In quel momento come non mai desiderò poter leggere tutti quei libri in una volta, poichè scegliere su quale poggiare per primo gli occhi si rivelò scelta difficile. Alla fine optò per L'Orlando Furioso, immergendosi ancora una volta in mondo antico di secoli, persa a scorrere le righe di quelle pagine per diverso tempo e comodamente seduta sulla poltrona di pelle di cammello. La battaglia fra i Mori e i cristiani, la contesa per la bella dama Angelica, l'amore fra lei e l'umile fante Medoro, la pazzia che tale tresca causò nel cavalier Orlando, il viaggio di Astolfo sulla luna... lesse e lesse a lungo di tutto questo, quasi non tenendo conto di star stancando gli occhi. Questi cominciarono a reclamare a poco a poco il loro riposo, forzando le palpebre a chiudersi per dar loro il buio necessario; quando ciò accadde, Sakura si assopì per qualche momento, ma il riposo si trasformò senza volerlo in sonno profondo. Questo sonno trasportò la sua mente al di fuori dei bastioni di Castel Uchiha, sul pendio in un bosco illuminato dai raggi del sole che filtravano attraverso le alte fronde degli alberi. Il luogo le piaceva, così ridente di verde e di luce. Come chiunque avrebbe fatto in ogni suo sogno, non si pose domande su come avesse raggiunto quel posto, ma si comportò con naturalezza e scese il pendio per raggiungere il ruscello che si trovava alla pendice, vi si inginocchiò per raccogliere un pò di quell'acqua dolce fra le mani e abbeverarsene. Bevve due di quei freschi sorsi e si fermò prima del terzo, colta di sorpresa dall'improvvisa apparizione di qualcuno che, dall'altra parte del ruscello, rompeva la sua solitudine. Costui era a cavallo di un enorme corsiere nero da battaglia che scalpitava sulla riva, il corpo coperto da un'imponente armatura e il volto oscurato dalla celata di un elmo attraverso il quale la stava chiaramente guardando. Lei tornò a mettersi in piedi mentre lui non si spostò da lì, momenti di cui il cavallo approfittava per dissetarsi anch'esso dal ruscello. Alla fine, dopo qualche momento di silenzio fra i due, il cavaliere si decise a dare un'incitazione al cavallo affinchè attraversasse il corso d'acqua, Sakura restò in ansiosa attesa che la raggiungesse. Quando lui le giunse accanto, afferrò l'elmo da battaglia e se lo tolse, rivelando alla luce un volto che Sakura riconobbe chiaramente come quello di Sasuke Uchiha. Nonostante ciò, non ne ebbe alcuna sorpresa, nè trovò strane le vaghe differenze che quel cavaliere aveva rispetto all'uomo che conosceva: i capelli lunghi che poggiavano sulle spalle e l'ultima parte che ricadeva sulla schiena, i baffi sottili e l'espressione priva di emozioni e di quell'affabilità e cortesia del Conte. Si abbassò, allungando la mano in un chiaro invito a prenderla per salire in sella con lui, invito che Sakura non ebbe alcuna esitazione ad accettare: prese la mano guantata di ferro e lasciò che la forza di quel braccio la trascinasse con sè, facendo sì che si sedesse all'amazzone sul dorso dell'animale, davanti agli occhi del cavaliere così somigliante al Conte. Nonostante le differenze, la sua figura nobile manteneva ancora il suo misterioso fascino attraente, accentuato dall'aspetto cavalleresco, e la guardava con gli occhi neri dotati di quello stesso fascino nero, profondo, oscuro e imperscrutabile. Sentiva che così la stava catturando, la invitava con quell'ipnotismo tetro e dolce a lasciarsi prendere, le prometteva quietamente qualcosa di molto bello... nulla che si potesse descrivere razionalmente, era qualcosa che solo l'istinto comprendeva.
Così Sakura fece, senza alcuna repulsione si lasciò imprigionare e le labbra dell'uomo premettero sulle sue. Ciò che seguì fu più di quanto avesse mai provato con Stefan, una dolce sensualità, un'infinita beatitudine, un'euforia, il sentirsi l'anima piacevolmente posseduta da una forza più grande di se stessi; fece sì che quel bacio non fosse più passivo, rispose al massaggio sensuale delle labbra del cavaliere, sentì una sua mano che da dietro la testa faceva sì che premesse di più. Quel piacere fu così intenso che ebbe la sensazione di perdersi per un istante imprecisato, perse ogni percezione di ciò che la circondava. Non durò molto, riacquisì ogni sentore dopo qualche momento e capì di aver aperto gli occhi dopo molto tempo che erano stati chiusi. Intorpiditi, questi misero a fuoco la grande stanza che era la biblioteca di Castel Uchiha, la mente si rese conto di essere tornata nel suo corpo addormentatosi sulla poltrona e con il libro dell'Orlando Furioso accidentalmente cadutole di mano nel sonno e riverso sul pavimento. Ritenendo tale distrazione indelicata nei confronti del Conte, fece per recuperarlo, ma una mano raggiunse il libro prima della sua e, seguendola con lo sguardo, scoprì che apparteneva proprio a lui. Sasuke lo prese e lo poggiò sul tavolo al centro della biblioteca, mentre Sakura fu colta dall'imbarazzo del momento e si alzò in piedi di scatto.
"Oh, Conte! Mi... mi dispiace, mi sono addormentata e... pensavo che sareste stato via fino al termine della giornata."
Quelle parole, per qualche motivo, provocarono una leggera risata moderata in Sasuke, rendendo Sakura ancora più confusa e imbarazzata.
"Milady" disse "siamo già al termine della giornata."
Al che, Sakura si rese conto solo in quel momento, guardando fuori dalla finestra, che il sole era già svanito dietro i monti e solo i raggi che arrivavano da oltre questi erano rimasti a rendere il cielo ancora colorito di arancione e rosa crepuscolare. Il sogno non sembrava essere durato così a lungo, cionondimeno aveva tenuto occupata la sua mente abbastanza da risvegliarla solo al tramonto, una consapevolezza per cui Sakura si sentì ancor più messa a disagio da quella situazione così strana.
"Ho... ho dormito per tutto il pomeriggio?"
"Così mi è stato riferito. Sembra anche che abbiate mancato il pranzo."
"Accidenti! Mi... mi scuso davvero profondamente, Conte, non avevo intenzione di sembrare così irrispettosa!"
"Irrispettosa?"
Ripetè la parola come se fosse stata pronunciata in un contesto inadatto a usarla. Mosse il braccio in un gesto plateale, facendo capire a Sakura il suo riferimento alla biblioteca.
"Ho ospitato molte persone nel mio castello, milady: conestabili, avvocati, amici, contadini, rispettabili signori. Lasciate che io vi chieda: quanti di loro credete che abbiano apprezzato il fascino che possono trasmettere queste pagine, lo stesso fascino che cattura anche me e così tanto spesso costituisce la mia unica compagnia, al punto da desiderare di non staccarvi più gli occhi anche a costo di lasciar cadere questi in un sonno lungo e profondo? Come lei nessuno mai, milady Sakura."
Si girò di nuovo verso il tavolo, riprendendo in mano il libro dell'Orlando Furioso e mostrandole la copertina come fosse oggetto di un'approfondita analisi.
"Questi libri raccontano di un tempo che ormai non esiste più, un passato in cui certi valori come onore, amore, rispetto e misericordia contavano molto di più di quanto abbiano mai contato da mille anni a questa parte. Nulla più animava un uomo della gloria nelle battaglie o l'amore e il desiderio per la propria dama, un cavaliere non abbisognava di altro che una spada e una donna, entrambe compagne fedeli per tutta una vita.
Io capisco bene per quale motivo tutti quei miei ospiti non hanno saputo apprezzare la bellezza delle storie qui contenute, perchè erano tutti uomini che non davano significato e importanza al passato e guardavano solo al futuro. Ma che cos'è veramente il futuro se non avere più di quello che già si ha? Armi che colpiscono sparando col fuoco, l'uso dell'energia dei fulmini e dell'elettricità, medicine sempre più innovative e molto altro... il mondo si evolve puntando solo al futuro, ignorando che è unicamente nel passato che si possono recuperare tutti quegli antichi e preziosi valori. Anche se la civiltà là fuori cresce in questo modo, io non posso fare a meno di avere a cuore i segreti e le bellezze del passato."
Del tutto rapita da ciò che diceva, Sakura fu esaltata alla scoperta che esistesse ancora qualcuno che fosse così attratto dai misteri degli antenati del loro tempo, soprattutto nell'epoca dei castelli e dei cavalieri. Le persone che conosceva non condividevano molto con lei questo interesse, era una passione personale di cui ne faceva immenso tesoro, e adesso aveva scoperto che quel tesoro era spartito equamente insieme al Conte.
"Conte, non potrei darvi più ragione di così. Parlate di tutti quei meravigliosi ideali cavallereschi come se li aveste vissuti, trovo che sia da vero nobile da parte vostra."
"E io sono lieto di aver finalmente incontrato una persona con cui poter parlare così liberamente di un'attrazione comune."
Sasuke si avvicinò a lei porgendo una mano, un invito che Sakura trovò sorprendentemente simile a quello del cavaliere che aveva fatto da protagonista insieme a lei nel suo sogno. Cionondimeno, rimase in silenzio.
"Ma non è ancora finita." disse Sasuke "C'è qualcos'altro che desidererei vedeste."
La ragazza, incuriosita da tale proposta, accettò l'invito del Conte e si lasciò portare fuori dalla biblioteca, guidata attraverso qualche corridoio fino al piano nobile dell'ala centrale. Fu piacevolmente stupita per lo sfarzoso mobilio e lo splendore degli arazzi quattrocenteschi, alcuni intessuti con l'oro. Ma ciò che Sasuke volle veramente mostrarle fu qualcos'altro, il grande ritratto che dominava l'ampia parete sul pavimento. Quando Sakura lo vide, trattenne il fiato per la sorpresa, riconoscendo con incredulità il fascinoso cavaliere del suo sogno medievale. Stesso volto, stessa serietà, stesso tutto. Stavolta non potè trattenere lo stupore e si girò verso Sasuke.
"Ma... siete proprio voi!" esclamò.
"Oh no, affatto." il Conte sorrise appena "Questo è un ritratto del mio antenato del quindicesimo secolo."
"Antenato?"
"È il Principe Vlad Tsepesh, signore di queste terre e di questo castello. Nato nel dicembre del 1431, prese il potere nel 1456 e morì nel 1476. Successore di suo padre, Vlad II, fu il comandante dell'Ordine del Drago, una compagnia di cavalieri che difendeva con la spada e col sangue queste terre dai Turchi."
"Ho sentito delle storie al riguardo." lo interruppe Sakura, destando una certa sorpresa nel Conte "Era un guerriero ammirato per la sua onestà, abilità e coraggio... ma anche sanguinario verso i traditori e i nemici. Vlad III detto l'Impalatore, Principe della Valacchia... allora voi siete davvero suo discendente?"
"Ora capite il mio orgoglio, milady? Avrei potuto essere qualunque cosa alla nascita: figlio di contadini, di gente comune o molto altro... invece sono l'ultimo figlio degli Tsepesh, il mio è il sangue di valorosi condottieri che ottennero onori e glorie, grandi signori medievali che hanno conquistato il loro tempo. Purtroppo, da queste parti la fama della mia famiglia è conosciuta col nome dei Dracula, cioè i Figli del Demonio."
"Per la fame sanguinaria di Vlad III, immagino. So che sottoponeva le sue vittime ad atrocità orribili."
"Non soltanto per questo. Vedete il drago in basso, sulla destra del ritratto?"
Indicò a Sakura il simbolo sulla tela, per l'appunto un drago dalla lingua biforcuta attorcigliato attorno a una doppia croce. Sasuke ne spiegò lo scopo.
"Quello era l'emblema dell'Ordine del Drago, e il drago si pronuncia appunto dracul in rumeno, che purtroppo vuol dire anche "Demonio". Se aggiungiamo la -a finale che sta per "Figlio di", ne esce il Figlio del Drago o del Demonio."
"Dracula..." la parola risuonava di cupo e tetro "è davvero un peccato che un tale soprannome sia stato dato a dei cavalieri che morivano per la loro gente, e che questo nome sia giunto anche fino alla vostra generazione."
Ma a queste parole di sincero dispiacere, Sasuke rispose con altre colme di orgoglio infervorato.
"Le superstizioni e le parole non valgono assolutamente nulla, meno ancora se hanno radici dalle sciocche paure di gente ignorante. La memoria che io ho dei miei antenati è quanto c'è di più vero, tutte quelle persone là fuori non possono sapere nulla di quello che so io."
Sakura tacque, impressionata dall'ardore del Conte, la luce del tramonto che si riflettè sui suoi occhi neri e questi parvero luccicare di rosso, come fossero diventati gli occhi iracondi di un animale. Tale suggestione le fece pensare, per un momento, di stare osservando il viso nientemeno che di un mostro. Tuttavia Sasuke riprese quasi subito compostezza, il tono di voce tornò calmo mentre parlò con dolcezza.
"Sarete affamata, avete saltato il pranzo se ben ricordo. Venite, sono certo che fra non molto i domestici serviranno la cena."
"Oh sì, è proprio vero" Sakura si portò una mano sul ventre, ricordandosi solo allora che necessitava di un buon pasto.
Accettò di buon grado l'esortazione del Conte a seguirla nel salone da pranzo, lasciando perdere il fatto che avesse cambiato argomento così improvvisamente. La sala in cui fu condotta era grande, simile a una caverna, il lungo tavolo di legno pesante era adornato con candelabri d'argento dai cento bracci, il servizio da tavola era in oro puro e i bicchieri di cristallo finemente lavorato. Jugo li accolse con un rispettoso inchino.
"La cena sarà pronta fra non molto. Spero possiate perdonarmi, signorina, se quest'oggi non sono venuto a svegliarvi per farvi venire a pranzo."
"Oh no, non ce n'è bisogno, davvero."
"Naturalmente, in segno di scuse, ho pensato di ordinare che la cena di stasera sia di usanza inglese, così che possiate sentirvi come nella vostra Inghilterra."
"Ben fatto, Jugo." si complimentò Sasuke "E dov'è il nostro caro amico Stefan?"
Sakura stette per dire che non lo vedeva da quella mattina, quando questi apparve all'entrata accompagnato dal domestico Suigetsu. Con dispiacere, scoprì che neanche quella giornata era stata utile a far svanire il suo atteggiamento colmo di freddezza. Oltretutto, fu evidentemente infastidito nel vedere Sakura e Sasuke insieme, per quanto questo si sforzasse di non darlo a vedere.
"Dove sei stata per tutto il giorno, Sakura?"
"Nella... nella biblioteca. Mi sono addormentata senza volerlo e..."
"Per tutto il giorno?"
"Sì, lo so... mi dispiace."
Ma Sasuke intervenne in qualità di paciere.
"Perchè la prendi così a male, Stefan? A parer mio, ha omaggiato la mia casa volendo restare per tutto il giorno fra i miei libri."
"Beh... io e Sakurina non abbiamo questo interesse in comune."
"Il che, ritengo, è un gran peccato. Ma non parliamo più di questo, propongo di sederci a tavola e intraprendere altri argomenti."
Presero posto tutti e tre, Stefan e Sakura si sedettero a lato di Sasuke che aveva occupato il posto di capotavola. Poi fu servita la cena, durante la quale furono presi da lunghe conversazioni, almeno per il gusto di chiacchierare del Conte. Ebbe molte curiosità da chiedere circa l'Inghilterra, curiosità che, diceva, non aveva avuto modo di soddisfare nella sua breve venuta a Londra durante la loro celebrazione. Sakura era la più bendisposta a insegnargli molto delle usanze inglesi, così come era la più interessata a conoscere qualcosa di più del paese che li ospitava. Sasuke tendeva a rispondere con assoluta franchezza a ogni sua domanda, anche se talvolta sembrava eludesse il soggetto o cambiasse argomento fingendo di non capire. Cionondimeno, la cena era stata molto piacevole e soddisfacente per lei, la fine fu sancita dal brindisi che il Conte elevò in onore degli ospiti.
Nel sorseggiare il vino, però, Sakura si sentì improvvisamente colta da un gelo interiore, lo stesso che l'aveva attraversata la sera del loro arrivo al castello. Istintivamente, questo la portò a immaginare quel che avrebbe sentito di lì a poco, immaginazione che si rivelò fondata per via del lontanissimo ululare di lupi che giunse da fuori la finestra. Tuttavia, almeno questa volta, il suono parve fosse giunto anche alle orecchie di Stefan e del Conte, poichè anch'essi si erano girati verso la direzione da cui l'avevano sentito.
"Conte." disse Sakura "Questi boschi sono infestati dai lupi?"
"Oh sì, lo sono da sempre. Molto spesso se ne sentono i versi notturni, lo fanno quando lasciano le loro tane per cacciare. Non è mai prudente addentrarsi da soli nella foresta, soprattutto quando calano le tenebre."
"È un peccato, speravo che fosse possibile fare una passeggiata in quei luoghi."
"Non è detto che non lo sia. Il giorno è perfetto per ammirare la natura incontaminata senza correre rischi, e sono certo che domattina sarà la giornata ideale per voi."
Al saperlo, Sakura si illuminò con un sorriso gioioso.
"Potrò davvero?"
"Ve lo promisi a Londra: sarete libera di poter apprezzare tutto quello che volete di questo luogo. Certo, per sicurezza potrò anche farvi accompagnare Jugo, che ha più familiarità di me con il posto."
E Jugo si inchinò per confermare volentieri la sua disponibilità. La proposta esaltò Sakura, ora diventata ansiosa che arrivasse il giorno seguente. Aveva avuto il grande piacere di trascorrere molto del tempo della sua giornata fra gli intriganti libri della biblioteca, mentre l'indomani avrebbe potuto osservare l'erba in fiore, ascoltare il suono del vento fra gli alberi e magari assaggiarne la delicatezza dei frutti. Proprio come aveva promesso il Conte, il suo soggiorno a Castel Uchiha si prospettava più piacevole di giorno in giorno e di questo non potè che esserne felicemente grata.
Soltanto nelle prime giornate, però...
 
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view post Posted on 4/12/2014, 13:17
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CAPITOLO 8:
Dante della selva oscura



Forse perchè il giorno prima l'aveva già riposata a dovere, forse perchè non vedeva l'ora di intraprendere la scampagnata nel bosco... stava di fatto che Sakura aveva avuto ben poco per cui dormire, quella notte. Si era alzata di buon mattino (se non prima dell'alba), restando ad ammirare il paesaggio che avrebbe avuto il piacere di visitare più da vicino da poche ore a quella parte. Inizialmente, però, temette che tale proposito sarebbe stato rovinato dal preoccupante arrivo di dense nuvole grigio-perla. Di lì a poco, infatti, cominciò a piovigginare contro i vetri della finestra e lei cominciò a essere delusa per il tiro mancino che il tempo le aveva giocato, soprattutto quando la pioggia divenne più forte.
Tuttavia scoprì che in realtà aveva deciso di renderle più piacevole la giornata che nasceva, poichè la pioggia terminò un'ora più tardi e le nuvole si fecero da parte per consentire ai rosei raggi dell'aurora di dare una luce più radiosa alla terra. Adesso Sakura avrebbe potuto respirare anche l'odore della pioggia rimasta fra gli alberi, questo la rese più ansiosa di intraprendere la passeggiata. Certo, non poteva aspettarsi che Jugo, che l'avrebbe accompagnata, potesse essere già sveglio, pertanto concedergli di alzarsi e riprendersi dal sonno della notte prima che uscissero era il minimo.
Cionondimeno, non restò ad attendere quel momento nelle stanze, ne uscì indossando la vestaglia da notte. Non volle svegliare Stefan, volendo lasciarlo dormire ancora.
Attraversò a piedi le ale del castello che aveva imparato a conoscere, addentrandosi di tanto in tanto in una nuova senza allontanarsi troppo da un punto di riferimento. Giunse in un salotto dell'ala sud, uno di quelli di cui non aveva ancora memorizzato la locazione, che poi associò a due svolte di corridoio di distanza dalla sala da pranzo. In quella sala primeggiava una grande finestra sulla parete di fronte all'entrata, anche senza affacciarsi si potevano vedere i monti che stavano alle spalle del castello. Tuttavia Sakura non se ne accontentò e volle scoprire di più, non volendo perdersi niente di quel posto magnifico; raggiunse la finestra e lasciò che l'aria intrisa di umido le accarezzasse il viso, ma questo piccolo piacere svanì di colpo quando pose gli occhi su quella vista che incuteva timore: il castello sorgeva su un grande precipizio che si apriva sotto di lei per alcune migliaia di piedi, alla base vi era una foresta molto estesa che lo circondava e il cui verde scuro si estendeva fino all'orizzonte, percorrendo un ampio valico aperto fra le pendici dei Carpazi. Sporgendosi un pò più audacemente, ebbe modo di capire che il precipizio racchiudeva il castello sui tre lati est, sud e ovest; un qualunque prigioniero non avrebbe mai potuto avere successo in una fuga senza trovare la morte.
"Non dovrebbe sporgersi così, rischia di cadere."
L'improvvisa voce di Jugo alle sue spalle la fece sussultare, così tornò subito dentro. Inaspettatamente, era già vestito di tutto punto col completo da domestico e pronto a servire il signore e gli ospiti della casa. Si sarebbe detto che non fosse neanche andato a letto, invece era abbastanza fresco e riposato. Possibile mai che lui fosse l'unico domestico che riuscisse a vedere in giro nel castello di giorno?
"Chiedo scusa." disse Sakura "Avevo notato che c'era un altro bel panorama da qui e non ho resistito alla tentazione."
"Naturalmente. Dovrebbe solo fare attenzione a non sporgersi troppo, immagino che abbia visto a che altezza ci proviamo."
"Oh, l'ho proprio visto!" fece un'espressione tra lo stupito e il divertito "Non immaginavo che questo castello fosse locato così in alto."
"È profondo quasi un miglio. Era un modo per difenderlo dagli attacchi dei Turchi, secoli fa. Per questo la famiglia del Conte vanta di essere sempre riuscita a difendere la loro proprietà dagli invasori."
"Ho visto anche la foresta. Sarà lì che andremo stamattina?"
"Oh no" rispose con gentile risolutezza "non lì. Dovete sapere che questa stanza era il luogo delle esecuzioni capitali: i criminali venivano gettati da questa finestra e lasciati trafiggere dalle cime degli alberi là sotto, dove si presume che ci siano ancora oggi i resti dei loro cadaveri. Non è assolutamente un luogo adatto a una signorina di mondo come voi."
Tuttavia l'ammonimento non aveva messo in agitazione Sakura, che sorrise con gaiezza.
"Non sono mica una fanciulla dalla bassa pressione che sviene per qualsiasi cosa, non dovete preoccuparvi."
"Mi dispiace, il Conte è stato irremovibile."
"Non deve venire per forza a saperlo. Suvvia, non potete fare questo per me? Ero convinta di poter andare ovunque desiderassi."
Avanzò tale richiesta con supplica e decisione, pur sapendo di mettere Jugo in una situazione complicata. Era intento a riflettere sulla sua richiesta prima di dire qualcosa. Non voleva metterlo nei guai con il Conte, ma la sua curiosità e voglia di esplorare erano più forti di qualunque forma di cortesia in quel momento; alla fine Jugo si decise.
"Solo per un breve tratto, però. Non è il caso di addentrarsi troppo in quel luogo."
Sapendo di aver già preteso molto da lui, Sakura non sollevò obiezioni e lo ringraziò per la sua accondiscendenza. Jugo la invitò a seguirlo per condurla verso la colazione, servita nello stesso posto del mattino precedente. Il tavolino era pronto per invitarla a sedere, Stefan era sveglio e vi aveva già preso posto. Jugo si congedò dicendo che si sarebbe ripresentato più tardi per uscire.
Dovendo essere sincera con se stessa, Sakura non era per nulla lieta all'idea di condividere un'altra colazione con Stefan, sapendo che non l'avrebbe resa partecipe dei suoi pensieri e neanche della sua giornata. Quando aveva accettato l'invito del Conte, era gioiosa del fatto che avrebbe potuto condividere l'esoticità della Transilvania insieme a suo marito. Invece la consapevolezza di doverci andare lo aveva inspiegabilmente mutato, era rimasta sola a godere di quell'angolo di paradiso che li ospitava. Si sedette al tavolino, già rassegnata al muro invisibile che rendeva il suo consorte così distaccato... invece, con sua grande sorpresa, fu lui stesso a far sì che tale barriera iniziasse a venir meno.
"Presumo che il posto ti piaccia molto, Sakura, non è così?"
Fu una lieta novità per lei, sentì il calore e la vicinanza che il tono di Stefan intendeva trasmettere. Non si spiegò il motivo di questo nuovo cambiamento repentino, come non era riuscita a spiegarsi quello precedente, ma non le importava; ora come ora, voleva solo approfittare dell'occasione per riavere l'uomo di cui si era innamorata, perciò cercò di rendere interessante il dialogo.
"Oh sì, è davvero bellissimo. Ci sono molte cose che ho sempre desiderato vedere, e questo castello è sublime. Perchè non mi hai mai detto di conoscere il ricco signore di questo posto così splendido?"
Stefan sollevò lo sguardo, aveva una chiara esitazione nel risponderle.
"Stefan?"
"Io... io e Sasuke ci siamo separati tempo fa dopo aver avuto un brutto diverbio. Non lo vedevo da molto tempo, prima che venisse alla nostra cerimonia."
"Mi dispiace... non ne avevo proprio idea."
Sakura comprese che Stefan era preso dal dubbio se quella ferita fra la loro amicizia fosse stata risanata o no, col tempo. Forse era proprio questo tormentoso dubbio che lo aveva reso una persona del tutto diversa negli ultimi giorni, così dedusse che l'essere ritornato l'uomo dolce e gentile che conosceva poteva essere dovuto a una possibile riconciliazione avuta col Conte. Sì, doveva essere senza dubbio così. Gli tenne affettuosamente la mano.
"È questo angoscioso pensiero che ti ha reso così distante da tua moglie, da me? Sai che se me ne avessi messo a parte, avrei fatto ogni cosa per aiutarti."
"Non volevo che i miei pensieri rovinassero il tuo piacevole soggiorno."
"E adesso? Adesso potrò riavere mio marito indietro, l'uomo che verrebbe volentieri a fare una passeggiata nel bosco insieme a me?"
"Lo riavrai senza dubbio alcuno... ma oggi non è possibile. Ho qualcosa da fare qui a castello."
"Perchè? Quale impegno ti allontana da me, se siamo venuti per trovare spensieratezza?"
Anche stavolta attese qualche secondo prima di rispondere a Sakura.
"Una cosa da fare insieme al Conte. Potremo riallacciare qualche vecchio affare che abbiamo lasciato inconcluso a lungo. Potrebbe tenerci occupati per maggior parte della mattinata."
"Oh..." fece Sakura delusa "Si, capisco."
"Sono certo che da domani avremo il nostro tempo." la rassicurò Stefan "A proposito, in quale parte del bosco passeggerai, questa mattina?"
"Jugo mi accompagnerà a visitare la parte alle pendici del crinale a ovest. A detta di lui, è la zona più ricca di natura e più bella della foresta."
"Bene, spero che il posto ti piaccia."
Consumarono la colazione continuando il discorso in maniera allegra, in un'atmosfera di cordiale coniugalità. Per quanto dispiaciuta di non poter trascorrere la giornata con Stefan, Sakura fu felice che il loro rapporto si fosse stabilizzato e che lui fosse tornato la persona di un tempo.
Dopo un pò di tempo, Jugo si presentò sull'uscio del balcone, dicendo che potevano cominciare ad avviarsi in ogni momento. Esaltata dall'arrivo di quel tanto atteso momento, Sakura si alzò gioiosa e tornò in camera, rifugiandosi dietro il paravento per vestirsi frettolosamente. Si congedò da Stefan, augurandogli di portare a buon compimento l'affare con il Conte, lui di passare una divertente giornata. Lui fu lasciato da solo a consumare quel poco che restava della colazione, mandò giù un ultimo sorso dalla tazzina del thè.
Ebbe un sussulto, notando una figura che si nascondeva nel semibuio della stanza dalla luce del mattino. Il profilo pallido, sorridente in una maniera ottenebrante, di Sasuke Uchiha si distinse in mezzo alla semioscurità; Sakura era uscita dalla stanza appena trenta secondi prima, com'era possibile che non lo avesse incrociato? Osservava Stefan come se qualcosa di lui lo divertisse, la risata sommessa che fece ne diede la dimostrazione all'uomo seduto al tavolino.
"Sei stato proprio bravo con quella storiellina del nostro diverbio, caro Stefan. A momenti convincevi anche me."
Ma al suo gaio divertimento lui rispose con cupa freddezza.
"Ora trascorri il tempo spiandomi?"
"Mi diletto solo a tenerti d'occhio, a lenire la mia curiosità nel vedere quanto ti sforzi di tenere così stretta a te la tua dolce moglie. Posso capirti, non esistono molte fanciulle di Dio come lei... così come non è facile posare gli occhi su di un patrimonio tanto ingente come quello della sua famiglia."
"Non ho bisogno che tu continui a dirmelo." replicò "E tu, Sasuke? Qual è lo scopo di tutto questo teatrino sulla tua ospitalità nel tuo castello? Cosa stai architettando? Cos'è che vuoi?"
Nonostante l'imperturbabile serietà di Stefan, Sasuke non smise di trovare un sottile filo di divertimento nel suo atteggiamento, tanto che lo dilettava continuare quella discussione.
"Amico mio, non te l'ho appena detto? Le ragazze pure e dolci come lei sono rare, e Sakura mi interessa... mi interessa molto."
A Stefan tornò in mente lo sguardo famelico e animale che il Conte aveva posato per la prima volta su Sakura alla loro cerimonia. Già da allora aveva inteso le sue intenzioni perverse nei confronti di quel fiore di ciliegio, ma dubitava che si soffermassero solo su questo. No, in quel desiderio e in quella brama rossi come il sangue c'era molto di più.
"Non farti troppi pensieri, amico Stefan." lo anticipò Sasuke "Per quel che concerne i miei progetti su di lei, dovrebbe allietarti sapere che essi sono di aiuto anche ai tuoi."
Al sentirglielo dire con quel tono di brama, Stefan cambiò espressione e divenne confuso e incerto di aver bene inteso. Ma aveva inteso eccome, Sasuke aveva visto chiaramente questo suo dubbio e fece in modo di farglielo venir meno.
"Oh sì... perchè Sakura morirà, Stefan."
Arretrò, dando a Stefan il tetro effetto ottico di svanire nel semibuio della camera come se la sua sagoma vi scivolasse dentro, lasciando le sue ultime parole uscire dal balcone fino alle orecchie di lui.
"Lei morirà..."

La comune saggezza popolare era che i lupi non attaccavano mai durante il giorno con il caldo, nè singolarmente, come disse Jugo a Sakura mentre era in procinto di fermare il calesse. Sapeva che, nonostante la sicura assenza di predatori nel bosco, i cavalli sarebbero stati nervosi a proseguire oltre il bordo della foresta, perciò stabilì che la loro passeggiata sarebbe iniziata proprio da lì. Sceso dal calesse, porse la mano a Sakura affinchè se ne servisse come appoggio per scendere.
"Allora il posto è questo?" domandò lei.
"Esattamente." rispose mentre legava le briglie a un ramo "Se respirate a fondo, potrete sentire ancora un pò di odore degli alberi di primo mattino."
Così era, infatti. E non solo, il profumo di ontani e alberi di pino era accentuato anche da quello della pioggia recente, proprio come aveva immaginato. Con un elegante gesto del braccio, come se la invitasse a entrare in un luogo importante, Jugo la esortò ad addentrarsi insieme a lui. Così fecero, quindi Sakura cominciò fin da subito a esaminare l'area di fitto fogliame scuro, quasi interamente ricoperto da un tappeto di foglie e aghi di pino. Il terreno, per via della pioggia, era ancora piuttosto morbido e meno compatto, motivo per cui Sakura incespicava più volte.
"Siete sicura di voler continuare?" chiese Jugo "Se cadeste, potreste farvi male e il terreno umido potrebbe rovinarvi."
"Sono sicura, certo." rispose lei, risoluta "Sarebbe davvero un peccato tornare indietro proprio ora che siamo qui, non trovate? E poi insisto nel voler vedere anche la zona a sud della foresta."
"E se posso chiedere, come mai tanto ardimento per quel posto, nonostante le spiacevoli storie?"
"È semplicemente la curiosità che mi anima, tutto qui. E poi, già ho detto che non mi impressiono facilmente."
"Allora concedetemi di dire che siete una persona coraggiosa. Cionondimeno, non posso accompagnarvi in quella parte della foresta."
Sentendogli dire questo, Sakura smise di camminare e guardò delusa Jugo, che si era fermato a sua volta. Per quanto i suoi lineamenti del volto fossero delicati e gentili, adesso la sua espressione era alquanto seria, tuttavia Sakura ebbe ugualmente da obiettare.
"Cosa? Ma... ero convinta che almeno per un pò ci saremmo andati."
"È vero, l'ho detto. E so che è disdicevole da parte mia, ma sono davvero tenuto a tornare sulle mie decisioni."
"Ma vi ho promesso che il Conte non ne sarebbe mai venuto a conoscenza. Manterrò la parola, potete fidarvi."
"Il punto non è questo. Io conosco il Conte da molto più di una vita, ho giurato di dargli tutti i miei migliori servigi e mantenermi sempre degno della fiducia che ripone in me. Dopo molti anni che lo servo a castello, non posso venir meno a una sua volontà, sarebbe come tradire. Mi perdoni, ma deve cercare di comprendere."
Ma Sakura, con la sua innata capacità di saper vedere, a volte, oltre le parole, comprese che c'era dell'altro. Riusciva a vedergli i volto che la sua insistenza non era dovuta solamente al voler mantenere la fiducia del Conte, nè alle brutali storie degli impalamenti sugli alberi... non voleva condurla lì per un motivo ben preciso, un motivo che le stava tenendo nascosto. Normalmente, lei avrebbe acconsentito a rispettare questa segretezza senza fare domande; invece stavolta c'era qualcosa di diverso nell'aria, qualcosa che non si poteva spiegare con la logica e che era legato solo all'istinto... qualcosa che la spingeva a pensare che doveva scoprire quella verità. Una cosa simile non era da lei, eppure come se sapesse di non potersi opporre a quella volontà estranea.
Le cadde l'occhio su alcuni alberi lì vicino, il muschio verde che cresceva e si sovrapponeva al legno del tronco. Era consapevole che quell'insieme di tante piccole piante cresceva unicamente a nord, dove non batte il sole. E il luogo che a lei interessava era a sud...
Forse l'istinto, forse il corpo che si muoveva da solo perchè guidato da quella strana volontà, ma prese Jugo alla sprovvista e iniziò a correre sollevando le gonne. Corse più veloce e meglio agevolmente che poteva, cercando di non incespicare sulla fanghiglia e scostando i rami che si trovava davanti ma che la spruzzavano comunque di rugiada. Voltandosi per un momento, vide che Jugo la stava effettivamente seguendo e aveva più agevolezza di lei nel farlo, la invocava ad alta voce affinchè si fermasse.
"No... no!" si ripeteva lei mentalmente, determinata ad andare avanti, sempre attenta a cogliere la direzione indicata dai muschi. Il sentiero cominciava a farsi inclinato, sempre più in discesa, dando maggiori difficoltà a procedere in quel modo. Più di una volta fu sul punto di cadere, sempre trovò un appoggio a cui tenersi per restare in piedi. Ma quando il pendio ormai troppo ripido le fece mettere un piede in fallo, cadde a terra e scivolò sul suo stesso corpo. Continuò a cadere lungo il versante senza che riuscisse ad afferrare un ramo basso o una roccia per potersi fermare, finchè non si sentì mancare il terreno sotto di sè e capì di stare precipitando nel vuoto intangibile.
"Oh mio Dio! Morirò..."
Fu questo ciò di cui ebbe paura in quei pochi istanti di caduta, quando poi urtò violentemente contro il suolo che era ricomparso sotto di lei e si ritrovò riversa sul terreno bagnato. Il sapere di essere tornata a terra la tranquillizzò dalla momentanea paura avuta, tuttavia il dolore della caduta si fece presto sentire su maggior parte del corpo. Con qualche lamento riuscì ad alzarsi, appurando con sollievo che su nessuna parte del corpo il dolore era tale da far intendere la rottura di qualche osso. Cercò di togliersi di dosso i resti di terra ed erba, per quanto ormai fosse sporca e fradicia, e guardò in alto il poggio da cui era caduta. Jugo non si faceva vedere per controllare che fine avesse fatto lei, probabilmente era riuscita a distanziarlo mentre scivolava a terra e la sua caduta era avvenuta oltre la portata del suo sguardo.
Ciò che Sakura si domandò in quel momento, fu se tornare indietro o proseguire nella sua ricerca. Non conosceva nulla di quel bosco, sapeva che avrebbe potuto facilmente perdersi se vi si fosse addentrata; tuttavia la curiosità e l'ardente desiderio di scoprire non erano sminuiti da quella prospettiva, nè erano stati per nulla affievoliti dallo spiacevole modo in cui era arrivata fin lì.
Osservò gli alberi, il muschio era quasi inesistente: il posto che aveva tanto bramato di scoprire era quello! Ma che cosa aveva di tanto diverso rispetto a quanto aveva visto finora nella foresta? Stessi alberi, stesso terreno umido, stessi ramoscelli di foglie e aghi intrisi di rugiada; l'unica differenza era che i raggi del sole penetravano molto di più fra gli alberi, rendendo il luogo più soleggiato. Cominciò a pensare di essere stata una sciocca a comportarsi in quel modo con Jugo, che si era offerto di darle una piacevole passeggiata e lei aveva rovinato tutto solo per un capriccio.
[era davvero un semplice capriccio?]
Il canto di un uccello e il gracchiare di un corvo la fecero trasalire, rendendola consapevole dei suoni della foresta che aveva tutti intorno a sè. Poi, voltandosi verso sud, la direzione che voleva intraprendere, perse un battito, rendendosi conto che non era sola. Lì, neanche a troppi alberi di distanza, una donna era intenta a osservarla con un viso infinitamente malinconico. Era una donna giovane, bellissima, i capelli profondamente neri e legati sulla nuca, con dei riccioli lasciati cadere sulle spalle; era regale, vestita come una regina, con un attillato vestito di raso blu che si intonava ai suoi occhi zaffirini, il cui sguardo addolorato fece gridare leggermente a Sakura una sorta di timore di compatimento. Era così pallida, sembrava tanto inverosimilmente distante dal piano materiale da sembrare un fantasma.
"Chi sei?" domandò Sakura. La donna mantenne il suo addolorato silenzio, limitandosi solamente a camminare... no, sembrava stesse letteralmente scivolando sul terreno, dando ancora di più l'impressione di essere uno spettro, il vacuo ricordo di una persona che un tempo aveva avuto vita.
Quella strana presenza rese Sakura inquieta, ma non la impaurì abbastanza da indurla a non accettare il suo chiaro invito a seguirla. Infatti, subito dopo essere arrivata nel punto in cui l'aveva vista apparire, la trovò seminascosta dietro un ontano più avanti; e capendo che l'avrebbe seguita, continuò ad allontanarsi da Sakura, inducendo questa a starle dietro. La stessa cosa avvenne diverse volte, finchè la giovane esploratrice capì di stare addentrandosi troppo in quella zona sconosciuta e la preoccupava l'idea di continuare.
D'un tratto, come se avesse capito la sua preoccupazione, la donna finalmente si fermò e si voltò a guardare Sakura. Alzò una mano con lentezza, indicando un punto particolare alla sua destra. Sakura si avvicinò a lei con qualche titubanza, così da guardare la direzione indicata dalla sua stessa prospettiva; non riuscì a reprimere un gridolino di orrore, vedendo che fra i riccioli neri di quella giovane scorrevano dei rivoli di sangue scuro, quasi nero, che scendeva dalla testa fin sul vestito grazioso.
"Oh mio Dio..."
Tuttavia, incurante dell'orribile ferita nascosta dai capelli neri, lei continuava a indicarle dove guardare. Sakura cercò di reprimere l'orrore e guardò: non vi era nient'altro che un ampio spiazzo di foresta, libero dalle fronde di alberi e perciò perfettamente irradiato dalla luce del sole, contornato dai pini. Al centro vi era un grosso albero diverso dagli altri, il cui tronco si apriva come a imbuto a tre metri dalle radici e i rami si allungavano verso l'esterno. Stette per chiederle che cosa ci fosse di così importante da vedere lì, ma voltandosi scoprì che la sua guida era improvvisamente sparita. Cercò ovunque con lo sguardo, non vide più da nessuna parte la donna addolorata.
Ora, Sakura, per quanto incline ad abbandonarsi volentieri a storie di fantasia e cavalleresche, sapeva essere abbastanza razionale e le riusciva difficile credere di aver appena avuto un incontro ravvicinato con un'essenza spiritica... tuttavia non seppe spiegarsi lo strano comportamento di quella ragazza, nè la sua ferita, nè il modo misterioso in cui era comparsa e poi scomparsa. Ciò di cui era sicura era che aveva voluto guidarla fino a lì per un motivo specifico, probabilmente lo strano albero sotto la luce del sole. Adesso che era giunta fino a lì, forse ciò che restava da fare era avvicinarsi lì e cercare qualcosa.
Ma di che cosa si era messa alla ricerca, esattamente? Qualunque potesse essere la risposta, qualcuno la cercò prima che ci provasse lei. Sentendo dei passi distanti sull'erba, Sakura cercò rifugio dietro un grosso tronco d'albero, sporgendo appena la testa per vedere chi fosse il suo ignaro aiutante in quella stranissima ricerca. E con sorpresa, vide Stefan sbucare dal bosco e attraversare lo spazio aperto per dirigersi verso l'albero cavo.
Cercò di far sì che lo stupore non la tradisse, pur domandandosi cosa ci facesse lui in quel posto dopo aver detto che avrebbe trascorso la giornata a castello. Le aveva chiaramente mentito, l'aveva ingannata di sua spontanea volontà, un pensiero per cui Sakura non seppe dire di preciso come si sentisse. Non erano ancora trascorse due settimane dalla loro promessa all'altare, eppure Stefan aveva chiaramente mancato di esserle fedele e di non dire menzogne. E questo per quale motivo? Perchè a lei?
Il desiderio di abbandonare il suo nascondiglio e andare lì a chiederglielo direttamente era preponderante, tuttavia il buonsenso fermò l'istinto: se non le aveva detto la verità a castello, molto probabilmente non gliel'avrebbe detta neanche adesso, così decise di restare nascosta e osservare coi propri occhi. Si rese conto solo in quel momento che anche lei aveva cominciato a dubitare di Stefan, l'uomo di cui aveva promesso di fidarsi.
"Stefan... quale ragione ti spinge a non essere sincero con me e ad addentrarti in questo luogo sperduto?"
Lo vide che si guardava intorno per accertarsi di essere completamente solo, lei si nascose per quel breve momento dietro il tronco così da dargli questa illusione. Tornò a sporgersi dopo mezzo minuto contato mentalmente, Stefan aveva il capo chinato a osservare l'erba e il terreno, dal punto in cui si trovava fino alle radici sporgenti dell'albero. La sua attenzione e lo strano studio si spostarono sul grosso tronco, vi diede dei colpetti come per appurarne la cavità. Fatto questo, lo osservò in tutta la sua grossezza e altezza, trovando il punto ideale da cui cominciare a scalarlo, poggiando mani e piedi sulle fessure incavate nella corteccia. Risalì i tre metri che lo separavano dalla concavità dell'albero e, tenendosi saldamente ai rami, guardò dentro.
Non era troppo lontano da impedire a Sakura di vedere quanto fosse impallidito di colpo, un'espressione di puro orrore, nè di sentire il suo grido spaventato. Qualunque fosse la scoperta che aveva fatto, il terrore era stato tale da fargli perdere la presa sui rami e cadere duramente di schiena fino ai piedi dell'albero, una grossa radice urtò contro il suo fianco. Ciò non sminuì l'orrore rimastogli impresso in faccia, un orrore tale che metteva in agitazione anche il cuore impazzito di Sakura, indecisa se scoprire quale fosse la causa di tutto questo o allontanarsene. Alla fine scelse cosa fare, o almeno lo scelse il suo corpo mosso dalla paura, che la allontanò sempre più da quel luogo, da quell'albero il cui solo aspetto sembrava emanare il male dalle fondamenta della terra. Scappò via da quel luogo di terrore senza nemmeno domandarsi dove stesse andando, le bastava solo allontanarsi... finchè sfinita non si accasciò a terra, scossa dagli ansimi e dalle emozioni troppo forti appena vissute. Il segreto di Jugo, quella donna, Stefan, l'albero cavo... c'erano troppe cose che avevano domande senza una loro risposta.
Sussultò, sentendo l'improvviso rumore di ramoscelli che si spezzavano e di fogliame che veniva calpestato, il cuore tornò a batterle con furia dopo che aveva cominciato a recuperare un pò di calma. Terrorizzata da quel che avrebbe potuto vedere, Sakura alzò la testa esitante e guardò: qualcosa di grosso e grigio che sbucava dai cespugli, qualcosa dotato di zanne gialle e luccicanti di saliva; gli occhi verdi e spaventati di Sakura ebbero nel proprio campo visivo solo quelli incolori e bestiali del lupo ringhiante che aveva davanti.èForse perchè il giorno prima l'aveva già riposata a dovere, forse perchè non vedeva l'ora di intraprendere la scampagnata nel bosco... stava di fatto che Sakura aveva avuto ben poco per cui dormire, quella notte. Si era alzata di buon mattino (se non prima dell'alba), restando ad ammirare il paesaggio che avrebbe avuto il piacere di visitare più da vicino da poche ore a quella parte. Inizialmente, però, temette che tale proposito sarebbe stato rovinato dal preoccupante arrivo di dense nuvole grigio-perla. Di lì a poco, infatti, cominciò a piovigginare contro i vetri della finestra e lei cominciò a essere delusa per il tiro mancino che il tempo le aveva giocato, soprattutto quando la pioggia divenne più forte.
Tuttavia scoprì che in realtà aveva deciso di renderle più piacevole la giornata che nasceva, poichè la pioggia terminò un'ora più tardi e le nuvole si fecero da parte per consentire ai rosei raggi dell'aurora di dare una luce più radiosa alla terra. Adesso Sakura avrebbe potuto respirare anche l'odore della pioggia rimasta fra gli alberi, questo la rese più ansiosa di intraprendere la passeggiata. Certo, non poteva aspettarsi che Jugo, che l'avrebbe accompagnata, potesse essere già sveglio, pertanto concedergli di alzarsi e riprendersi dal sonno della notte prima che uscissero era il minimo.
Cionondimeno, non restò ad attendere quel momento nelle stanze, ne uscì indossando la vestaglia da notte. Non volle svegliare Stefan, volendo lasciarlo dormire ancora.
Attraversò a piedi le ale del castello che aveva imparato a conoscere, addentrandosi di tanto in tanto in una nuova senza allontanarsi troppo da un punto di riferimento. Giunse in un salotto dell'ala sud, uno di quelli di cui non aveva ancora memorizzato la locazione, che poi associò a due svolte di corridoio di distanza dalla sala da pranzo. In quella sala primeggiava una grande finestra sulla parete di fronte all'entrata, anche senza affacciarsi si potevano vedere i monti che stavano alle spalle del castello. Tuttavia Sakura non se ne accontentò e volle scoprire di più, non volendo perdersi niente di quel posto magnifico; raggiunse la finestra e lasciò che l'aria intrisa di umido le accarezzasse il viso, ma questo piccolo piacere svanì di colpo quando pose gli occhi su quella vista che incuteva timore: il castello sorgeva su un grande precipizio che si apriva sotto di lei per alcune migliaia di piedi, alla base vi era una foresta molto estesa che lo circondava e il cui verde scuro si estendeva fino all'orizzonte, percorrendo un ampio valico aperto fra le pendici dei Carpazi. Sporgendosi un pò più audacemente, ebbe modo di capire che il precipizio racchiudeva il castello sui tre lati est, sud e ovest; un qualunque prigioniero non avrebbe mai potuto avere successo in una fuga senza trovare la morte.
"Non dovrebbe sporgersi così, rischia di cadere."
L'improvvisa voce di Jugo alle sue spalle la fece sussultare, così tornò subito dentro. Inaspettatamente, era già vestito di tutto punto col completo da domestico e pronto a servire il signore e gli ospiti della casa. Si sarebbe detto che non fosse neanche andato a letto, invece era abbastanza fresco e riposato. Possibile mai che lui fosse l'unico domestico che riuscisse a vedere in giro nel castello di giorno?
"Chiedo scusa." disse Sakura "Avevo notato che c'era un altro bel panorama da qui e non ho resistito alla tentazione."
"Naturalmente. Dovrebbe solo fare attenzione a non sporgersi troppo, immagino che abbia visto a che altezza ci proviamo."
"Oh, l'ho proprio visto!" fece un'espressione tra lo stupito e il divertito "Non immaginavo che questo castello fosse locato così in alto."
"È profondo quasi un miglio. Era un modo per difenderlo dagli attacchi dei Turchi, secoli fa. Per questo la famiglia del Conte vanta di essere sempre riuscita a difendere la loro proprietà dagli invasori."
"Ho visto anche la foresta. Sarà lì che andremo stamattina?"
"Oh no" rispose con gentile risolutezza "non lì. Dovete sapere che questa stanza era il luogo delle esecuzioni capitali: i criminali venivano gettati da questa finestra e lasciati trafiggere dalle cime degli alberi là sotto, dove si presume che ci siano ancora oggi i resti dei loro cadaveri. Non è assolutamente un luogo adatto a una signorina di mondo come voi."
Tuttavia l'ammonimento non aveva messo in agitazione Sakura, che sorrise con gaiezza.
"Non sono mica una fanciulla dalla bassa pressione che sviene per qualsiasi cosa, non dovete preoccuparvi."
"Mi dispiace, il Conte è stato irremovibile."
"Non deve venire per forza a saperlo. Suvvia, non potete fare questo per me? Ero convinta di poter andare ovunque desiderassi."
Avanzò tale richiesta con supplica e decisione, pur sapendo di mettere Jugo in una situazione complicata. Era intento a riflettere sulla sua richiesta prima di dire qualcosa. Non voleva metterlo nei guai con il Conte, ma la sua curiosità e voglia di esplorare erano più forti di qualunque forma di cortesia in quel momento; alla fine Jugo si decise.
"Solo per un breve tratto, però. Non è il caso di addentrarsi troppo in quel luogo."
Sapendo di aver già preteso molto da lui, Sakura non sollevò obiezioni e lo ringraziò per la sua accondiscendenza. Jugo la invitò a seguirlo per condurla verso la colazione, servita nello stesso posto del mattino precedente. Il tavolino era pronto per invitarla a sedere, Stefan era sveglio e vi aveva già preso posto. Jugo si congedò dicendo che si sarebbe ripresentato più tardi per uscire.
Dovendo essere sincera con se stessa, Sakura non era per nulla lieta all'idea di condividere un'altra colazione con Stefan, sapendo che non l'avrebbe resa partecipe dei suoi pensieri e neanche della sua giornata. Quando aveva accettato l'invito del Conte, era gioiosa del fatto che avrebbe potuto condividere l'esoticità della Transilvania insieme a suo marito. Invece la consapevolezza di doverci andare lo aveva inspiegabilmente mutato, era rimasta sola a godere di quell'angolo di paradiso che li ospitava. Si sedette al tavolino, già rassegnata al muro invisibile che rendeva il suo consorte così distaccato... invece, con sua grande sorpresa, fu lui stesso a far sì che tale barriera iniziasse a venir meno.
"Presumo che il posto ti piaccia molto, Sakura, non è così?"
Fu una lieta novità per lei, sentì il calore e la vicinanza che il tono di Stefan intendeva trasmettere. Non si spiegò il motivo di questo nuovo cambiamento repentino, come non era riuscita a spiegarsi quello precedente, ma non le importava; ora come ora, voleva solo approfittare dell'occasione per riavere l'uomo di cui si era innamorata, perciò cercò di rendere interessante il dialogo.
"Oh sì, è davvero bellissimo. Ci sono molte cose che ho sempre desiderato vedere, e questo castello è sublime. Perchè non mi hai mai detto di conoscere il ricco signore di questo posto così splendido?"
Stefan sollevò lo sguardo, aveva una chiara esitazione nel risponderle.
"Stefan?"
"Io... io e Sasuke ci siamo separati tempo fa dopo aver avuto un brutto diverbio. Non lo vedevo da molto tempo, prima che venisse alla nostra cerimonia."
"Mi dispiace... non ne avevo proprio idea."
Sakura comprese che Stefan era preso dal dubbio se quella ferita fra la loro amicizia fosse stata risanata o no, col tempo. Forse era proprio questo tormentoso dubbio che lo aveva reso una persona del tutto diversa negli ultimi giorni, così dedusse che l'essere ritornato l'uomo dolce e gentile che conosceva poteva essere dovuto a una possibile riconciliazione avuta col Conte. Sì, doveva essere senza dubbio così. Gli tenne affettuosamente la mano.
"È questo angoscioso pensiero che ti ha reso così distante da tua moglie, da me? Sai che se me ne avessi messo a parte, avrei fatto ogni cosa per aiutarti."
"Non volevo che i miei pensieri rovinassero il tuo piacevole soggiorno."
"E adesso? Adesso potrò riavere mio marito indietro, l'uomo che verrebbe volentieri a fare una passeggiata nel bosco insieme a me?"
"Lo riavrai senza dubbio alcuno... ma oggi non è possibile. Ho qualcosa da fare qui a castello."
"Perchè? Quale impegno ti allontana da me, se siamo venuti per trovare spensieratezza?"
Anche stavolta attese qualche secondo prima di rispondere a Sakura.
"Una cosa da fare insieme al Conte. Potremo riallacciare qualche vecchio affare che abbiamo lasciato inconcluso a lungo. Potrebbe tenerci occupati per maggior parte della mattinata."
"Oh..." fece Sakura delusa "Si, capisco."
"Sono certo che da domani avremo il nostro tempo." la rassicurò Stefan "A proposito, in quale parte del bosco passeggerai, questa mattina?"
"Jugo mi accompagnerà a visitare la parte alle pendici del crinale a ovest. A detta di lui, è la zona più ricca di natura e più bella della foresta."
"Bene, spero che il posto ti piaccia."
Consumarono la colazione continuando il discorso in maniera allegra, in un'atmosfera di cordiale coniugalità. Per quanto dispiaciuta di non poter trascorrere la giornata con Stefan, Sakura fu felice che il loro rapporto si fosse stabilizzato e che lui fosse tornato la persona di un tempo.
Dopo un pò di tempo, Jugo si presentò sull'uscio del balcone, dicendo che potevano cominciare ad avviarsi in ogni momento. Esaltata dall'arrivo di quel tanto atteso momento, Sakura si alzò gioiosa e tornò in camera, rifugiandosi dietro il paravento per vestirsi frettolosamente. Si congedò da Stefan, augurandogli di portare a buon compimento l'affare con il Conte, lui di passare una divertente giornata. Lui fu lasciato da solo a consumare quel poco che restava della colazione, mandò giù un ultimo sorso dalla tazzina del thè.
Ebbe un sussulto, notando una figura che si nascondeva nel semibuio della stanza dalla luce del mattino. Il profilo pallido, sorridente in una maniera ottenebrante, di Sasuke Uchiha si distinse in mezzo alla semioscurità; Sakura era uscita dalla stanza appena trenta secondi prima, com'era possibile che non lo avesse incrociato? Osservava Stefan come se qualcosa di lui lo divertisse, la risata sommessa che fece ne diede la dimostrazione all'uomo seduto al tavolino.
"Sei stato proprio bravo con quella storiellina del nostro diverbio, caro Stefan. A momenti convincevi anche me."
Ma al suo gaio divertimento lui rispose con cupa freddezza.
"Ora trascorri il tempo spiandomi?"
"Mi diletto solo a tenerti d'occhio, a lenire la mia curiosità nel vedere quanto ti sforzi di tenere così stretta a te la tua dolce moglie. Posso capirti, non esistono molte fanciulle di Dio come lei... così come non è facile posare gli occhi su di un patrimonio tanto ingente come quello della sua famiglia."
"Non ho bisogno che tu continui a dirmelo." replicò "E tu, Sasuke? Qual è lo scopo di tutto questo teatrino sulla tua ospitalità nel tuo castello? Cosa stai architettando? Cos'è che vuoi?"
Nonostante l'imperturbabile serietà di Stefan, Sasuke non smise di trovare un sottile filo di divertimento nel suo atteggiamento, tanto che lo dilettava continuare quella discussione.
"Amico mio, non te l'ho appena detto? Le ragazze pure e dolci come lei sono rare, e Sakura mi interessa... mi interessa molto."
A Stefan tornò in mente lo sguardo famelico e animale che il Conte aveva posato per la prima volta su Sakura alla loro cerimonia. Già da allora aveva inteso le sue intenzioni perverse nei confronti di quel fiore di ciliegio, ma dubitava che si soffermassero solo su questo. No, in quel desiderio e in quella brama rossi come il sangue c'era molto di più.
"Non farti troppi pensieri, amico Stefan." lo anticipò Sasuke "Per quel che concerne i miei progetti su di lei, dovrebbe allietarti sapere che essi sono di aiuto anche ai tuoi."
Al sentirglielo dire con quel tono di brama, Stefan cambiò espressione e divenne confuso e incerto di aver bene inteso. Ma aveva inteso eccome, Sasuke aveva visto chiaramente questo suo dubbio e fece in modo di farglielo venir meno.
"Oh sì... perchè Sakura morirà, Stefan."
Arretrò, dando a Stefan il tetro effetto ottico di svanire nel semibuio della camera come se la sua sagoma vi scivolasse dentro, lasciando le sue ultime parole uscire dal balcone fino alle orecchie di lui.
"Lei morirà..."

La comune saggezza popolare era che i lupi non attaccavano mai durante il giorno con il caldo, nè singolarmente, come disse Jugo a Sakura mentre era in procinto di fermare il calesse. Sapeva che, nonostante la sicura assenza di predatori nel bosco, i cavalli sarebbero stati nervosi a proseguire oltre il bordo della foresta, perciò stabilì che la loro passeggiata sarebbe iniziata proprio da lì. Sceso dal calesse, porse la mano a Sakura affinchè se ne servisse come appoggio per scendere.
"Allora il posto è questo?" domandò lei.
"Esattamente." rispose mentre legava le briglie a un ramo "Se respirate a fondo, potrete sentire ancora un pò di odore degli alberi di primo mattino."
Così era, infatti. E non solo, il profumo di ontani e alberi di pino era accentuato anche da quello della pioggia recente, proprio come aveva immaginato. Con un elegante gesto del braccio, come se la invitasse a entrare in un luogo importante, Jugo la esortò ad addentrarsi insieme a lui. Così fecero, quindi Sakura cominciò fin da subito a esaminare l'area di fitto fogliame scuro, quasi interamente ricoperto da un tappeto di foglie e aghi di pino. Il terreno, per via della pioggia, era ancora piuttosto morbido e meno compatto, motivo per cui Sakura incespicava più volte.
"Siete sicura di voler continuare?" chiese Jugo "Se cadeste, potreste farvi male e il terreno umido potrebbe rovinarvi."
"Sono sicura, certo." rispose lei, risoluta "Sarebbe davvero un peccato tornare indietro proprio ora che siamo qui, non trovate? E poi insisto nel voler vedere anche la zona a sud della foresta."
"E se posso chiedere, come mai tanto ardimento per quel posto, nonostante le spiacevoli storie?"
"È semplicemente la curiosità che mi anima, tutto qui. E poi, già ho detto che non mi impressiono facilmente."
"Allora concedetemi di dire che siete una persona coraggiosa. Cionondimeno, non posso accompagnarvi in quella parte della foresta."
Sentendogli dire questo, Sakura smise di camminare e guardò delusa Jugo, che si era fermato a sua volta. Per quanto i suoi lineamenti del volto fossero delicati e gentili, adesso la sua espressione era alquanto seria, tuttavia Sakura ebbe ugualmente da obiettare.
"Cosa? Ma... ero convinta che almeno per un pò ci saremmo andati."
"È vero, l'ho detto. E so che è disdicevole da parte mia, ma sono davvero tenuto a tornare sulle mie decisioni."
"Ma vi ho promesso che il Conte non ne sarebbe mai venuto a conoscenza. Manterrò la parola, potete fidarvi."
"Il punto non è questo. Io conosco il Conte da molto più di una vita, ho giurato di dargli tutti i miei migliori servigi e mantenermi sempre degno della fiducia che ripone in me. Dopo molti anni che lo servo a castello, non posso venir meno a una sua volontà, sarebbe come tradire. Mi perdoni, ma deve cercare di comprendere."
Ma Sakura, con la sua innata capacità di saper vedere, a volte, oltre le parole, comprese che c'era dell'altro. Riusciva a vedergli i volto che la sua insistenza non era dovuta solamente al voler mantenere la fiducia del Conte, nè alle brutali storie degli impalamenti sugli alberi... non voleva condurla lì per un motivo ben preciso, un motivo che le stava tenendo nascosto. Normalmente, lei avrebbe acconsentito a rispettare questa segretezza senza fare domande; invece stavolta c'era qualcosa di diverso nell'aria, qualcosa che non si poteva spiegare con la logica e che era legato solo all'istinto... qualcosa che la spingeva a pensare che doveva scoprire quella verità. Una cosa simile non era da lei, eppure come se sapesse di non potersi opporre a quella volontà estranea.
Le cadde l'occhio su alcuni alberi lì vicino, il muschio verde che cresceva e si sovrapponeva al legno del tronco. Era consapevole che quell'insieme di tante piccole piante cresceva unicamente a nord, dove non batte il sole. E il luogo che a lei interessava era a sud...
Forse l'istinto, forse il corpo che si muoveva da solo perchè guidato da quella strana volontà, ma prese Jugo alla sprovvista e iniziò a correre sollevando le gonne. Corse più veloce e meglio agevolmente che poteva, cercando di non incespicare sulla fanghiglia e scostando i rami che si trovava davanti ma che la spruzzavano comunque di rugiada. Voltandosi per un momento, vide che Jugo la stava effettivamente seguendo e aveva più agevolezza di lei nel farlo, la invocava ad alta voce affinchè si fermasse.
"No... no!" si ripeteva lei mentalmente, determinata ad andare avanti, sempre attenta a cogliere la direzione indicata dai muschi. Il sentiero cominciava a farsi inclinato, sempre più in discesa, dando maggiori difficoltà a procedere in quel modo. Più di una volta fu sul punto di cadere, sempre trovò un appoggio a cui tenersi per restare in piedi. Ma quando il pendio ormai troppo ripido le fece mettere un piede in fallo, cadde a terra e scivolò sul suo stesso corpo. Continuò a cadere lungo il versante senza che riuscisse ad afferrare un ramo basso o una roccia per potersi fermare, finchè non si sentì mancare il terreno sotto di sè e capì di stare precipitando nel vuoto intangibile.
"Oh mio Dio! Morirò..."
Fu questo ciò di cui ebbe paura in quei pochi istanti di caduta, quando poi urtò violentemente contro il suolo che era ricomparso sotto di lei e si ritrovò riversa sul terreno bagnato. Il sapere di essere tornata a terra la tranquillizzò dalla momentanea paura avuta, tuttavia il dolore della caduta si fece presto sentire su maggior parte del corpo. Con qualche lamento riuscì ad alzarsi, appurando con sollievo che su nessuna parte del corpo il dolore era tale da far intendere la rottura di qualche osso. Cercò di togliersi di dosso i resti di terra ed erba, per quanto ormai fosse sporca e fradicia, e guardò in alto il poggio da cui era caduta. Jugo non si faceva vedere per controllare che fine avesse fatto lei, probabilmente era riuscita a distanziarlo mentre scivolava a terra e la sua caduta era avvenuta oltre la portata del suo sguardo.
Ciò che Sakura si domandò in quel momento, fu se tornare indietro o proseguire nella sua ricerca. Non conosceva nulla di quel bosco, sapeva che avrebbe potuto facilmente perdersi se vi si fosse addentrata; tuttavia la curiosità e l'ardente desiderio di scoprire non erano sminuiti da quella prospettiva, nè erano stati per nulla affievoliti dallo spiacevole modo in cui era arrivata fin lì.
Osservò gli alberi, il muschio era quasi inesistente: il posto che aveva tanto bramato di scoprire era quello! Ma che cosa aveva di tanto diverso rispetto a quanto aveva visto finora nella foresta? Stessi alberi, stesso terreno umido, stessi ramoscelli di foglie e aghi intrisi di rugiada; l'unica differenza era che i raggi del sole penetravano molto di più fra gli alberi, rendendo il luogo più soleggiato. Cominciò a pensare di essere stata una sciocca a comportarsi in quel modo con Jugo, che si era offerto di darle una piacevole passeggiata e lei aveva rovinato tutto solo per un capriccio.
[era davvero un semplice capriccio?]
Il canto di un uccello e il gracchiare di un corvo la fecero trasalire, rendendola consapevole dei suoni della foresta che aveva tutti intorno a sè. Poi, voltandosi verso sud, la direzione che voleva intraprendere, perse un battito, rendendosi conto che non era sola. Lì, neanche a troppi alberi di distanza, una donna era intenta a osservarla con un viso infinitamente malinconico. Era una donna giovane, bellissima, i capelli profondamente neri e legati sulla nuca, con dei riccioli lasciati cadere sulle spalle; era regale, vestita come una regina, con un attillato vestito di raso blu che si intonava ai suoi occhi zaffirini, il cui sguardo addolorato fece gridare leggermente a Sakura una sorta di timore di compatimento. Era così pallida, sembrava tanto inverosimilmente distante dal piano materiale da sembrare un fantasma.
"Chi sei?" domandò Sakura. La donna mantenne il suo addolorato silenzio, limitandosi solamente a camminare... no, sembrava stesse letteralmente scivolando sul terreno, dando ancora di più l'impressione di essere uno spettro, il vacuo ricordo di una persona che un tempo aveva avuto vita.
Quella strana presenza rese Sakura inquieta, ma non la impaurì abbastanza da indurla a non accettare il suo chiaro invito a seguirla. Infatti, subito dopo essere arrivata nel punto in cui l'aveva vista apparire, la trovò seminascosta dietro un ontano più avanti; e capendo che l'avrebbe seguita, continuò ad allontanarsi da Sakura, inducendo questa a starle dietro. La stessa cosa avvenne diverse volte, finchè la giovane esploratrice capì di stare addentrandosi troppo in quella zona sconosciuta e la preoccupava l'idea di continuare.
D'un tratto, come se avesse capito la sua preoccupazione, la donna finalmente si fermò e si voltò a guardare Sakura. Alzò una mano con lentezza, indicando un punto particolare alla sua destra. Sakura si avvicinò a lei con qualche titubanza, così da guardare la direzione indicata dalla sua stessa prospettiva; non riuscì a reprimere un gridolino di orrore, vedendo che fra i riccioli neri di quella giovane scorrevano dei rivoli di sangue scuro, quasi nero, che scendeva dalla testa fin sul vestito grazioso.
"Oh mio Dio..."
Tuttavia, incurante dell'orribile ferita nascosta dai capelli neri, lei continuava a indicarle dove guardare. Sakura cercò di reprimere l'orrore e guardò: non vi era nient'altro che un ampio spiazzo di foresta, libero dalle fronde di alberi e perciò perfettamente irradiato dalla luce del sole, contornato dai pini. Al centro vi era un grosso albero diverso dagli altri, il cui tronco si apriva come a imbuto a tre metri dalle radici e i rami si allungavano verso l'esterno. Stette per chiederle che cosa ci fosse di così importante da vedere lì, ma voltandosi scoprì che la sua guida era improvvisamente sparita. Cercò ovunque con lo sguardo, non vide più da nessuna parte la donna addolorata.
Ora, Sakura, per quanto incline ad abbandonarsi volentieri a storie di fantasia e cavalleresche, sapeva essere abbastanza razionale e le riusciva difficile credere di aver appena avuto un incontro ravvicinato con un'essenza spiritica... tuttavia non seppe spiegarsi lo strano comportamento di quella ragazza, nè la sua ferita, nè il modo misterioso in cui era comparsa e poi scomparsa. Ciò di cui era sicura era che aveva voluto guidarla fino a lì per un motivo specifico, probabilmente lo strano albero sotto la luce del sole. Adesso che era giunta fino a lì, forse ciò che restava da fare era avvicinarsi lì e cercare qualcosa.
Ma di che cosa si era messa alla ricerca, esattamente? Qualunque potesse essere la risposta, qualcuno la cercò prima che ci provasse lei. Sentendo dei passi distanti sull'erba, Sakura cercò rifugio dietro un grosso tronco d'albero, sporgendo appena la testa per vedere chi fosse il suo ignaro aiutante in quella stranissima ricerca. E con sorpresa, vide Stefan sbucare dal bosco e attraversare lo spazio aperto per dirigersi verso l'albero cavo.
Cercò di far sì che lo stupore non la tradisse, pur domandandosi cosa ci facesse lui in quel posto dopo aver detto che avrebbe trascorso la giornata a castello. Le aveva chiaramente mentito, l'aveva ingannata di sua spontanea volontà, un pensiero per cui Sakura non seppe dire di preciso come si sentisse. Non erano ancora trascorse due settimane dalla loro promessa all'altare, eppure Stefan aveva chiaramente mancato di esserle fedele e di non dire menzogne. E questo per quale motivo? Perchè a lei?
Il desiderio di abbandonare il suo nascondiglio e andare lì a chiederglielo direttamente era preponderante, tuttavia il buonsenso fermò l'istinto: se non le aveva detto la verità a castello, molto probabilmente non gliel'avrebbe detta neanche adesso, così decise di restare nascosta e osservare coi propri occhi. Si rese conto solo in quel momento che anche lei aveva cominciato a dubitare di Stefan, l'uomo di cui aveva promesso di fidarsi.
"Stefan... quale ragione ti spinge a non essere sincero con me e ad addentrarti in questo luogo sperduto?"
Lo vide che si guardava intorno per accertarsi di essere completamente solo, lei si nascose per quel breve momento dietro il tronco così da dargli questa illusione. Tornò a sporgersi dopo mezzo minuto contato mentalmente, Stefan aveva il capo chinato a osservare l'erba e il terreno, dal punto in cui si trovava fino alle radici sporgenti dell'albero. La sua attenzione e lo strano studio si spostarono sul grosso tronco, vi diede dei colpetti come per appurarne la cavità. Fatto questo, lo osservò in tutta la sua grossezza e altezza, trovando il punto ideale da cui cominciare a scalarlo, poggiando mani e piedi sulle fessure incavate nella corteccia. Risalì i tre metri che lo separavano dalla concavità dell'albero e, tenendosi saldamente ai rami, guardò dentro.
Non era troppo lontano da impedire a Sakura di vedere quanto fosse impallidito di colpo, un'espressione di puro orrore, nè di sentire il suo grido spaventato. Qualunque fosse la scoperta che aveva fatto, il terrore era stato tale da fargli perdere la presa sui rami e cadere duramente di schiena fino ai piedi dell'albero, una grossa radice urtò contro il suo fianco. Ciò non sminuì l'orrore rimastogli impresso in faccia, un orrore tale che metteva in agitazione anche il cuore impazzito di Sakura, indecisa se scoprire quale fosse la causa di tutto questo o allontanarsene. Alla fine scelse cosa fare, o almeno lo scelse il suo corpo mosso dalla paura, che la allontanò sempre più da quel luogo, da quell'albero il cui solo aspetto sembrava emanare il male dalle fondamenta della terra. Scappò via da quel luogo di terrore senza nemmeno domandarsi dove stesse andando, le bastava solo allontanarsi... finchè sfinita non si accasciò a terra, scossa dagli ansimi e dalle emozioni troppo forti appena vissute. Il segreto di Jugo, quella donna, Stefan, l'albero cavo... c'erano troppe cose che avevano domande senza una loro risposta.
Sussultò, sentendo l'improvviso rumore di ramoscelli che si spezzavano e di fogliame che veniva calpestato, il cuore tornò a batterle con furia dopo che aveva cominciato a recuperare un pò di calma. Terrorizzata da quel che avrebbe potuto vedere, Sakura alzò la testa esitante e guardò: qualcosa di grosso e grigio che sbucava dai cespugli, qualcosa dotato di zanne gialle e luccicanti di saliva; gli occhi verdi e spaventati di Sakura ebbero nel proprio campo visivo solo quelli incolori e bestiali del lupo ringhiante che aveva davanti.
 
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view post Posted on 8/12/2014, 21:32
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CAPITOLO 9:
La guida nell'oscurità



Il Conte le aveva ben detto del pericolo che si correva ad attraversare da soli la foresta. E adesso, per quanto remote fossero le possibilità che avvenisse in pieno giorno, tale pericolo era uscito dal folto della boscaglia e le si era presentato davanti; ringhiava con le fauci ben evidenziate per intimorire la preda, avanzava a piccoli e lenti passi per prepararsi a saltarle addosso. Il suo infondere terrore sortiva effetto, Sakura era spaventata dalla sua improvvisa comparsa e dalla sua visione e non osava muoversi.
"Un... lupo." pensò "E sta per uccidermi."
Tale pensiero fece nascere in lei il disperato bisogno di scappare, lo gridava silenziosamente nella sua testa, ma le gambe restavano ferme, sorde al vitale grido della sua mente, come se avessero acquisito una loro autonomia a rimanere perfettamente immobili. Temette anche che potessero cedere da un momento all'altro e lasciarla cadere a terra, rendendola una preda ancora più vulnerabile, perciò cercò un appiglio al ramo dell'albero che aveva accanto. Poi, improvvisamente, nel cielo sopra la foresta si espanse l'altisonante tuono che preannunciava un temporale molto prossimo, così forte da permettere a Sakura di risvegliarsi dallo shock: la paura le aveva impedito di accorgersi che il sole stava venendo occultato da altre nuvole plumbee, preparandosi a bagnare di nuovo quelle terre con le lacrime del cielo e le loro tuonanti urla. Questo le permise di trovare il coraggio di scappare, correre in cerca della salvezza, pur sapendo che quel lupo si sarebbe subito gettato all'inseguimento e la sua maggiore velocità gli avrebbe permesso di raggiungerla non molti metri più avanti. Cionondimeno, raccolse le gonne e fuggì, cercando quanto più disperatamente di non incespicare e di scostare i ramoscelli e i cespugli che rischiavano di finirle contro il viso e intralciarle la fuga. Non aveva bisogno di voltarsi per percepire la minacciosa presenza del predatore dietro di sè, tuttavia lo fece ugualmente e fu ancora più spaventata di vederlo a pochi passi di distanza: gli sarebbe bastato saltare da un momento all'altro per finirle addosso e atterrarla. Tornò a voltarsi subito dopo per guardare avanti, finchè non avvenne la prospettiva che lei stessa aveva temuto, buttata a terra da un peso improvviso che l'aveva travolta da dietro. Cadde a faccia in avanti, sentendo sulla nuca il respiro caldo del lupo che osservava la sua preda prima di azzannarla, chiuse gli occhi e non osò girarsi per guardare il sopraggiungere della sua fine.
Invece accadde l'inaspettato.
Dopo essersi resa conto di attendere un tempo eccessivamente lungo, si accorse di non percepire più la feroce presenza del lupo addosso, il ringhio era diventato più basso e più lontano dalle sue orecchie e le zampe non facevano più pressione sulle sue spalle. Trovò il coraggio di aprire uno spiraglio fra le palpebre, mettendo a fuoco dapprima solo l'erba e il terreno che aveva sotto il naso, poi voltando lentamente la testa, forte e vivo era il timore di scoprire che il lupo potesse esserle ancora dietro. Invece, con gran sollievo, vide che l'animale aveva inspiegabilmente arretrato, se ne stava seduto sulle zampe posteriori a pochi passi di distanza da lei, la lingua pendeva dalla bocca e con essa ansimava come se fosse diventato un docile cane da compagnia. Non seppe darsi una spiegazione per un tale comportamento strano da parte di un animale predatore, ma questo le permise di arretrare, dapprima restando a terra e muovendo frettolosamente le gambe per allontanarsi, alzandosi dopo qualche secondo e volendo approfittare di quell'occasione per scappare. Sobbalzò, tuttavia, quando si girò ed ebbe davanti agli occhi l'imponente busto del Conte Sasuke che arrestò la sua fuga sul nascere. Per la sorpresa lanciò un gridolino e retrocedette di un passo.
"Ah!"
Ma lui non le prestava attenzione, teneva lo sguardo fisso su un punto oltre lei, gli occhi assottigliati. Voltandosi, scoprì che quel modo torvo e aggressivo di guardare era rivolto al lupo che non si era mosso da lì. Sasuke prese ad avvicinarsi a lui a passi misurati, azione alla quale il lupo fece un uggiolio spaventato e si abbassò completamente a terra, il muso abbassato in segno di timorosa obbedienza. Il Conte si fermò all'ombra degli alberi e si abbassò sul ginocchio, il lupo invece si alzò e si avvicinò in una maniera quasi timida verso di lui, lasciando che gli accarezzasse la testa, il muso e il collo. E Sakura assisteva a tutto questo, allibita da come l'animale fosse cambiato così repentinamente da bestia divoratrice a docile amico dell'uomo. Il Conte si girò verso di lei, come se si fosse ricordato solo in quel momento della sua presenza, e la invitò caldamente ad avvicinarsi con un gesto della mano che prometteva sicurezza dal pericolo.
"Venite. Venite pure."
Lei fu esitante per qualche secondo ad accettare il suo invito. Poi iniziò ad avvicinarsi a passi incerti, pur notando l'aria con cui il Conte continuava a promettere che non c'era nulla da temere. Protese la mano in avanti e lui la prese delicatamente, guidandola sulla pelliccia. Così Sakura, a poco a poco, cominciò ad avere più fiducia e coraggio e lo accarezzò anch'ella, facendo passare la mano guantata dietro l'orecchio e sul dorso; sorrise anche, piacevolmente stupita e dimentica della paura provata solo pochi momenti prima. Ambedue continuavano a coccolare in quel modo il lupo, che sembrava godere di quelle carezze.
"Parrebbe che la vostra presenza l'abbia messa in agitazione" disse Sasuke, confondendo così Sakura.
"Io, dite? Ma..."
Lui spostò leggermente lo sguardo dietro di lei in modo che lo notasse, inducendola a fare altrettanto. Voltandosi, Sakura vide delle testoline di lupacchiotti emergere dai cespugli, tre piccoli cuccioli che li osservavano con occhietti curiosi. Il Conte fece loro un invito con la mano di avvicinarsi e, come se avessero sorprendentemente inteso il messaggio del gesto, i tre piccoli lupi lo fecero realmente, abbandonando il loro nascondiglio e il loro timore e raggiungendoli. Uno di loro si avvicinò a Sakura e le annusò con curiosità le mano che lei porse, infondendole una tenerezza infinita per lui e per i suoi fratellini. Un altro le giunse vicino, lei li accarezzò entrambi con la letizia di una bambina e ne sollevò anche uno fino ad averlo davanti al volto, il muso umidiccio del cucciolo che sembrava la annusasse ancora.
"Direi che vi siete avvicinata parecchio alla tana di questi pargoletti" disse Sasuke, l'accento rumeno evidenziato "se è venuta fuori la madre stessa per tenervi lontana. Invece avete finito col correre proprio in quella direzione."
"Ho temuto che volesse saltarmi addosso e sbranarmi, ero così terrorizzata."
"C'è molto da imparare dagli animali. In realtà, i lupi non possono trasmettere più paura di quanta ne provino loro in presenza di estranei. Ecco perchè cacciano sempre in branchi, sarebbero deboli attaccando individualmente."
Adesso Sakura provava rimorso per aver agitato così tanto la madre lupa per i suoi piccoli, l'accarezzò di nuovo come se così potesse farle arrivare le sue scuse. Il Conte riprese a parlare, avendo notato il modo disordinato in cui Sakura si era ridotta per via della sua brusca avventura.
"Ma come avete fatto a finire in questo modo? Siete caduta, forse?"
Fu così che Sakura si ricordò improvvisamente di tutto ciò che era accaduto prima della comparsa della lupa, si ricordò della sua fuga da Jugo, della caduta, della donna addolorata e di Stefan. Si sentì in imbarazzo per come si era allontanata dal suo accompagnatore e, contemporaneamente, confusa e preoccupata per l'atteggiamento spaventato del suo consorte; era così scossa da questo turbine di stati d'animo che non avrebbe saputo come comportarsi o cosa dire, per questo non riuscì a rispondere a Sasuke.
"Sakura!"
Il richiamo di Stefan li fece voltare entrambi nella stessa direzione, trovando l'uomo in piedi accanto a un albero e coi vestiti leggermente sporchi di terra umida. Dapprima mostrò una certa sorpresa alla vista della lupa e i suoi cuccioli, poi avvicinò a Sakura, avendo notato subito le condizioni in cui era, e si inginocchiò accanto a lei, agitato.
"Che cosa ci fai in questo posto? Che cosa ti è accaduto?"
"Non stare in ansia, Stefan, io sto bene."
Ciò che voleva lei era sapere se stava bene anche lui, essendosi spaventato così tanto dopo aver visto il contenuto misterioso di quell'albero cavo... ma farlo avrebbe significato ammettere di averlo spiato segretamente, atto che non si sentiva pronta a fare subito. Ancor meno volle chiedergli perchè le avesse mentito dicendo che sarebbe stato per tutto il giorno a castello col Conte, per quanto l'inganno fosse ormai tacitamente evidente. Di una cosa era certa: che nonostante tutto, doveva rassegnarsi al fatto che questa nuova agitazione di Stefan lo avrebbe reso di nuovo lungi dal mantenere la promessa che le aveva fatto quella mattina e tornare l'uomo che era.
Poco tempo dopo, anche Jugo sopraggiunse finalmente sul posto, trovandoli tutti e tre insieme. Sasuke ebbe un tono di leggero rimprovero per lui.
"Non ti avevo dato precise disposizioni, Jugo?"
"Vogliate perdonarmi, io..."
"Non accusatelo ingiustamente, Conte." intervenne Sakura, supplichevole "È colpa mia. Sono io che mi sono voluta spingere così lontano dal limite che voi avevate imposto."
Dopo un pò, Sasuke lasciò finalmente andare via la lupa e i suoi tre cuccioli, poi si rivolse di nuovo a loro.
"Per questa volta non si è fatto male nessuno e sorvolerò. Ma vi pregherei affinchè ciò non si ripeta, considerando il pericolo che avete corso quest'oggi, milady."
"Certamente. Chiedo umilmente scusa per la mia caparbietà."
Le scuse furono accettate e, di comune accordo, si decise di tornare tutti quanti a castello. Solo Sasuke annunciò di volersi tenere in disparte dal gruppo, annunciando che preferiva intraprendere una via secondaria. Vi furono delle perplessità ma nessuna contrarietà, per cui tutti fecero ritorno su due strade diverse. Nessuno di loro prese parola su quanto era accaduto quella mattinata.

"Ah...!"
Felice di non opporre nessuna resistenza, permise che il suo cavaliere errante la intrappolasse fra il metallo della sua armatura e il tronco alle spalle. Lasciò che la baciasse col suo ardore di amante sulla bocca, sulla pelle del collo, più giù verso l'audace scollatura. L'uomo si fermò con la lingua sul punto in cui il solco dei seni aveva inizio, si liberò dei guanti di acciaio per agevolare meglio le dita con le fibbie... tanto che presto il vestito cominciò a scivolar via dalle spalle di Sakura, che non fece nulla per tenerlo su; al contrario, armeggiò anche lei sulle cinghie della corazza e fece in modo che cadesse a terra. Corpetto e maglia di ferro furono a confronto, esattamente come la giada e l'ardente rubino nei loro occhi; vide bruciare il desiderio che aveva per lei e, slacciando anche le fibbie del corpetto intimo, decise di concederglielo, di fargli assaporare tutto di se stessa senza negargli nulla. Davanti a tale concessione e alla visione dei seni madreperlacei, piccoli ma perfetti, sporgenti verso l'esterno, il cavaliere perse ogni freno e si liberò della maglia di ferro, abbracciando a sè l'amata e facendo premere i petti a vicenda. Le fece sentire ancora sulla pelle il respiro reso caldo dalla passione, poi si abbassò direttamente sulle sue forme e vi dedicò labbra e mani sulla superficie liscia, sui capezzoli eccitati...
Lei accoglieva tutto questo con grande gioia e un sorriso compiaciuto, un sogno segreto e proibito che si era conservato da sempre senza che lei lo sapesse, e che adesso era uscito allo scoperto per divenire realtà. Tutte quelle azioni, la consapevolezza di ciò che stava per accadere fra loro due, lì in mezzo al bosco verdeggiante, le causava palpiti forti e sonori al cuore impazzito, tanto che, non rendendosene conto, aveva aperto gli occhi. L'oggetto del loro sguardo era cambiato repentinamente: non più il tenebroso e fascinoso cavaliere che la ipnotizzava, la rendeva felice succube dei suoi voleri e le infondeva il suo stesso desiderio sessuale, bensì il lontano e tetro soffitto della stanza da letto che ospitava le sue notti e quelle di Stefan. Notti che ancora non li avevano visti consumare il loro matrimonio.
Quella sera aveva preceduto Stefan nell'andare dormire, ma il pensare alla strana giornata trascorsa le aveva ritardato di molto il sonno, tanto da essere ancora sveglia quanto suo marito la raggiunse a letto. Tuttavia aveva fatto finta di dormire, constatando che anche lui soffriva in silenzio per le sue oscure angosce e faticava ad addormentarsi. Pensò che, almeno lei, doveva esserci riuscita prima di lui... e a seguito di ciò, quel sogno che non sapeva spiegarsi.
Perchè lei e quel cavaliere che tanto rassomigliava al Conte Sasuke? E per quale ragione lei era sempre così ben disposta a cedere alle sue effusioni, a quegli atti che solo gli amanti più disperati avrebbero potuto fare? Certamente era una persona che aveva il suo fascino, nel modo di parlare e nell'atteggiamento, ma non ne era stata influenzata così profondamente, di questo ne era sicura. O forse esisteva la possibilità di un'attrazione di cui lei stessa non sapeva niente e che stesse rivelandosi, per il momento, un suo sogno adultero e proibito? E se poi fosse maturata nella realtà?
In quel momento si sentì una persona completamente diversa dalla Sakura che era sempre stata. Guardò Stefan, pensò alla sua freddezza e il suo distacco, a come stesse allontanandosi sempre più da lei, dandole la spiacevole sensazione di essere ripudiata come moglie... tutto questo le rendeva impossibile ritenersi una moglie felice del proprio matrimonio, appagata dal proprio compagno; ora più che mai, era una donna sola, sposata solo secondo la legge e non per il desiderio di restare sempre uniti che avevano condiviso da tempo. Questo, pensò, forse l'aveva resa più incline a lasciarsi affascinare dalla figura del Conte, tanto da renderlo un compagno passionale dei propri sogni. Ma nonostante tutto, da qualche parte, dentro di lei, una parte di sè continuava ad amare l'uomo che aveva sposato e che adesso dormiva accanto a lei, dimenticando per amore tutti i tormenti che li dividevano e anelando al loro ricongiungimento.
Tutti questi pensieri cessarono col sussulto silenzioso che ebbe nel vedere lì, in mezzo al buio semirischiarato dalla luce della luna, la figura della donna che aveva incontrato quel mattino stesso nel bosco. Pallida e malinconica proprio come in quell'occasione, un rivolo di sangue scuro che ancora le scorreva dalla testa, la guardava anche con un moto di supplica, come se fosse costretta a tacere e la implorasse di capire qualcosa di importante o le stesse chiedendo aiuto. Inizialmente fu spaventata di scoprire la sua presenza in quel modo tanto improvviso, ma poi, passata la sorpresa, fu più che mai incuriosita dal sapere chi lei fosse e il perchè di cotanto dolore dipinto su quel viso di perla. Si alzò dal letto e, dopo aver preso la vestaglia da notte ordinatamente appesa, si avvicinò alla donna senza alcuna esitazione o timore, senza domandarsi come avesse fatto a entrare a castello o come fosse riuscita a sparire quella mattina o il perchè di quell'orribile ferita alla testa. Con voce bassa per non svegliare Stefan, chiese
"Chi sei?"
La sola risposta fu il suo tacito e doloroso sguardo, senza alcuna parola. Per quanto si sforzasse di capire e per quanto fosse desiderosa di aiutarla in qualche modo, non comprendeva le motivazioni e le richieste di quella donna, non seppe cosa dirle per calmare le sue angosce. Poi lei si spostò dal punto accanto alla finestra in cui si trovava, si muoveva come se scivolasse sul pavimento senza toccarlo... esattamente nel misterioso modo in cui il Conte aveva ballato con lei alla cerimonia del matrimonio. Sì fermò sull'uscio della porta e si voltò per tornare a guardare Sakura. Questa, nonostante tale stranezza, interpretò il gesto come una supplica a seguire i suoi passi. Così, senza incertezze, si munì di una candela e la raggiunse fuori dalla stanza, la luce della fiammella che illuminava le pareti e il pavimento dei corridoi attraverso i quali era camminava rimanendo alle spalle della sua guida. Tutto intorno a lei era silenzioso, ebbe anche l'impressione che i suoi passi fossero gli unici a produrre un flebile suono sul pavimento, mentre quelli della donna erano come quelli quieti e felpati di un felino. Scesero le scale fino all'atrio d'ingresso, pensò che avrebbero dovuto aprire il grande portone di legno per andare fuori; invece andarono oltre e raggiunsero altre scale in discesa che lei non ricordava affatto. II buio totale le attendeva in fondo, tuttavia la donna scese ugualmente.
"Dove hai intenzione di portarmi?" domandò Sakura dubbiosa.
Ma la donna non si fermò e nè si girò per darle spiegazioni, continuò a scendere nel buio e Sakura non potè fare altro che andarle dietro per timore di perderla di vista. Il tenute bagliore della candela illuminava il luogo quanto le bastava per non inciampare sui gradini, ma non abbastanza da farle vedere tutto il corridoio di scale nella sua interezza, era sempre più viva la sensazione di scendere nelle profondità della terra. Quando raggiunsero gli ultimi gradini, fu sicura che dovevano essere arrivate fino sotto le fondamenta di pietra del castello, dove si apriva una caverna scavata nel sottosuolo sì da diventare una catacomba. Era immensa, il soffitto molto alto e tetro, ragnatele e muffa sulle pareti rocciose, terriccio secco e polvere sotto i piedi... un posto che Sakura non avrebbe augurato di visitare neppure al suo peggior nemico. Prima che provasse a chiedere alla donna che posto fosse quello, la luce della candela le fece notare l'apertura di un tunnel sulla parete di destra, il cui interno si perdeva nel buio. Immaginò che la sua guida la conducesse proprio lì dentro, invece la vide dirigersi verso il muro di fondo della caverna, avvicinandosi a qualcosa di grosso e immobile che si trovava lì e che era a malapena illuminato dai limiti della luce della fiammella. Sakura vi si avvicinò con curiosità ma, inspiegabilmente, la donna che l'aveva condotta fino a lì era nuovamente scomparsa: sembrava che si fosse dissolta nel buio accanto a quella cosa grossa che non aveva fatto in tempo a rischiarare. Cercò ovunque negli spazi lì attorno, ma il lume non le mostrò altro che la caverna buia e solitaria, la signora non si trovava neanche davanti all'accesso sulle scale, l'unica via da cui avrebbe potuto andarsene da lì. Ancora una volta, era sparita in maniera surreale, senza rivelare chi fosse, dando la spiacevole sensazione di essersi mostrata come un fantasma.
Presa da questa nuova, terrificante possibilità, Sakura fu più impaurita di quanto non lo fosse mai stata, quasi temette che l'avesse condotta fin lì per tenderle un agguato nel buio e portarla con sè nel luogo di dolore da cui era venuta.
"Ah!"
Sobbalzò, spaventata da qualcosa che sentì toccarle fugacemente il piede. Illuminando il suolo, scoprì con disgusto che si trattava di un ratto che le era passato accanto, ne seguì il movimento con la luce fino a vederlo zampettare velocemente dietro di lei, facendole scoprire il grande catafalco quadrangolare di pietra posto contro la roccia. Le erosioni erano molte e ovunque sulla superficie, tanto da indurre a pensare che quella pietra era stata lavorata secoli prima e il tempo l'avesse in parte consumata. Più sopra c'era qualcos'altro, stavolta di metallo, al quale ci si poteva avvicinare salendo sul catafalco per mezzo di sette-otto gradini scolpiti.
Salendovi sopra, Sakura avvicinò la candela e scorse un'iscrizione sul metallo, parole scritte in un carattere antico ma ancora facilmente leggibile:

Ana Tsepesh
Principessa di Cneajina di Transilvania
1441 - 1462





"Ana... Tsepesh."
Rilesse ad alta voce il nome e le date sopra incise, qualcosa che le catturava l'interesse in quelle parole. Era certa che non fosse la prima volta che venisse a conoscenza di quel nome tanto particolare, Ana, ma ebbe qualche difficoltà a ricordarsene l'occasione... finchè non si rese finalmente conto del cognome che portava, facendole tornare alla mente il ricordo di poche settimane fa.

"Io... sono stato sposato. Ma ella morì prematuramente. Una terribile malattia me la portò via... non è accaduto più di un anno fa, ma... sembrano passati così tanti secoli. Il suo nome era Ana. Amò me e amò la terra in cui vivevo. Accettò di prendermi come marito, nonostante la mia proposta fosse stata impaziente e prematura... l'amavo davvero perdutamente."

Possibile che si trattasse realmente della tomba di Ana, la defunta moglie del Conte Sasuke? Questa era una cosa impossibile, le date di nascita e morte risalivano a più di quattro secoli prima, doveva trattarsi solo di un caso di omonimia. E poi, in quel sepolcro riposava una Principessa, mentre la moglie del Conte avrebbe dovuto essere una Contessa.
Ma perchè, fra tutti i membri della casata, solo la tomba di quella Principessa era custodita in modo così oscuro e celato, addirittura al di sotto delle fondamenta del castello? Ciò, forse, aveva un qualche significato o qualche segreto custodito sotto quel coperchio?
Si spostò verso l'estremità opposta, dove doveva trovarsi la testa del cadavere trasformato in polvere dai secoli. Era consapevole che profanare così una tomba era un sacrilegio e un crimine verso il riposo del morto, così come sapeva che, da sola, non avrebbe mai avuto la forza di spostare il coperchio... ma la volontà di saperne di più era preponderante, tanto che si piegò sull'estremità e provò ingenuamente a spingere, come se così fosse riuscita ad aprire. Sorprendentemente, scoprì che il coperchio era molto meno pesante di quanto si era aspettata, la forza di un solo uomo sarebbe bastata a smuoverlo completamente; ma lei era una donna, ebbe pur sempre qualche difficoltà a spostarlo almeno abbastanza da rivelare quell'estremità, un rumore di metallo che stride contro il metallo riempì la grotta. Alla fine, dopo qualche fatica, ebbe modo di vedere: all'interno si trovava uno scheletro piccolo e fragile, mancante di alcune ossa polverizzate, una striscia di capelli neri che aveva resistito all'usura del tempo, il cranio spaccato sulla tempia sinistra su cui si era aperto un buco nell'osso. La visione del teschio, per qualche strano motivo, fece tornare alla mente di Sakura la ferita sanguinante alla testa della donna che aveva appena rincontrato... e l'assurda consapevolezza di aver realmente incontrato uno spettro che l'aveva portata verso la sua tomba, la fece terrorizzare ancora di più.
"No... non ci credo, no..."
Eppure non poteva negare che ogni cosa di quella signora - l'aspetto, la camminata... - l'avesse sempre fatta apparire come una figura fantasma.
D'un tratto, qualcosa cambiò in quella grotta, il sentore sulla pelle di una presenza ottenebrante che rompeva la sua solitudine. E poi un ringhio nel buio, basso, graffiante, non paragonabile a quello mai udito da alcun animale. Sakura sentì la paura paralizzarle il corpo, dalle gambe fino alla testa, quasi non osava spostare lo sguardo per andare in cerca della fonte di quel verso. Non ne ebbe bisogno, poichè questa cominciò ad apparire alle estremità in alto del suo campo visivo, qualcosa di indistinto che strisciava sulla parete. Più veniva giù, più la ragazza si sentiva in preda al panico, pur non avendo la forza di muovere un solo passo da lì. Alla fine, incredibilmente, la cosa che si muoveva sul muro di roccia saltò giù, atterrando sul catafalco, sul bordo opposto a quello di Sakura. E lì, lei vide quanto di più inumano avesse mai potuto incontrare in quella caverna, una creatura evidentemente umanoide ma dalla pelle orribilmente marrone, lunghi e folti capelli incolori e occhi rossi sanguigni che brillavano anche nel semibuio. I respiri le si fecero pesanti, ansimanti per il terrore, il petto che si muoveva su e giù ritmicamente e convulsamente. La bestia dell'oscurità si avvicinò a lei di un passo, ringhiandole ancora contro e tetramente. Le parlò anche, con una voce melliflua che da un demone simile non ci si poteva aspettare.
"Perchè è venuta qui?"
Lei non rispose nulla. Cos'avrebbe mai potuto dire in presenza di una creatura uscita dalle tenebre? Cionondimeno, mentre le si avvicinava con fare aggressivo, ebbe il coraggio di arretrare, facendo il giro del catafalco attorno al sepolcro. Dopo pochi secondi, poichè insisteva nel suo silenzio terrorizzato, il mostro scoppiò d'ira e, gridando, si avventò repentinamente su di lei.
"COME HAI FATTO? CHI TI HA GUIDATA?"
Come reazione, Sakura arretrò per mantenere le distanze, finendo col cadere per impulso dal catafalco e atterrando duramente sul terreno. Tuttavia, il dolore non superò la paura e lei si alzò su di un fianco, assistendo ancora alla furia di quel demone, che continuava a urlare e a far rimbombare la sua collera fra le pareti della grotta. Colpì anche il muro dietro di sè con un pugno, rivelando di possedere una forza inusitata che aprì una lunga e frastagliata crepa fino al soffitto, facendone anche sgretolare una parte.
"VADA FUORI DI QUI!"
Il suo ultimo urlo fu decisivo, esortando Sakura ad abbandonare la sua vulnerabile posizione e a cercare la salvezza fuggendo via da quel luogo contaminato dagli spettri, dai demoni... dal male in persona!
 
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11 replies since 10/11/2014, 20:31   227 views
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